Da Il Messaggero del 28/03/2003
Originale su http://ilmessaggero.caltanet.it/hermes/20030328/01_NAZIONALE/1/EMILIAN...

Wojtyla, la pace e il mondo islamico

di Marcella Emiliani

GLI arabi questa guerra contro l'Iraq non la accettano e non la capiscono proprio: lo dimostrano quotidianamente con imponenti manifestazioni di piazza in tutte le capitali in cui si scagliano con virulenza sempre maggiore contro Bush "l'aggressore". E tra le cose che non capiscono c'è anche un mistero solo apparentemente secondario, in realtà cruciale, ovvero perché un giovane presidente tanto pio come quello americano, che si trattiene a stento dall'usare toni da crociata religiosa contro Saddam, non ascolti l'anziano Papa di Roma, l'unico nell'universo pacifista che non può essere sospettato di avere secondi fini quando invoca l'aiuto di Dio e della Vergine per fermare questo conflitto. Inutile stare a sofisticare che Bush è sì cristiano, ma non cattolico e dunque non si sente vincolato dagli imperativi morali del Vaticano. E il cattolicissimo Aznar?
Bisogna addentrarsi un po' di più nella palude delle contraddizioni infinite tra potere temporale e potere spirituale in Occidente e nel mondo islamico per capirci qualcosa. Nell'Islam — a differenza che nel cattolicesimo — non esistono né Chiesa né magistero, né sacramenti, esiste solo il sapere, la conoscenza dei testi sacri e qualsiasi ulama, cioè qualsiasi dotto musulmano, in teoria può dare la propria interpretazione della rivelazione contenuta nel Corano e nella tradizione per tradurla in giurisprudenza, la sharia. Ma nel cattolicesimo munito di cotanto magistero e di cotante gerarchie religiose, i fedeli si prendono ampie libertà relativamente agli imperativi emanati da Roma, mentre nell'Islam — che un magistero non ce l'ha — il fedele si sente più vincolato alle parole e agli inviti dei propri uomini dotti. Perché? Il più famoso studioso di cose islamiche e mediorientali, il professor Bernard Lewis, ha riassunto così la spiegazione in una prospettiva storica (cito a memoria e mi perdoni il prof. Lewis): «Nell'antica Roma l'imperatore era Dio; Cristo ha poi detto: “Date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio" (separando potere temporale e potere spirituale); infine è arrivato l'Islam per il quale Dio è l'imperatore». Lasciando perdere i Cesari, quel che Lewis vuol dire è che, anche se i popoli musulmani hanno sperimentato la separazione tra Stato e Chiesa per lo meno dalla caduta dell'impero ottomano, tuttavia non hanno perso il senso pervasivo, onnicomprensivo della rivelazione e su tutto — sempre in teoria — dovrebbe avere la meglio il messaggio di Dio. Uno come Saddam queste cose le sa talmente bene che per accrescere la propria popolarità non esita ad arruolare Allah tra i suoi agit-prop.
A queste ragioni storiche del "mistero" si aggiungono poi analisi politiche più profonde che l'arabo qualunque non conosce in quanto non fanno parte del suo universo, ma del nostro: ad esempio il fatto che — astraendoci dal clamore della guerra — il Vaticano è restato uno dei pochi attori internazionali che potrebbe contrastare, dall'alto della sua credibilità morale, la realpolitik della superpotenza solitaria, gli Usa. Il pontificato di Wojtyla poi alla credibilità morale o spirituale ha aggiunto anche un plusvalore di credibilità politica dopo aver contribuito in maniera determinante e senza armi al crollo del comunismo in Unione Sovietica e nell'Est europeo. Così al di là della visione manichea degli opposti: pace contro guerra, nell'appello alla pace medesima di papa Giovanni Paolo II c'è paradossalmente il tentativo di fermare la deriva verso la Crociata che questa guerra rischia di assumere, il tentativo di disinnescare quello scontro di civiltà che viene agitato come un fantasma temibilissimo dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 e che — se continua ad essere evocato — rischia di diventare realtà. Detto in altre parole, oltre che per salvare vite umane suo primo assillo, il Papa invoca Dio perché Dio rimanga estraneo alle miserie umane e la religione non venga strumentalizzata come una qualsiasi ideologia dell'odio. Il Vaticano, come ha dimostrato in recenti eventi bellici, non è aprioristicamente contrario alla guerra; è arrivato a riconoscerne l'eventuale tragica necessità. E' questa guerra che non vuole, perché la sente foriera di disastri epocali.

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