DOV'E’ Saddam? A Londra gli allibratori lo danno per morto a una quota che ci si rimettono perfino i soldi della puntata. E a Londra sbagliano di rado. Ma se invece è vivo (a Londra sbagliano anche), allora si può ragionare soltanto su tre ipotesi.

Ipotesi 1. E' nascosto in qualche bunker ultrasegreto, e medita vendetta. L'ipotesi è plausibile, ma difficile: Saddam non è Osama, che riceve rispetto e devozione sempre, per la sua leadership mistica; Saddam è soltanto il suo potere, e se il potere non ce l'ha più, allora lui è nessuno. Chiunque è pronto a venderlo.

Ipotesi 2. E' scappato in Siria. Ipotesi, anche questa, plausibile ma difficile. Bashar Al-Assad è giovane ma non sciocco: ospitare Saddam è come dichiararsi in guerra con gli Usa, e la Siria che è già dentro il mirino della pistola di Rumsfeld verrebbe trascinata sul banco degl'imputati sapendo che di fronte ha una giuria assai poco propensa a essere equa.

Ipotesi 3. La sua vita - dovunque egli sia in questo momento - è nelle mani di Putin. Condoleezza Rice è corsa a Mosca a mettere sul tavolo carte molte forti: l'accordo commerciale, il gas, la Cecenia, i contratti con il nuovo Iraq. Ha calato le carte, ed è subito ripartita per Washington: questi viaggi-lampo hanno sempre contenuti seri, Putin è stato invitato a meditare. Lo sta facendo, non è facile: la vita di Saddam gli può dare peso internazionale, ma anche trascinarlo nella burletta (come fu per l'Italia con Ocalan che, almeno, stava alla luce del sole).

Qualcosa che comunque rafforza l'ipotesi numero 3 e lascia immaginare un progetto organico, non una fuga disperata al si salvi chi può, è la sparizione contemporanea di tutta la leadership - una sorta di evaporazione che nemmeno certe magie orientali producono. Non s'era mai vista, in nessuna fine d'una dittatura (nemmeno quando finì il Terzo Reich), tanta «organizzazione». Potremmo avere qualche sorpresa.