Da La Stampa del 14/05/2003
La grande illusione
di Igor Man
LA carneficina di Riad - perché di questo si tratta - è la risposta dell’islám radicale al Grande Progetto di Bush: la creazione, entro dieci anni, di una zona di libero scambio Usa/Medio Oriente, gemella dell’altra, già operativa, fra gli Stati Uniti e l’America Centrale, definita quest’ultima «il cortile di casa». La strategia di Bush punta verosimilmente a fare del Mediterraneo, portone d’ingresso al Levante prossimo e lontano, un nuovo «cortile di casa». Codesta prospettiva può relativamente allarmare l’Europa, poiché una «collaborazione intelligente, da pari a pari», conviene sia alla vecchia (Europa) che a quella nuova, sia a Bush (è il discorso che fanno i tedeschi e che, verosimilmente, trova d’accordo gli italiani - per la Francia si tratta di attendere). Ma se per l’Europa il progetto di Bush potrebbe essere un terreno primariamente politico sul quale sarà possibile, anche se non facile, tracciare interessanti percorsi di sviluppo, lo stesso progetto per i paesi del petrolio e i loro «fratelli» viene visto in termini diremo etico-commerciali. Insomma: sul petrolio ci si può intendere, in Palestina bisogna applicare subito la famosa road map. Vale a dire il piano di pace che la Iperpotenza intende dettare, giusta la sua visione americana del mondo post 11 settembre: pragmatica fino a sfiorare la rozzezza. Come ha ben scritto Thomas L. Friedman, nel sottosuolo fermenta il magma terribile dello scontento del popolo arabo che ha della Palestina una visione assolutamente etica anziché geopolitica. Più la piaga palestinese si incancrenisce, più precario si fa il potere dei vari sovrani e raîss. Essi, infatti, non possono non assecondare l’America Number 1, che contro tutte le previsioni ha spazzato via dalla cronaca (la Storia dovrà attendere) il Tiranno, celebrando in Mesopotamia una guerra-lampo inimmaginabile.
Che poi, a vincere sia stata l’intelligence piuttosto che il carro armato o il cacciabombardiere è del tutto secondario: conta il risultato. Ma attenzione, il risultato, almeno per ora, è la facile vittoria militare, il rapido abbattimento di Saddam Hussein, della sua miserabile corte di adulatori, ruffiani afflitti da vampirismo psicologico.
Un risultato da 6+: la sconfitta di Saddam non è infatti la sconfitta del terrorismo. Se l’equazione americana fosse stata esatta, la caduta di Saddam avrebbe demolito il «secondo pilastro» del terrorismo islamista, così come, nell’ottica americana, la sparizione di Osama bin Laden ha fatto del terrorismo islamista una classica anatra zoppa. La carneficina di Riad smentisce brutalmente chi aveva creduto (o mostrato di credere) che con la caduta di Saddam il terrorismo sarebbe crollato contestualmente. E’ chiaro come il sole di mezzanotte, invece, che la strage di Riad è una tragica smentita a ogni facile ottimismo. Conferma, intanto, il pessimismo di chi prima della guerra scriveva di temere come prima conseguenza della stessa una impennata del terrorismo, proprio di quello suicida e, inoltre, complica la miscela d’odio e fanatismo iniettata dal Principe del Terrore, Osama, nelle avide vene degli islamisti radicali. Con la strage di Riad (sullo sfondo incombe un’altra strage, ma la Cecenia ha soltanto qualche tratto somatico-religioso in comune con i terribili epigoni di Osama bin Laden) il terrorismo suicida torna in campo. Rivelandoci, in fatto, che non basterà, forse, a placarne la furia la composizione della tragedia israelo-palestinese. Il giuoco s’è fatto invero pesante. E più insidioso: da uno studio apparso su Science, risulta che il cosiddetto kamikaze non è né povero né analfabeta (se non in minima percentuale). Non sono, i terroristi suicidi, né dei disperati né degli psicopatici. Somigliano spaventosamente agli agiati borghesi che distrussero le Due Torri, dando una tragica svolta alla Storia dell’Occidente. Dopo lo stupro di Manhattan: «Nulla sarà più come prima», si disse. Infatti.
Che poi, a vincere sia stata l’intelligence piuttosto che il carro armato o il cacciabombardiere è del tutto secondario: conta il risultato. Ma attenzione, il risultato, almeno per ora, è la facile vittoria militare, il rapido abbattimento di Saddam Hussein, della sua miserabile corte di adulatori, ruffiani afflitti da vampirismo psicologico.
Un risultato da 6+: la sconfitta di Saddam non è infatti la sconfitta del terrorismo. Se l’equazione americana fosse stata esatta, la caduta di Saddam avrebbe demolito il «secondo pilastro» del terrorismo islamista, così come, nell’ottica americana, la sparizione di Osama bin Laden ha fatto del terrorismo islamista una classica anatra zoppa. La carneficina di Riad smentisce brutalmente chi aveva creduto (o mostrato di credere) che con la caduta di Saddam il terrorismo sarebbe crollato contestualmente. E’ chiaro come il sole di mezzanotte, invece, che la strage di Riad è una tragica smentita a ogni facile ottimismo. Conferma, intanto, il pessimismo di chi prima della guerra scriveva di temere come prima conseguenza della stessa una impennata del terrorismo, proprio di quello suicida e, inoltre, complica la miscela d’odio e fanatismo iniettata dal Principe del Terrore, Osama, nelle avide vene degli islamisti radicali. Con la strage di Riad (sullo sfondo incombe un’altra strage, ma la Cecenia ha soltanto qualche tratto somatico-religioso in comune con i terribili epigoni di Osama bin Laden) il terrorismo suicida torna in campo. Rivelandoci, in fatto, che non basterà, forse, a placarne la furia la composizione della tragedia israelo-palestinese. Il giuoco s’è fatto invero pesante. E più insidioso: da uno studio apparso su Science, risulta che il cosiddetto kamikaze non è né povero né analfabeta (se non in minima percentuale). Non sono, i terroristi suicidi, né dei disperati né degli psicopatici. Somigliano spaventosamente agli agiati borghesi che distrussero le Due Torri, dando una tragica svolta alla Storia dell’Occidente. Dopo lo stupro di Manhattan: «Nulla sarà più come prima», si disse. Infatti.
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