Da Corriere della Sera del 06/05/2003
Il giorno che può cambiare il percorso della legislatura
di Stefano Folli
La giornata non è stata solo l’udienza di Milano, con il tentativo berlusconiano di coinvolgere Romano Prodi e Giuliano Amato nella grande partita politico-giudiziaria. La giornata ha visto anche la replica del premier a un discorso del presidente della Camera sulla Costituzione. E l’episodio non è meno significativo per capire la determinazione del capo del governo in questo passaggio cruciale della legislatura. Pier Ferdinando Casini aveva riproposto il tema delle «larghe intese»: le riforme non si possono fare «a colpi di maggioranza». Più in dettaglio: «La Costituzione, garanzia per tutti, non può essere un campo di battaglia». Né si può sottovalutare il pericolo connesso: «aprire una situazione di confusione nel funzionamento dei pubblici poteri».
Si può cogliere in queste parole un’allusione al «lodo Maccanico», a cui già Marcello Pera aveva dedicato una riflessione. Più in generale alla questione delle immunità parlamentari. Ma c’è soprattutto un richiamo - piuttosto nello stile di Ciampi - all’esigenza di equilibrio, al rispetto reciproco. E non ci vuole molta immaginazione per capire che il destinatario del larvato rimprovero è il presidente del Consiglio.
Ora, se questo è vero, la risposta berlusconiana è stata polemica nella sostanza e inequivocabile nella forma. Il premier ha replicato che il suo obiettivo è «la pienezza della Costituzione», che si realizza garantendo la più limpida separazione dei poteri. In altre parole, i magistrati vanno ricondotti nel loro alveo, la giustizia politica deve essere messa in condizione di non nuocere. Nulla di nuovo, si può dire. Se non sul punto politico di fondo.
Se Casini sostiene che la Costituzione non può essere terreno di battaglia, se mostra di temere lo scontro intorno alla magistratura, l’altro ribatte che la guerra è cominciata «nella primavera demagogica e giustizialista del ’93». Per cui il centro-destra, assicura, «si batte oggi senza esitazioni, senza incertezze per tornare alla Costituzione».
Senza esitazioni... All’interno della Casa delle libertà chi ha buone orecchie per intendere, intenda. Se si collega l’offensiva sul processo Sme al confronto con Casini (e in via indiretta con Ciampi) sulle larghe intese parlamentari, si ha il quadro del «nuovo» Berlusconi. Un uomo che si sta bruciando i vascelli alle spalle, convinto di non aver più niente da guadagnare dalla moderazione. E che non esclude nulla in caso di condanna penale. Tanto meno le elezioni anticipate.
Il nuovo Berlusconi giudica che è il momento di assestare il colpo finale ai suoi avversari, veri o presunti: adesso, prima che la sua stessa maggioranza si tiri indietro, magari abbracciando le tesi di Casini, vale a dire l’esatto opposto di quello che predica il premier.
Sotto un certo profilo, l’udienza di ieri in tribunale segna uno spartiacque. L’aver chiamato in causa i due personaggi di maggior rilievo dell’opposizione (Prodi e Amato) ha trasformato il processo milanese in un palcoscenico politico. Tutto si mescola e si intreccia, nello sforzo berlusconiano di tirar giù dal piedistallo le icone del centro-sinistra. Con la mente rivolta alla battaglia elettorale per Palazzo Chigi e, chissà, anche all’elezione del capo dello Stato, nel 2006. Sullo sfondo, cresce il rischio di un conflitto devastante tra politica e magistratura.
Si può cogliere in queste parole un’allusione al «lodo Maccanico», a cui già Marcello Pera aveva dedicato una riflessione. Più in generale alla questione delle immunità parlamentari. Ma c’è soprattutto un richiamo - piuttosto nello stile di Ciampi - all’esigenza di equilibrio, al rispetto reciproco. E non ci vuole molta immaginazione per capire che il destinatario del larvato rimprovero è il presidente del Consiglio.
Ora, se questo è vero, la risposta berlusconiana è stata polemica nella sostanza e inequivocabile nella forma. Il premier ha replicato che il suo obiettivo è «la pienezza della Costituzione», che si realizza garantendo la più limpida separazione dei poteri. In altre parole, i magistrati vanno ricondotti nel loro alveo, la giustizia politica deve essere messa in condizione di non nuocere. Nulla di nuovo, si può dire. Se non sul punto politico di fondo.
Se Casini sostiene che la Costituzione non può essere terreno di battaglia, se mostra di temere lo scontro intorno alla magistratura, l’altro ribatte che la guerra è cominciata «nella primavera demagogica e giustizialista del ’93». Per cui il centro-destra, assicura, «si batte oggi senza esitazioni, senza incertezze per tornare alla Costituzione».
Senza esitazioni... All’interno della Casa delle libertà chi ha buone orecchie per intendere, intenda. Se si collega l’offensiva sul processo Sme al confronto con Casini (e in via indiretta con Ciampi) sulle larghe intese parlamentari, si ha il quadro del «nuovo» Berlusconi. Un uomo che si sta bruciando i vascelli alle spalle, convinto di non aver più niente da guadagnare dalla moderazione. E che non esclude nulla in caso di condanna penale. Tanto meno le elezioni anticipate.
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