Da La Stampa del 16/05/2003
Nelle campagne intorno a Pechino dilaga la psicosi. si temono piu’ le cure del contagio
Contadini in preda al terrore prendono a morsi i medici
«Credono che ci siano dei lazzaretti dove si uccidono i malati»
di Francesco Sisci
PECHINO - LE scuole cominciano a riaprire una dopo l’altra e già si dice che, alla fine del mese, le lezioni riprenderanno normalmente. All’inizio di giugno si terranno, come di consueto gli esami di ammissione all’Università: 90 mila ragazzi verranno a Pechino nella speranza di accedere ad uno dei suoi prestigiosi atenei. La Sars potrebbe cominciare a diventare un ricordo: perché questo accada, però, la malattia non deve riprendere forza soprattutto nelle campagne, dove vive quasi un miliardo di cinesi e dove ancora oggi resistono tanti piccoli focolai di contagio. Così ieri il governo ha annunciato misure estreme contro chi fugge dalla quarantena e diffonde il contagio: potrà essere condannato a morte o all’ergastolo. Un provvedimento severo dettato dal timore del diffondersi del contagio e motivato da alcuni gravi episodi accaduti nelle scorse settimane: decine di malati sono fuggiti da ospedali e centri di quarantena diffondendo il contagio da Pechino in tutto il Paese. E anche per questi, visto che la legge cinese è retroattiva, la punizione probabilmente sarà esemplare. «Il provvedimento serve a garantire in primo luogo la sicurezza del personale degli ospedali, medici e infermieri – dice Wang Zhouyi, un professore universitario la cui moglie la settimana prossima comincerà a curare pazienti di Sars –. Ci sono contadini malati che si sono avventati contro gli infermieri, hanno strappato loro la maschera, li hanno morsi». Sono loro, i contadini venuti in città per lavorare, i soggetti più pericolosi. Molti rifiutano le terapie, non hanno fiducia nei medici. Pensano che gli ospedali non siano luoghi di cura ma di morte, lazzaretti, dove i dottori non cercano di salvare i malati ma di ucciderli. Nelle campagne resistono credenze popolari: così nello Hunan sembra di essere in guerra data la quantità di mortaretti fatti scoppiare per strada per scacciare gli spiriti maligni «colpevoli» di portare la Sars. C’è anche chi sostiene che sia una punizione del cielo oppure un segno della prossima fine del mondo. Intorno a Pechino alcuni villaggi si sono fortificati, hanno murato le strade di accesso e impediscono agli abitanti di uscire e agli stranieri di entrare. «In alcune zone la gente racconta e crede veramente che un bambino appena nato abbia parlato e abbia detto ‘’La Sars è l’apocalisse’’ – racconta Yu Guancun, giornalista per un quotidiano di Pechino –. Oppure si dice che abbia parlato una persona muta dalla nascita annunciando sempre la fine del mondo. Dicerie che si diffondono sempre più raccogliendo credito». «Oggi molti contadini non credono a quello che dice il governo, non si fidano – dice Lu Xiang, un editore –. Pensano: ‘’Se le autorità dicono questo è per un loro guadagno, non certo perché vogliono prendersi cura di noi». Il governo attuale sconta gli errori di quelli precedenti, i loro inganni. La gente delle campagne è sfiduciata e lo sforzo delle autorità per tentare di arginare l’epidemia, controllare la paura e far ripartire l’economia rischia di essere vanificato. E cresce il numero dei «duwang», i «re» del contagio, quelli che, scappando malati da un ospedale, infettano decine di persone, quelli che incontrano sul treno, per strada. Loro pensano di non avere nulla da perdere, di essere destinati a morire comunque, perché, credono che dalla Sars non si guarisce. I medici per primi sono terrorizzati di curare questi contadini in fuga. Il personale sanitario è finora, tra l’altro, il più colpito dal contagio. «Siamo a rischio sempre, quando facciamo loro un’iniezione, quando li controlliamo – racconta una dottoressa –. All’inizio il problema era che non sapevamo come proteggerci, poi hanno cominciato a succedere tanti episodi strani. Alcuni contadini sono convinti che noi non siamo qui per curarli ma che vogliamo farli morire, così ci si avventano contro. Il sudore della pelle, una gocciolina di saliva è sufficente per il contagio. Io metto i guanti, la mascherina, gli occhiali, due cappucci, due camici, pantaloni e copriscarpe, ma c’è sempre un angolo di pelle scoperto, se qualcuno mi tocca posso essere contagiata». Non per niente il personale ospedaliero di questi tempi viene chiamato con termini militari: «medici in prima linea». Come i soldati non possono disertare, non possono rifiutare di svolgere i loro compiti. Ma loro in cambio hanno chiesto sicurezza, protezione, e il governo spera di dargliela con questo nuovo, severo provvedimento.
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