Da La Stampa del 16/05/2003
Il terrore si somma al terrore
di Pierluigi Battista
II più ottimisti auspicavano che Pechino avrebbe colto l’opportunità per spalancare finalmente la fortezza cinese alla brezza vivificante della glasnost. Invece in Cina l’epidemia della Sars è diventata l’occasione per un nuovo, drammatico avvitamento repressivo del regime.
Minacciare la pena di morte per gli «untori» (i malati, insomma) che recalcitrano alle misure di isolamento imposte dalla quarantena in chiave cinese, evoca uno scenario lugubre che aggiunge alla tragedia di un virus sconosciuto destinato a mietere innumerevoli vittime la rappresentazione di un regime politico che regola le sue iniziative di controllo sui cittadini e sulla società intera secondo modalità autoritarie che sembrano inscalfibili. Dunque, l’ottimismo era fuori luogo (come del resto aveva avvertito proprio su queste colonne Francesco Sisci). E se la Cina era stata accusata di aver avvolto le dimensioni della nuova epidemia nella coltre di nebbia della disinformazione e dell’omertà dettata dalla ragion di Stato, la speranza che la, sia pur relativa, liberalizzazione potesse essere la sorpresa positiva per un regime rinserrato nei suoi arcana imperii si è dissolta nei diktat del nuovo terrore riservato agli «appestati».
Più informazione dove prima regnava il mistero: sembrava questa la terapia politica per debellare una malattia che, se fosse stata tempestivamente affrontata con le armi dell’esame pubblico delle sue origini, dei suoi insondabili percorsi e dei suoi effetti letali, avrebbe potuto essere arginata con più efficacia. Sta accadendo l’opposto: quanto più si fanno pressanti le esigenze del controllo, tanto più la libertà dei singoli viene sacrificata sull’altare della sicurezza. Ma mentre nelle democrazie occidentali questo dilemma apre interrogativi drammatici sull’equilibrio che ogni Stato deve faticosamente e precariamente costruire tra le ragioni della sicurezza e quelle della libertà, la Cina scioglie ogni dubbio semplicemente somministrando misure draconiane sui suoi cittadini. E così una potenza che nel corso di questi decenni ha raggiunto stupefacenti progressi sul fronte dell’economia sembra rinviare sine die l’appuntamento con la libertà.
Ma la colpa è della politica, non certo di una malattia sconosciuta e inquietante. Senza chiedersi nemmeno perché gli ammalati, terrorizzati, fuggano dagli ospedali della quarantena e perciò vengano bollati come untori da punire con la morte. Con il terrore che si somma al terrore. E una speranza di maggiore trasparenza che si infrange un’altra volta. E anche questo non è colpa della Sars.
Minacciare la pena di morte per gli «untori» (i malati, insomma) che recalcitrano alle misure di isolamento imposte dalla quarantena in chiave cinese, evoca uno scenario lugubre che aggiunge alla tragedia di un virus sconosciuto destinato a mietere innumerevoli vittime la rappresentazione di un regime politico che regola le sue iniziative di controllo sui cittadini e sulla società intera secondo modalità autoritarie che sembrano inscalfibili. Dunque, l’ottimismo era fuori luogo (come del resto aveva avvertito proprio su queste colonne Francesco Sisci). E se la Cina era stata accusata di aver avvolto le dimensioni della nuova epidemia nella coltre di nebbia della disinformazione e dell’omertà dettata dalla ragion di Stato, la speranza che la, sia pur relativa, liberalizzazione potesse essere la sorpresa positiva per un regime rinserrato nei suoi arcana imperii si è dissolta nei diktat del nuovo terrore riservato agli «appestati».
Più informazione dove prima regnava il mistero: sembrava questa la terapia politica per debellare una malattia che, se fosse stata tempestivamente affrontata con le armi dell’esame pubblico delle sue origini, dei suoi insondabili percorsi e dei suoi effetti letali, avrebbe potuto essere arginata con più efficacia. Sta accadendo l’opposto: quanto più si fanno pressanti le esigenze del controllo, tanto più la libertà dei singoli viene sacrificata sull’altare della sicurezza. Ma mentre nelle democrazie occidentali questo dilemma apre interrogativi drammatici sull’equilibrio che ogni Stato deve faticosamente e precariamente costruire tra le ragioni della sicurezza e quelle della libertà, la Cina scioglie ogni dubbio semplicemente somministrando misure draconiane sui suoi cittadini. E così una potenza che nel corso di questi decenni ha raggiunto stupefacenti progressi sul fronte dell’economia sembra rinviare sine die l’appuntamento con la libertà.
Ma la colpa è della politica, non certo di una malattia sconosciuta e inquietante. Senza chiedersi nemmeno perché gli ammalati, terrorizzati, fuggano dagli ospedali della quarantena e perciò vengano bollati come untori da punire con la morte. Con il terrore che si somma al terrore. E una speranza di maggiore trasparenza che si infrange un’altra volta. E anche questo non è colpa della Sars.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
di Mario Platero su Il Sole 24 Ore del 08/10/2003
di Francesco Sisci su La Stampa del 18/09/2003
Dalle saldatrici ai giubbini: i cataloghi con i prodotti delle nostre aziende clonati
Macchine, nomi e colori: ecco le «copie perfette» in Cina
«Made in Italy»? No, in Cina ma è una copia perfetta Nel catalogo della Xuanbao Enterprise la fiorentina Fasep (attrezzature per gommisti) diventa Pasef, ma offre prodotti gemelli
Macchine, nomi e colori: ecco le «copie perfette» in Cina
«Made in Italy»? No, in Cina ma è una copia perfetta Nel catalogo della Xuanbao Enterprise la fiorentina Fasep (attrezzature per gommisti) diventa Pasef, ma offre prodotti gemelli
di Gian Antonio Stella su Corriere della Sera del 10/09/2003