Da Corriere della Sera del 17/02/2003

L’America «non accetta giochi dilatori all’Onu»

La Rice: «Bush studia una seconda risoluzione». Ma «Saddam non s’illuda di farla franca grazie ai pacifisti»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Il senatore repubblicano John McCain apre la strada al Consigliere della sicurezza alla Casa Bianca Condoleezza Rice. «Di questo passo - dice alla tv - l'Onu farà la fine della Società delle Nazioni, che si sfaldò quando Mussolini invase l'Abissinia». La dama di ferro di Bush, che lo sta ascoltando, non si lascia sfuggire l'occasione: dichiara che il presidente «lavora a un'altra risoluzione», che chiede all'Onu «un intervento immediato» e in caso contrario «disarmerà l'Iraq alla testa di una coalizione tra settimane, non mesi». Non parla delle prove a cui, secondo il New York Times , Bush vorrebbe sottoporre il regime di Bagdad per dimostrare la sua mancanza di collaborazione: la distruzione dei suoi ultimi missili, i voli degli aerei spia U-2, gli interrogatori degli scienziati iracheni. Sottolinea che il presidente non ha ancora deciso se la nuova risoluzione «imporrà una scadenza» precisa e quindi un ultimatum, e che comunque non ne ha bisogno «perché è autorizzato ad attaccare Bagdad dalle risoluzioni precedenti». Accusa il raìs di aver violato ripetutamente le indicazioni dell’Onu, e gli manda un avvertimento: «Non si illuda di farla franca grazie all'Onu e alle dimostrazioni pacifiste».

I TEMPI DELL’AZIONE - La Rice non li precisa. E' chiaro che Bush, che è rientrato in anticipo a Washington da Camp David per non restare bloccato dalla più massiccia tempesta di neve degli ultimi vent'anni, vuole ancora consultarsi con i suoi ministri e con gli alleati. Per ora il presidente va a ruota del premier britannico Blair, che mira ad ammorbidire una eventuale seconda risoluzione per evitare il veto di Francia e Russia pur minacciando «serie conseguenze» se il nemico non si disarmerà. Ma Bush spera di mettere l'Iraq con le spalle al muro entro il primo marzo alla riunione dei cinque Grandi, o al più tardi il 14 marzo quando si incontreranno i Quindici membri del Consiglio di sicurezza. A tale scopo, «le prove» per Saddam sarebbero essenziali. Gli ispettori, riferisce il New York Times , dovrebbero chiedere in settimana a Saddam Hussein, come prova della sua buona fede, di distruggere i missili vietati, quelli con gittata superiore a 150 km; di lasciare ispezionare il suo territorio giorno e notte senza alcun preavviso dagli U-2; e di dare libertà di parola ai suoi scienziati. Ma la richiesta deve provenire dal Consiglio di sicurezza, non solo dall'America. E ieri Mohammed ElBaradei, uno dei due capi della missione Onu in Iraq, ha detto alla tv egiziana che «esiste un accordo all’interno del Consiglio secondo il quale le ispezioni non possono proseguire all’infinito».

I PREPARATIVI - Condoleezza Rice, mandata da Bush in tv al posto del Segretario di stato Colin Powell, polemizza con il presidente francese Jacques Chirac senza nominarlo. Sostiene che prolungare le ispezioni in Iraq (come vuole Parigi) significa allentare le pressioni sul raìs e ampliare il solco apertosi tra gli alleati. «Il mondo deve unirsi, denunciare gli inganni di Saddam Hussein, e impedirgli di proseguire nel suo riarmo». Minimizza il peso delle dimostrazioni pacifiste: «Chi è favorevole al ricorso alla forza non scende in piazza». E conferma che s'intensificano i preparativi di guerra: il Pentagono ha mobilitato altri 20 mila uomini in aggiunta ai 150 mila già nel Golfo, e ha chiesto alla Turchia, dove ha inviato i primi 500 soldati, l'uso di 8 basi aeree e di 3 porti.

IL PIANO DI SADDAM - Approfondendo il quadro tracciato dal direttore della Dia, il servizio segreto del Pentagono, il New York Times scrive che il raìs adotterà la strategia della «terra bruciata». In una prima fase, ritarderà l'avanzata americana facendo saltare pozzi petroliferi, dighe, ponti, ferrovie e strade; rifiuterà inoltre cibo e medicinali alle popolazioni per provocare un disastro umanitario, addossando all'invasore l'onere di rimediarvi. Nella fase successiva, userà armi chimiche e batteriologiche, missili e bombe, contro le postazioni Usa, le città liberate e forse Israele. Nella ultima, difenderà Bagdad con due schieramenti, uno esterno nel triangolo Medina-Al Nida-Hammurabi, l'altro interno alla periferia della capitale in un combattimento casa per casa. L'obiettivo sarebbe prolungare il conflitto e causare un numero tale di morti, anche tra i civili, da costringere l'opinione pubblica mondiale a chiedere la pace.

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