Da La Repubblica del 28/04/2004
La visita di ieri è il risultato di 5 anni di dialogo discreto ma costante fra Prodi e il leader libico
Da Lockerbie a Bruxelles la lunga marcia del Colonnello
Non sempre i tentativi di riavvicinamento sono stati bene accolti dai governi europei
di Andrea Bonanni
BRUXELLES - «L´Asia, in pieno boom, arriva all´Europa attraverso il Canale di Suez. L´importanza economica del Mediterraneo sta crescendo rapidamente e dobbiamo costruire le condizioni politiche perché quest´area possa continuare a prosperare. Senza contare che, nello spazio di una generazione, la sponda sud del Mediterraneo avrà una popolazione superiore a quella della sponda europea». E´ con questa filosofia in testa, spiega adesso, che cinque anni fa Romano Prodi, appena nominato presidente della Commissione, tese una mano al leader libico Muhammar Gheddafi, invitandolo a Bruxelles e chiedendogli di portare la Libia fuori dall´isolamento internazionale per inserirla nel processo euro-mediterrano di Barcellona. La mossa di Prodi fu accolta, allora, con un misto di sarcasmo e indignazione e il riavvicinamento libico venne bocciato dai governi europei.
Ma il presidente della Commissione ha, tra i suoi difetti, quello di essere un uomo ostinato. Così ieri la tenda di Gheddafi spiccava a Bruxelles, tra i laghetti e le anatre della tenuta di Valduchesse, e il leader libico, per la prima volta in Europa dopo quindici anni, si è spinto fino a superare la sua notoria claustrofobia per prendere l´ascensore e salire al dodicesimo piano del palazzo Breydel, dove ha incontrato Prodi e numerosi commissari. La Libia, ha annunciato, vuole essere un campione nella lotta al terrorismo, intende aderire al processo di Barcellona e rivendica il ruolo di ponte naturale e politico tra l´Europa e l´Africa.
Molte cose sono successe in questi cinque anni. Gheddafi ha risolto le principali pendenze che lo opponevano all´Occidente. Ha indennizzato le famiglie delle vittime di Lockerbie e quelle del volo Uta, riconoscendo indirettamente la propria responsabilità per quei terribili attentati. Entro maggio si chiuderà l´accordo per l´indennizzo delle vittime dell´attentato alla discoteca "La Belle", di Berlino. Anche la vicenda dei cinque sanitari bulgari, detenuti da anni senza processo perché accusati di essere responsabili di un´infezione di Aids che ha contagiato 400 bambini libici nell´ospedale di Bengasi, sembra in via di soluzione.
D´altra parte Gheddafi, evitando l´errore di Saddam, all´indomani dell´11 settembre si è schierato apertamente a favore della lotta al terrorismo islamico e ha accettato di eliminare le armi di distruzione di massa. Infine, ma non è un dettaglio, in questi anni la Libia si è seriamente impegnata in una politica di aiuti ai paesi africani più poveri, diventando uno dei principali artefici dell´Unione africana: un´organizzazione che si propone di esportare il modello dell´Unione europea nel continente più povero e martoriato del Pianeta.
Ma dietro questa evoluzione apparentemente miracolosa della posizione libica non c´è solo l´evidente intelligenza politica del colonnello, che ha saputo annusare in tempo l´aria del nuovo millennio. C´è anche un paziente lavoro di dialogo, di convinzione e spesso banalmente di spiegazione da parte di Prodi e dei suoi più stretti collaboratori.
Nonostante gli sberleffi ricevuti cinque anni fa, il presidente della Commissione non ha mai rinunciato a tenere i contatti con Gheddafi: per telefono, in occasione delle principali feste cristiane e musulmane, per lettera e di persona. Lo ha incontrato per la prima volta al vertice africano del Cairo nell´aprile 2000, poi ancora a Maputo, a Tunisi e in Libia dove è stato l´unico europeo invitato al vertice della neonata Unione africana. Ma per mantenere in pista il processo di riavvicinamento della Libia all´Europa, e per facilitare gli accordi che hanno consentito di chiudere il contenzioso con Londra, Parigi e Berlino, cruciali sono state anche le numerose missioni, ufficiali e ufficiose, che il capo di gabinetto del presidente della Commissione, Stefano Manservisi, ha compiuto a Tripoli per conto di Prodi. Un lavoro diplomatico paziente, di cui la Commissione ha costantemente ma discretamente tenuto informate le principali capitali europee.
Ora la visita di Gheddafi a Bruxelles apre la strada alla partecipazione della Libia al processo di Barcellona, con gli europei, gli israeliani e gli stati arabi rivieraschi del Mediterraneo. Un passo e che porterà ad una maggiore apertura del paese su temi cruciali, dall´economia ai diritti umani. Ma, al di là delle speranze per il futuro, lo spettacolo del leader libico che esce sorridendo dall´ascensore al dodicesimo piano di Palazzo Breydel è già, per Prodi e per l´Europa, il segno di una scommessa vinta con umiltà e ostinazione.
Ma il presidente della Commissione ha, tra i suoi difetti, quello di essere un uomo ostinato. Così ieri la tenda di Gheddafi spiccava a Bruxelles, tra i laghetti e le anatre della tenuta di Valduchesse, e il leader libico, per la prima volta in Europa dopo quindici anni, si è spinto fino a superare la sua notoria claustrofobia per prendere l´ascensore e salire al dodicesimo piano del palazzo Breydel, dove ha incontrato Prodi e numerosi commissari. La Libia, ha annunciato, vuole essere un campione nella lotta al terrorismo, intende aderire al processo di Barcellona e rivendica il ruolo di ponte naturale e politico tra l´Europa e l´Africa.
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D´altra parte Gheddafi, evitando l´errore di Saddam, all´indomani dell´11 settembre si è schierato apertamente a favore della lotta al terrorismo islamico e ha accettato di eliminare le armi di distruzione di massa. Infine, ma non è un dettaglio, in questi anni la Libia si è seriamente impegnata in una politica di aiuti ai paesi africani più poveri, diventando uno dei principali artefici dell´Unione africana: un´organizzazione che si propone di esportare il modello dell´Unione europea nel continente più povero e martoriato del Pianeta.
Ma dietro questa evoluzione apparentemente miracolosa della posizione libica non c´è solo l´evidente intelligenza politica del colonnello, che ha saputo annusare in tempo l´aria del nuovo millennio. C´è anche un paziente lavoro di dialogo, di convinzione e spesso banalmente di spiegazione da parte di Prodi e dei suoi più stretti collaboratori.
Nonostante gli sberleffi ricevuti cinque anni fa, il presidente della Commissione non ha mai rinunciato a tenere i contatti con Gheddafi: per telefono, in occasione delle principali feste cristiane e musulmane, per lettera e di persona. Lo ha incontrato per la prima volta al vertice africano del Cairo nell´aprile 2000, poi ancora a Maputo, a Tunisi e in Libia dove è stato l´unico europeo invitato al vertice della neonata Unione africana. Ma per mantenere in pista il processo di riavvicinamento della Libia all´Europa, e per facilitare gli accordi che hanno consentito di chiudere il contenzioso con Londra, Parigi e Berlino, cruciali sono state anche le numerose missioni, ufficiali e ufficiose, che il capo di gabinetto del presidente della Commissione, Stefano Manservisi, ha compiuto a Tripoli per conto di Prodi. Un lavoro diplomatico paziente, di cui la Commissione ha costantemente ma discretamente tenuto informate le principali capitali europee.
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