Da La Repubblica del 24/03/2003
Originale su http://www.repubblica.it/online/esteri/iraqattaccocinque/proibite/proi...

Le immagini proibite

di Vittorio Zucconi

IL BIANCO degli occhi enormi della sergente americana prigioniera illumina la verità della guerra. Non un pilota di jet abbattuto e tumefatto alla Cocciolone, ma una donna, texana come Bush, un semplice meccanico in divisa a 24 mila euro lordi l'anno, è il primo volto che ha portato lo shock and awe, lo sbigottimento e il terrore, nelle case degli americani illusi dalle favole della liberazione pulita e senza sangue. Tutto va bene sul fronte orientale, ci rassicura Bush tornando dal suo week end nello chalet di montagna, "la battaglia sarà dura", ma il settimo cavalleria è nei sobborghi di Bagdad e le bombe cadono puntuali sulla città.

Saddam è cotto, il piano avanza "lento ma sicuro" e le armi di distruzione di massa, quelle per le quali siamo andati a conquistare l'Iraq, saranno presto e sicuramente trovate. Ma intanto la prima domenica di guerra è una bloody sunday, una giornata maledetta - e dunque per la prima volta onesta - di sangue, di torture, di soldati impazziti, di cadaveri che rompono lo show asettico e incruento. Bush avverte gli iracheni: "Mi aspetto che i prigionieri siano trattati con umanità, così come facciamo noi con i prigionieri che abbiamo catturato. Altrimenti, chi maltratterà i prigionieri sarà trattato da criminale di guerra".

Per l'America in casa la guerra è cominciata ieri. Quel video è la bomba di Saddam su Washington. Per questo è visto pochissimo, qui sul fronte interno, poche immagini censurate e subito ritirate. E solo dopo molte ore la Cnn ha mostrato qualche breve spezzone. La maggior parte delle sequenze grand guignol che gli iracheni hanno filmato e che il network arabo Al Jazeera ha diffuso in tutto il mondo non sono ancora passate. Bush ha detto di non averle viste, perché lui ci racconta di non guardare la guerra in tv, ma mente. I generali del Pentagono le hanno seguite "con le mascelle serrate". Gli anchor delle reti tv, invocando il dovere professionale, le hanno avidamente osservate in privato, anche a costo di "vomitare" come Paula Zahn di Cnn, signora ingualcibile dei contenitori di fluff, aria fritta del mattino.

Ma ai cittadini, ai contribuenti che pagano il soldo dei 12 disgraziati uccisi in un'imboscata, dei cinque genieri meccanici del Terzo Fanteria caduti nelle mani degli iracheni perché il sottotenente che li guidava "ha sbagliato strada", non sono stati fatti vedere. Soltanto chi possiede collegamenti Internet ad alta velocità ha potuto guardarli, in uno dei siti sciacallo che subito hanno messo on line il filmato. È stato fatto per pudore dei parenti a casa, per rispettare quel minimo di decenza che persino le televisioni occasionalmente ancora hanno e perché un Donald Rumsfeld terreo ha sfidato la luce dei riflettori al mattino della domenica senza lo scudo del fondotinta per chiedere alle tv di non mandare in onda quelle sequenze "ripugnanti" di cadaveri in uniforme americana. Le tv, per ora, hanno ubbidito, non hanno mostrato neppure l'interrogatorio dei cinque fanti prigionieri e di quella donna con l'occhio bianco e terrorizzato.

È pudore, certamente, quel black out, ma è molto di più. È la paura che, nel ribrezzo e nella rabbia suscitati dalle sequenze dei morti e dei prigionieri, il pubblico americano ritrovi il senso dell'orrore, riscopra il prezzo di avere violato il tabù della guerra. È rispetto per le famiglie dei parenti, ma è anche l'ansia di perdere, nella battaglia finale per Bagdad che sta per cominciare, il consenso di una generazione X allevata nel mito delle nuove guerre playstation senza morti, come in Kosovo. "Sembra che questa guerra vada avanti da tanto tempo - diceva ieri sera Bush tradendo l'ansia di farla finita presto - e invece è solo l'effetto di tutto quello che vediamo alla televisione". Proprio lui, che ci aveva appena detto di "non guardare la guerra in tv". È umana delicatezza, ma è soprattutto calcolo politico.

I sondaggi della vigilia dicevano che il vasto e sottile sostegno all'invasione sarebbe crollato in proporzione inversa al numero di morti: e i morti cominciano ad arrivare. Bush e i suoi registi di politica interna, Karl Rove e Andy Card, che guardano alle elezioni del 2004, quelle per le quali il soldato Bush combatte, ricordano come Clinton pagò l'umiliazione della Somalia, quando l'elicottero Black Hawk fu abbattuto e i cadaveri dei marines furono trascinati nella polvere di Mogadiscio.

Il morale, bisogna tenere alto il morale del fronte interno, perché la sindrome del Vietnam si annida in ogni body bag per i caduti. I generali Usa, che per bocca del futuro viceré dell'Iraq liberato, il generale Abizaid di origine araba, accusano al Jazeera di "disgustosa insensibilità", rabbrividiscono quando vedono il sergente Assan Akbar della 101esima parà lanciare tre bombe a mano nella tenda dei comandanti, uccidendone uno e ferendone 15.

Tutti gli ufficiali superiori di oggi hanno fatto il Vietnam e ricordano il segreto terribile del fraggin', quando gli uomini si ammutinavano e ammazzavano i loro ufficiali a colpi di fragmentation bomb, di bombe a mano, per non andare in battaglia. Gli anchor di tutte le reti assumono la voce da cronache funebri, ora che la faccia vera della guerra è apparsa e non è più soltanto il comodo tiro al bersaglio sul dead man walking, il morto che cammina Saddam. E c'è un'altra verità impronunciabile e spaventosa, dietro lo shock and awe, lo sgomento e il terrore che ha preso Bush, Rumsfeld, Cheney l'Uomo Invisibile, alla vista del videotape e alle notizie della sorprendente resistenza di questi iracheni.

È la paura che i colpi di coda del regime scatenino il mostro latente dentro questa guerra: l'odio razziale per gli arabi, che la favola bella della democrazia tipo esportazione con aiuti umanitari dovrebbe nascondere. Le torture ai prigionieri possono scatenare quell'odio anti islamico, anti arabo che a fatica si è finto di controllare dopo l'11 settembre. Era un musulmano nero, il sergente che ha fragged i suoi comandanti. Sono musulmani e arabi, quelli che hanno filmato e mostrato i cadaveri e i prigionieri. "Adesso è diventato un fatto personale", è scappato detto a un artigliere della 101esima prima che la regia militare tagliasse il collegamento.

Se i carcerieri e gli aguzzini dei prigionieri americani riusciranno a far scattare la trappola della rabbia e dell'odio razziale, quella, e non le introvabili bombe chimiche, diventerebbe la vera arma di distruzione di massa nella crociata tra l'Islam dei fanatici e la Cristianità dei missili Cruise.

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