Da Corriere della Sera del 22/05/2003

Il regno di Lo Re, che dopo il figlio fa sindaco la moglie

Don Vincenzo, «patriarca» di Militello Rosmarino, è agli arresti domiciliari per una storia di falsi invalidi

di Gian Antonio Stella

MILITELLO ROSMARINO (MESSINA) - «Concettina, molla un momento la pasta 'ncasciata che devo farti fare il sindaco...». Dite voi: che poteva rispondere la brava mogghiera davanti alle decisioni del marito? La sventurata disse sì. Ed ecco che, dopo il cugino Vincenzo, il papà Calogero, lo zio Vincenzo e il giovane figlio Calogero, il mitico Vincenzo Lo Re è assolutamente sicuro che sulla «sua» poltrona di primo cittadino stavolta andrà a sedere la moglie: «Sarà un sindaco straordinario!», ripete da allora agli amici. E loro: «Straordinario!». L’unica incognita della campagna elettorale, diciamolo, è che Don Vincenzo non può disgraziatamente fare comizi. E’ agli arresti domiciliari, nella sua casa che domina il mare in faccia alle Eolie.

Infortuni: due anni di galera per una storia di falsi invalidi. Un peccato. A Militello Rosmarino, un paese delizioso e scrostato sui monti Nebrodi, se li ricordano tutti i suoi show. Pure i nemici non ne perdevano uno: «Meglio del cinema erano! Meglio del cinema!». Una volta, per mostrare il suo disprezzo per Nuccio Carrara, un deputato di An che era riuscito a interrompere in comune il regno secolare dei Lo Re e aveva cercato di mettere un po’ di ordine nel caos urbanistico facendo abbattere dei pollai abusivi costruiti in mezzo a un prezioso sito archeologico, riuscì a parlare due ore senza nominarlo mai e chiamandolo ora «il pennuto», ora «il deputaticchio», ora «’u pollaiolo» e ora «’u gallinaceo»... Un’altra, per liquidare chi l’accusava di aver «distribuito ricotte» per raccogliere voti, disse: «Abbiamo regalato ricotte perché non avevamo mogli prosperose che potevano dare dell’altro». Un’altra ancora s’avvitò in un torrenziale monologo sulle virtù del gallo di Trinacria chiuso di schianto: «Un masculo siciliano se davvero è masculo... Insomma: moglie, ti ho messo le corna!».

Un mito. Chiuso in casa da questa condanna per i falsi invalidi (ne ha tante altre che ci ride su: «Sono un pluridecorato...») Vincenzo Lo Re è una belva in gabbia. Non può vedere gli amici, ricevere i postulanti, andare ai battesimi e ai matrimoni e alle cresime. Non ne mancava una, di cerimonia. E aveva sempre un regaluccio per tutti e loro gli donavano caciotte e agnelli e pignolate.

Gli altri dicono rappresenti il peggio del sistema clientelare. Lui ha sempre risposto: «Voglio bene alla gente e la gente vuol bene a me. Se uno mi domanda di trovargli un ricovero a Milano gli devo dire di no? Se mi chiede una mano per fare assumere il figlio gli devo dire di no? Se mi implora di intercedere per fargli avere una casa gli devo dire di no? Per questo sono amato. Vi pare che con tutte le grane giudiziarie che ho avuto avrei potuto resistere sennò? Vi pare che avrei potuto nel 1998, in piena bufera, far eleggere sindaco mio figlio Calogero nonostante la destra e la sinistra si fossero coalizzate contro?». Laureato in medicina, primario di ginecologia, sindaco dc per una vita salvo i periodi in cui lasciava la carica a suo cognato Biagio, Vincenzo Lo Re è l’erede di una dinastia rimasta sul trono di Militello quasi più dei Savoia su quello d’Italia, fin dai tempi in cui il bisnonno entrò in consiglio comunale a metà dell’Ottocento: «Prima di me fu sindaco mio cugino e poi fu podestà mio zio e poi sindaco mio padre...». Disprezzato da mezzo paese per la distribuzione dei posti e delle prebende, è venerato dall’altra metà esattamente per gli stessi motivi.

Il meglio lo diede come presidente della Usl. Quando, lasciata la poltrona di sindaco di Militello al fidato Sante Russo (al quale aveva comunque affiancato sua moglie Concetta spinta su da uno strabiliante 83% di voti dc) si guadagnò la fama di essere una specie di Padre Pio all’incontrario. Dove lui posava la mano, lì germogliava una sclerosi a placche, una angina pectoris, un’insufficienza cerebro vascolare, una osteoporosi... I nemici lo irridevano acclamando: «Lo Re: facci 'a grazia! Lo Re: dacci una pustola!» E via via la sua fama messianica aveva valicato i Nebrodi e le Madonie e chiamato folle da tutte le contrade.

Finché era intervenuta la magistratura accusando lui, suo cognato Biagio Lipari (medico condotto e ras della commissione esaminatrice delle domande di invalidità) e il sindaco Russo di avere distribuito 180 assegni d’accompagnamento e 500 pensioni a monchi, tisici, ciechi, sciancati spesso falsi. Come Carmelo Femminella, che per «gonartrosi bilaterale, osteoporosi diffusa, discopatia cervicale e lombare» risultava semi-paralizzato ma girava per il paese in motorino. Tale era l’aspettativa, scrisse il presidente del tribunale di Patti, Maria Pina Lazzara, che i carabinieri avevano notato «verso il comune di Militello a un fenomeno migratorio anomalo». A casa di Lo Re risultarono 15 nuovi residenti, a casa di Sante Russo 11. Gli chiesero: cosa ci fa tutta ’sta gente a casa sua? E il sindaco a verbale: «Odio stare da solo».

Pareva finito, Don Vincenzo. Sepolto sotto lo scandalo, i debiti del comune, l’accusa di avere gonfiato gli organici della Usl e le denunce degli appassionati d’arte come il rifondarolo Nino Santomarco, che ha messo anche su un sito internet per mostrare la devastazione di un patrimonio ricchissimo. Lui, leone qual è, da leone si difese. Spiegando ai giudici che era tutto un equivoco e che c’era stata al massimo una sopravvalutazione di alcune infermità comunque spalmate su tutti i paesi del circondario. E spiegando ai suoi: «Ho solo distribuito a un po’ di poveracci un milionesimo dei soldi regalati alle industrie del nord!».
Quindi, per mostrare quanto l’inchiesta non l’avesse indebolito, si candidò a sindaco di Sant’Agata di Militello. E vinse. Poi candidò il figlio Calogero a Militello Rosmarino. E vinse ancora.

Stavolta, su al paesello, gli mettono contro due liste. Una di destra guidata da Giuseppe La Farina, funzionario (ti pareva) dell’Ufficio Collocamento. L’altra civica, guidata da Enzo Sancetta e aperta in nome del risanamento a un arco che va da Rifondazione a qualche forzista. «Due liste contro? Meglio!», ha commentato Lo Re con gli amici. E tanto è certo dell’elezione di Concetta che già pensa al prossimo obiettivo: la riconquista di Sant’Agata di Militello. Eletto sindaco e defenestrato dai giudici («Per un patteggiamento! Figurarsi! Era illegittimo») dice che vuol riavere quello che è suo. A meno che, chissà, non candidi il figlio: «A noi Lo Re piacciono le facce nuove...».

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