Da La Stampa del 31/03/2003
Saddamiana
L'assenza del Raiss meglio di qualsiasi comparsa televisiva
di Mimmo Candito
NON è certo che Saddam sia assistito da un'agenzia pubblicitaria (come invece lo è Rumsfeld, anche se non lo sembra), ma certo il Raíss si sta comportando con un'abilità che Packard e Testa saprebbero apprezzare. La sua campagna propagandistica privilegia il silenzio, e l'assenza, che sono elementi di forte conferma della dimensione mitica, ieratica, anche misterica, ch'è propria d'una dittatura basata sulla forza e sul terrore del potere, e non sul populismo.
Quel silenzio, quella non-presenza, vengono interrotti solo quando l'apparizione pubblica diventa essenziale a recuperare, e confermare, una qualità che rischiava d'essere sminuita o, peggio, annullata. E' stato così nei primi giorni di guerra, quando l'evidenza dirompente delle bombe e dei missili trasmetteva un «messaggio» che poneva in pericolo la credibilità del mito del Raíss.
Ma poi Saddam si è sottratto alle luci della tv e della ribalta, tornandosene nell'ombra: quanto ora stava accadendo, con gli americani nelle sabbie mobili della loro sprovvedutezza, lo aiutava meglio e più di qualsiasi sua comparsata televisiva. Il colpo grosso, però, il Raíss lo ha fatto con i sette reporter italiani fermati dalla polizia irachena. Il loro arresto a Bassora è stata la più efficace smentita della disinformazia che il comando angloamericano aveva montato vendendo ai media, già dal terzo giorno, che «Bassora è stata liberata».
Lo è tanto, liberata, che ancora al decimo giorno la polizia irachena vi arresta i giornalisti che non hanno visto d'ingresso in Iraq. Ancor più utile a Saddam è stato, poi, il viaggio dei sette reporter a Baghdad. «Avevamo solo la scorta di 4 poliziotti», hanno detto. Ma come: tv e briefing di Franks ci vendono la grande avanzata, il controllo strategico, l'Iraq tagliato in due, e poi una camionetta con quattro poliziotti e sette giornalisti si fa un tranquillo viaggio di 600 chilometri e nessuno la ferma. Generale Franks, ma per favore.
Quel silenzio, quella non-presenza, vengono interrotti solo quando l'apparizione pubblica diventa essenziale a recuperare, e confermare, una qualità che rischiava d'essere sminuita o, peggio, annullata. E' stato così nei primi giorni di guerra, quando l'evidenza dirompente delle bombe e dei missili trasmetteva un «messaggio» che poneva in pericolo la credibilità del mito del Raíss.
Ma poi Saddam si è sottratto alle luci della tv e della ribalta, tornandosene nell'ombra: quanto ora stava accadendo, con gli americani nelle sabbie mobili della loro sprovvedutezza, lo aiutava meglio e più di qualsiasi sua comparsata televisiva. Il colpo grosso, però, il Raíss lo ha fatto con i sette reporter italiani fermati dalla polizia irachena. Il loro arresto a Bassora è stata la più efficace smentita della disinformazia che il comando angloamericano aveva montato vendendo ai media, già dal terzo giorno, che «Bassora è stata liberata».
Lo è tanto, liberata, che ancora al decimo giorno la polizia irachena vi arresta i giornalisti che non hanno visto d'ingresso in Iraq. Ancor più utile a Saddam è stato, poi, il viaggio dei sette reporter a Baghdad. «Avevamo solo la scorta di 4 poliziotti», hanno detto. Ma come: tv e briefing di Franks ci vendono la grande avanzata, il controllo strategico, l'Iraq tagliato in due, e poi una camionetta con quattro poliziotti e sette giornalisti si fa un tranquillo viaggio di 600 chilometri e nessuno la ferma. Generale Franks, ma per favore.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
Ora i marines si sentono sotto tiro
A Baghdad slogan anti-Bush, irruzione dei soldati nell’hotel Palestine
A Baghdad slogan anti-Bush, irruzione dei soldati nell’hotel Palestine
di Vittorio Dell'Uva su Il Mattino del 16/04/2003
di Mimmo Candito su La Stampa del 09/04/2003
Dopo le rivelazioni sui contrasti tra generali e strateghi della "guerra leggera"
Il Pentagono nella palude. L'autodifesa di Rumsfeld
Il segretario alla Difesa: "E' presto per i necrologi"
Il Pentagono nella palude. L'autodifesa di Rumsfeld
Il segretario alla Difesa: "E' presto per i necrologi"
di Vittorio Zucconi su La Repubblica del 31/03/2003