Da Corriere della Sera del 24/04/2003

«La Francia dovrà pagare per la sua politica»

Powell aumenta la pressione: riesamineremo molti rapporti. L’obiettivo è un accordo all’Onu

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Non è una dichiarazione di guerra ma è una delle minacce più gravi mai rivolte dagli Stati Uniti a un loro alleato: la Francia «pagherà le conseguenze» del suo no alla guerra all'Iraq. La pronuncia il segretario di Stato Colin Powell, la colomba dell'amministrazione, al Charlie Rose show della Cbs , uno dei più seguiti della tv: «Dobbiamo dare un'occhiata al nostro rapporto», dichiara a sorpresa Powell. «Dobbiamo riesaminare tutti gli aspetti della nostra relazione con la Francia». E alla insidiosa domanda del giornalista: «Parigi pagherà le conseguenze?», risponde con un secco: «Sì».

POWELL - Il segretario di Stato rievoca il risentimento dell'amministrazione quando Parigi annunciò il veto a una seconda risoluzione all'Onu che avrebbe dato un ultimatum a Saddam legittimando l’azione Usa. «Non ci aiutò, anzi. Quando Villepin visitò tre Paesi africani per sincerarsi che non votassero per noi, lo precedetti con vane telefonate. Fu un'esperienza illuminante». Powell conclude che la guerra «ha cambiato molti rapporti», elogia alcune nazioni che la hanno appoggiata: Australia, Italia e Polonia oltre alla Gran Bretagna.

I RETROSCENA - La colomba sfodera gli artigli dopo una riunione alla Casa Bianca con i falchi: il vicepresidente Richard Cheney, il consigliere per la sicurezza Condoleezza Rice, il ministro della Difesa Donald Rumsfeld e il capo della Cia George Tenet. La Rice ribadisce che la Francia va punita, la Germania ignorata, la Russia perdonata, la sua formula del dopo Saddam per mettere ordine tra l'America e la «vecchia Europa». Secondo un funzionario del governo Usa rimasto anonimo le misure proposte riguarderebbero l’esclusione della Francia da parte dei meeting della Nato. L’idea sarebbe di deliberare nell’ambito del Comitato di Difesa, di cui Parigi non fa parte, anziché in quello del Consiglio: come è accaduto già a febbraio, proprio per aggirare l’opposizione di Parigi a concedere protezione alla Turchia in caso di attacco iracheno.

L'OBBIETTIVO - Colin Powell è un fedelissimo di Bush, ed è chiaro che questi non ha ancora perdonato il presidente francese Chirac, nonostante la sua telefonata della scorsa settimana. Ma non è chiaro se Bush voglia penalizzare l'alleato, o voglia solo che si allinei all'Onu, dove presenterà delle nuove risoluzioni sull'Iraq. Il portavoce della Casa Bianca Ari Fleischer e quello del Dipartimento di Stato Richard Boucher rafforzano la seconda interpretazione con dichiarazioni in prevalenza distensive.

BOUCHER - «Conseguenze non significa guerra», proclama il portavoce di Powell. «Conseguenze ce ne sono già state - aggiunge - perché le nostre relazioni sono difficili. Ma la Francia si sta muovendo nella direzione giusta e vogliamo lavorare con lei». Boucher riferisce che Villepin ha telefonato a Powell «e hanno riso assieme delle voci di una guerra tra i nostri Paesi». Non nega tuttavia che a Parigi possano essere interdetti l'accesso al petrolio iracheno o la partecipazione alla ricostruzione economica: «Sarà l'Iraq a decidere». Il portavoce precisa che «l’attenzione è sulla revoca delle sanzioni contro Bagdad, che deve essere immediata», e che Powell e Villepin cercano di fare convergere le loro posizioni.

FLEISCHER - E' ancora più evasivo di Boucher. Afferma che è sbagliato parlare di «punizione» della Francia. Mentre è vero che Washington e Parigi «non sono in luna di miele», prosegue, è falso che siano allo scontro. «Il presidente continua a credere che i valori che ci accomunano terranno in vita l'alleanza, anche se abbiamo pagato il prezzo dei contrasti degli ultimi mesi». Come Boucher, Fleischer batte sul tasto di «ciò che ci unisce, non ciò che ci divide».

GLI INTERROGATIVI - Malgrado la cautela dei portavoce, la Francia e in minore misura la Germania, la Russia, persino il Belgio, verranno forse tenute a distanza dall'Iraq. Bush ammorbidirebbe la sua posizione soltanto nel caso di un sostegno incondizionato di Parigi e delle altri capitali alla sua linea. Per ora comunque ha rinunciato a fare uno sgarbo a Chirac, all'idea cioè di pernottare in Svizzera, non in Francia, alla riunione del G8 a Evian.

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