Da La Stampa del 19/05/2003
Il premier annulla la visita in America e sigilla i territori
A Gerusalemme due kamikaze contro la pace
Si è fatto esplodere su un autobus, uccidendo sette passeggeri, l’altro forse per un errore, è saltato in aria prima di compiere la strage
di Aldo Baquis
TEL AVIV - Con tre soli kamikaze - uno immolatosi sabato sera a Hebron, Cisgiordania, e gli altri due ieri a Gerusalemme - il movimento di resistenza islamico Hamas è riuscito non solo a provocare nuove vittime israeliane, ma anche a far deragliare il difficile dialogo intrapreso sabato dal premier palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) con il premier Ariel Sharon e a obbligare quest'ultimo a rinviare un’importante visita negli Stati Uniti dove era atteso dal presidente Bush. Agli israeliani, Abu Mazen aveva detto di aver bisogno di almeno di altri tre mesi per organizzare le proprie forze di sicurezza, prima di poter sradicare i gruppi dell’Intifada armata. Ma gli strateghi di Hamas non gli hanno concesso nemmeno poche ore di respiro. Erano le 5,45 di mattina quando Bassem Jamal al-Takruri, studente del politecnico di Hebron, si è appostato alla fermata del rione di French Hill (Gerusalemme Nord) in attesa della preda: un autobus snodato della linea 6. Per non dare nell'occhio, il kamikaze aveva indossato (oltre al giubbotto esplosivo, potenziato da biglie, chiodi e proiettili) anche vestiti tipici degli ebrei ortodossi. Aveva la testa coperta da uno zuccotto, e dalla camicia spuntavano le «zizziot», ossia le estremità del piccolo scialle degli zeloti. Un ebreo esteriormente impeccabile che non ha destato l'attenzione delle decine di passeggeri ancora assonnati, fra cui poco dopo ha seminato la morte. L’esplosione ha devastato il pesante automezzo, facendolo anche uscire di strada. Quando le forze di soccorso sono sopraggiunte, il soffitto dell'autobus era interamente intriso del sangue delle sette vittime del kamikaze (sei israeliani, ma anche un palestinese di un vicino campo profughi). Alcuni cadaveri erano rimasti eretti nei loro sedili. La polizia ha ripreso la scena per meglio ricostruire la dinamica dell'attentato. Alcune immagini, sconvolgenti, sono state poi mostrate alla stampa estera. Erano passati solo pochi minuti quando in un vicino incrocio stradale, quello di a-Ram (fra Gerusalemme e Ramallah), è esploso un altro uomo-bomba. E’ morto solo lui, portando a nove il totale degli uccisi negli attentati di ieri (compresi i due kamikaze). Così come Fuad Kawasmeh (l’attentatore suicida esploso sabato a Hebron) e come Takruri, anch'egli era vestito da ebreo timorato. A giudicare dalla loro tattica e dal tipo di esplosivo i tre - secondo la polizia - erano stati tutti inviati in missione dalla medesima cellula di Hamas, da Hebron. Nelle stesse ore, anche il braccio armato di Al Fatah ha cercato di compiere un attentato inviando due dei suoi uomini nella colonia ebraica di Shaarey Tikwa, dove sono stati scoperti, sopraffatti e uccisi in combattimento. Il governo di Abu Mazen non ha esitato a condannare gli attentati di Gerusalemme. Ha anche invitato il governo Sharon a reagire con pacatezza e autocontrollo, per non perdere di vista il filo del dialogo. Nell'incontro di sabato sera, Sharon aveva suggerito ad Abu Mazen e a Muhammad Dahlan (responsabile della sicurezza interna) che i palestinesi si assumessero le responsabilità di sicurezza nel Nord della striscia di Gaza e nei centri urbani cisgiordani. Un esperimento, insomma, la cui riuscita indurrebbe Israele a compiere ulteriori ritiri locali fino all'obiettivo - fissato nel Tracciato di pace del Quartetto - di un ritiro totale sulle linee occupate all'inizio dell’Intifada, nel settembre 2000. Sharon aveva anche ammesso che le migliaia di detenuti palestinesi rappresentano per Israele una scomoda zavorra. In un clima generale di distensione - aveva lasciato intendere il premier - per molti di loro potrebbero aprirsi i cancelli dei penitenziari israeliani. Ma le violenze di ieri hanno alterato bruscamente l’atmosfera. Come primo provvedimento Sharon ha ordinato la imposizione del coprifuoco a Ramallah (Abu Mazen aveva appena chiesto la libertà degli spostamenti per Arafat) e la chiusura totale della Cisgiordania (Abu Mazen aveva chiesto comprensione per le necessità di spostamento di milioni di palestinesi). In serata Sharon ha convocato il governo per una riunione straordinaria. Il ministro della difesa Shaul Mofaz ha accusato Arafat di continuare a fomentare il terrorismo e si è lamentato che finora non sia stato espulso dai Territori. Ma lo stesso presidente palestinse in un'intervista alla rete televisiva americana Fox ha duramente respinto l’accusa, definendola «propaganda di Israele». Da oggi, tre milioni di palestinesi tornano a doversi cimentare con i coprifuoco, i posti di blocco, gli assedi militari. Le misure umanitarie - tanto perorate da Stati Uniti e Unione Europea - sono state nuovamente rinviate. Il Tracciato di pace - proposto a israeliani e palestinesi dal Quartetto, e anche di persona dal segretario di stato Colin Powell - resta lettera morta. Un quindicenne, Khaled Nasser, è stato ucciso dai militari israeliani, che gli hanno sparato con raffiche della mitragliatrice pesante di un carro armato. Altri 17 palestinesi sono rimasti feriti. I ragazzi colpiti stavano lanciando sassi contro i corazzati israeliani che hanno risposto al fuoco.
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