Da Corriere della Sera del 03/06/2003

Chirac «benedice» il viaggio di Bush

Pieno sostegno al piano per il Medio Oriente. Monito a Pyongyang: stop al nucleare

di Massimo Nava

EVIAN - Freddino, tiepido, cordiale, positivo, utile. Si sprecano aggettivi di portavoce e osservatori per dare senso all'atteso incontro Bush-Chirac, il primo dopo la crisi irachena, con contorno di giochi di parole dei protagonisti (essere in disaccordo non vuol dire essere sgradevoli l'uno verso l'altro, ha detto Bush, giocando su «disagreements» e «disagreeable») e frasi fatte del genere «essere d'accordo nella ricerca di accordi».
La sostanza di tanta cordialità esibita alle telecamere e di oggettivo rispetto (Bush ha parlato di «franchezza fra amici») è che Stati Uniti e Francia preferiscono non sminuire il dissenso sulla guerra, che è stato profondo, dando invece maggior forza e legittimità a impegni e posizioni comuni di fronte alle sfide per lo sviluppo e a nuove emergenze per la sicurezza del pianeta: lotta al terrorismo, pace in Medio Oriente, ricostruzione di Afghanistan e Iraq, proliferazione di armi di distruzione di massa, minaccia potenziale rappresentata dai programmi nucleari di Iran e Corea del Nord.
L'intesa fra Bush e Chirac su questi temi è stata subito trasferita in uno dei documenti più importanti approvati dal G8, quello sulle armi di distruzione di massa, con un riferimento alla Corea del Nord perché l'azzeramento dei programmi sia «visibile, verificabile e irreversibile». Analoga sollecitazione è stata espressa nei confronti dei programmi nucleari iraniani, anche se Chirac ha voluto distinguere fra quelli militari e la collaborazione tecnica a scopi civili fra Mosca e Teheran, evidenziando, anche su questo fronte, una diversità di atteggiamento rispetto alla posizione americana, più pressante nei confronti del Cremino.
L'auspicio dei Grandi della terra è per soluzioni pacifiche, ma è lecito immaginare che nell'eventualità di nuove situazioni scottanti sarà la dottrina americana della prevenzione a prevalere e il resto del mondo ad adeguarsi. Basta rileggere il discorso di Bush a Varsavia.
Per quanto riguarda il terrorismo, l'intesa è assoluta e ha portato alla costituzione di un gruppo di coordinamento dei Paesi del G8 che avrà il compito di esportare negli altri Paesi competenze e apparato tecnico legislativo.
Sarebbe ingenuo attribuire a un colloquio di pochi minuti nel corso di una visita lampo, considerata dal presidente americano secondaria rispetto agli appuntamenti in Egitto e Giordania, la fine dei dissapori fra Parigi e Washington e, tantomeno, la conciliazione di due visioni del mondo che restano diverse, con una Francia decisa a prendere la leadership del Sud del pianeta e a sostenere una governabilità «multilaterale e responsabile».
Erano tuttavia sopravvalutate le presunte ritorsioni americane che, alla fine, non sono andate al di là di qualche bottiglia di Bordeaux rovesciata sui marciapiedi e di acrimonie verbali, definite comunque «calunnie» dal ministro della Difesa, Michèle Alliot-Marie e dalla diplomazia francese.
Rapporti economici e interessi in gioco sono tali e tanti (basti pensare agli investimenti dei fondi pensione Usa alla Borsa di Parigi o alle partecipazioni azionarie americane in grandi imprese francesi, fra cui il colosso petrolifero Total-Fina-Elf) che eventuali punizioni commerciali avrebbero l'effetto di un boomerang.
L'America sembra inoltre tenere in grande considerazione il contributo francese alla lotta al terrorismo e alla pace in Medio Oriente, grazie agli storici rapporti di Parigi con il mondo arabo e alla collaudata esperienza d'intelligence. L'opposizione della Francia a una guerra considerata da Parigi «illegale» può oggi tornare utile come canale di comunicazione e fiducia da parte del mondo arabo. «Voglio chiedere a Jacques qualche consiglio sulla questione del Medio Oriente. E' un uomo che sa molte cose sul Medio Oriente e i suoi giudizi sono utili» ha detto Bush ai giornalisti. «So che il processo di pace è difficile, ma so anche che per riuscire dobbiamo lavorare insieme con i nostri amici, come la Francia» ha aggiunto. E Chirac ha risposto con gli auguri più sinceri di successo per una missione che ha il pieno sostegno, «senza riserve», dell'Unione Europea e della Russia.
A margine dei colloqui, Jacques Chirac ha annunciato l'invio di forze speciali in Afghanistan per lavorare fianco a fianco con le truppe americane. Un altro passo per dimostrare, come ha detto Bush, che i due «possono stare seduti insieme e avere una conversazione assolutamente cordiale». Anche se Chirac continua a pensare che una guerra non diventa più legittima per il solo fatto che sia stata vinta.
Ciliegina sulla torta, la visita di Chirac negli Stati Uniti, il prossimo autunno. Non è proprio un invito ufficiale di Bush, ha precisato il presidente francese, ma la possibilità di un incontro, essendo già prevista la partecipazione all'annuale assemblea delle Nazioni Unite. Come se Bush avesse detto: «Se passi da queste parti, vieni a trovarmi».

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