Da Corriere della Sera del 23/05/2003

La risoluzione passa con 14 voti a 0: votano sì anche Parigi, Mosca e Berlino. L’Italia: «Un passo decisivo»

L’Onu toglie le sanzioni a Bagdad

Approvato il piano americano per la ricostruzione. Si dimette il generale Franks

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Si chiude il vecchio capitolo sull'Iraq, quello del braccio di ferro tra Saddam Hussein e l'Onu, e si apre il capitolo nuovo, quello del protettorato anglo-americano. Al Consiglio di Sicurezza, la risoluzione Usa sulla revoca delle sanzioni passa molto facilmente, con 14 voti a 0, la boicotta solo la Siria disertando l'aula. E' il trionfo di George Bush: a ben 13 anni dal conflitto del Golfo Persico ma a un solo mese dalla caduta del raìs, il presidente raggiunge tutti gli obiettivi. L’appoggia persino la trojka del duro no alla guerra, Francia-Germania-Russia. L’appoggia in nome dell'unità del Consiglio di Sicurezza e per il bene dell'Iraq, dice l'ambasciatore francese Jean Marc de La Sabliere, «sebbene la risoluzione non sia perfetta». Ma soprattutto nel tentativo di ricucire i rapporti con la Superpotenza.


FRANKS - Il successo all'Onu è una consolazione per Bush, che perde il generale Tommy Franks, il vincitore dell'Iraq e dell'Afghanistan. Franks, il cui mandato scade a luglio, annuncia le dimissioni senza precisarne i motivi. Fonti del Pentagono dicono che vuole ritirarsi a vita privata, tenere conferenze, scrivere un libro, e stare con la moglie. Ricordano che il generale ha già rifiutato il posto di capo di Stato maggiore dell'esercito. Ma al Congresso c'è chi sostiene che Franks non vuole macchiare la sua carriera impantanandosi in Iraq. S’ignora chi sia il successore, si fa il nome del vice John Abizaid.


L'ONU - L'ambasciatore americano John Negroponte precisa che l'America ha apportato 90 emendamenti alla risoluzione. I più importanti: il riesame del suo mandato da parte del Consiglio tra un anno, anziché la proroga quasi automatica, e il recupero degli ispettori dell’Onu, per lo meno quelli dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica, anche se non si precisa come e quando. Il testo emendato concede inoltre più autorità al delegato dell'Onu, che forse sarà l'alto commissario dei diritti umani Sergio Vieira de Mello, e estende da quattro a sei mesi la gestione del programma «oil for food», petrolio in cambio di cibo, da parte del segretario Onu Kofi Annan. Ma queste concessioni non modificano il dato di fondo: in quanto potenze occupanti, l'America e la Gran Bretagna avranno pieni poteri in Iraq.


IL PETROLIO - Saranno loro a controllare il petrolio e il Fondo di sviluppo, le colonne della ricostruzione dell'Iraq; a formare un governo ad interim a Bagdad; a ristabilire l'ordine con le truppe alleate, non con i caschi blu dell'Onu. Le esportazioni petrolifere riprenderebbero subito: nel porto turco di Ceyhan 8 milioni di barili di greggio già attendono di essere venduti. Ma per il resto, il decollo della produzione, il collaudo della autorità, il ripristino della sicurezza, ci vorrà tempo. In tutti e tre i campi l’Onu avrà un suo ruolo: sorveglierà il Fondo di sviluppo, parteciperà alle nomine al governo, gestirà gli aiuti. I suoi funzionari partiranno per Bagdad tra pochi giorni.


LE REAZIONI - Il Ministero degli Esteri italiano elogia il voto all'Onu in una breve nota: «Uno sviluppo decisivo verso la ricostruzione dell'Iraq». Gli «sconfitti» reagiscono in modo diverso. Da Mosca il presidente Putin invia a Bush un messaggio tramite il ministro della Difesa Serghej Ivanov, in visita alla Casa Bianca, chiedendo il rilancio della partnership russo-americana, e mettendo una pietra sugli scontri al Palazzo di vetro: «Sono più le cose che ci uniscono di quelle che ci dividono». Annan invece richiama le potenze occupanti alle loro «responsabilità», ma sostiene che «la risoluzione dà una base legale alla comunità mondiale per operare in Iraq», e auspica che non vi sia competizione tra le varie parti. Il segretario dell'Onu rifiuta di ammettere che il voto di ieri abbia legittimato la guerra e l'occupazione dell'Iraq: «Occorre guardare avanti, non indietro, siamo arrivati a un compromesso ragionevole».

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