Da Corriere della Sera del 21/05/2003

A Parigi l’opera omnia del giurista che teorizzò l’abolizione della pena di morte

La Francia ritrova il Beccaria tradito

di Massimo Nava

PARIGI - Per il breve saggio Dei delitti e delle pene , Cesare Beccaria (1738-1794) si guadagnò la fama universale di padre della moderna concezione della giustizia, quella messa in pratica dagli Stati democratici che hanno abolito la pena di morte e che garantiscono i diritti dell'imputato. Ma il famoso libretto, scritto a 25 anni, non rende giustizia all'autore, la cui vasta produzione - saggi, atti politici, lettere - è rimasta quasi sconosciuta. E, a ben vedere, non gli rende giustizia il mondo contemporaneo. La sua lezione è oltraggiata da regimi e totalitarismi ideologici e religiosi e disattesa da molte democrazie, se è consentito un riferimento all'uso costante della pena capitale negli Stati Uniti o allo stato di salute del diritto internazionale dopo le teorie sulle guerre umanitarie o preventive.
Beccaria è conosciuto per la sua critica alla pena di morte, ma andrebbero rilette anche le sue idee su diritti d'imputati e prigionieri. Al primo torto nei confronti di Beccaria tenta di sopperire la monumentale opera omnia (giunta al decimo dei diciassette volumi), realizzata da Mediobanca per desiderio di Enrico Cuccia e presentata oggi al Senato francese, anche per voler ricordare i legami dello scrittore con l'illuminismo transalpino e senza dimenticare che nella terra di Voltaire la ghigliottina venne abolita due secoli dopo, dal presidente Mitterrand. Una copia dell'edizione è stata donata alla Biblioteca del Senato. L'iniziativa è stata promossa dall'ambasciatore Bernardino Osio, presidente dell'Unione Latina e discendente di Beccaria, i cui scritti originali vennero custoditi dalla famiglia Osio per oltre un secolo e donati alla Biblioteca Ambrosiana, nelle mani di monsignor Achille Ratti, futuro papa Pio XI. Fra gli ospiti, il presidente di Mediobanca, Gabriele Galateri di Genola e il presidente dell'Association Beccaria, Jean Musitelli, che raccoglie giuristi francesi. Intervengono il curatore dell'opera, Carlo Capria, dell'università di Milano, l'ambasciatore Sergio Romano e il senatore Robert Badinter, ex ministro della giustizia che firmò il decreto di abolizione della pena di morte.
Il secondo torto avrebbe potuto essere riparato dalle speranze degli anni Novanta, marcati, come ricorda Sergio Romano, dalla forte sensibilità verso i diritti umani in seguito alla caduta del comunismo e alla fine della guerra fredda. Ben 30 Paesi hanno abolito la pena di morte dopo il 1990. Tuttavia, l'anno scorso, secondo l'ultimo rapporto di Amnesty International, 1526 persone sono state mandate a morte in 31 Paesi e 3248 sono state condannate alla pena capitale in 67 Paesi. Soltanto in Cina, le condanne eseguite sono più di un migliaio.
«La creazione dei tribunali internazionali ci ha dato l'illusione che il diritto internazionale si stesse globalizzando. Gli attentati dell'11 settembre e la politica americana - sostiene Romano - hanno invertito la tendenza. Rispetto al bisogno di sicurezza, la giustizia è diventata un'esigenza secondaria: Beccaria sarebbe stato contento del decennio scorso, ma sarebbe preoccupato del nostro presente». E forse, osservando la nostra democrazia, anche del modo in cui - come ricorda l'ambasciatore Osio - «si cerca di ostacolare in tutti i modi l'opera della magistratura». «Fate che le leggi siano chiare e semplici e che tutta la forza della nazione sia condensata a difenderle, e che nessuna parte di essa sia impiegata a distruggerle», scrive Beccaria, milanese.

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