Da Il Manifesto del 10/06/2003

Le armi d'intossicazione di massa

Dove sono le «pistole fumanti» di Saddam? La guerra è finita ma ancora non si trovano. Anzi, sempre nuove rivelazioni dei media inglesi stanno fornendo materiale per uno scandalo potenzialmente peggiore del Watergate, se l'America scopre di aver combattuto una guerra in base a una menzogna

di Marco D'Eramo

Speriamo s'inveri quel che dice l'economista Paul Krugman sul New York Times e che cioè la questione delle armi di distruzione di massa (in sigla: Adm) irachene sta diventando più grave del Watergate: se queste armi non c'erano, allora gli Stati uniti sono stati spinti a entrare in guerra in base a una menzogna. Certo è che se i media americani si fossero comportati sul Watergate come stanno agendo con George Bush sulle Adm, Richard Nixon non sarebbe mai stato costretto a dimettersi e sarebbe ricordato come il grande statista che districò gli Usa dal ginepraio vietnamita in cui li aveva lasciati il suo predecessore Lyndon Johnson. E meno male che ci sono i giornali inglesi! Altrimenti, se dovessimo aspettare la stampa americana (e quella italiana), saremmo ancora convinti che l'esercito americano ha trovato montagne di Adm nelle catacombe irachene.

Invece, dopo più di due mesi che i marines sono entrati a Baghdad, delle mitiche Adm neanche l'ombra. E ci avevano parlato di «centinaia di tonnellate di gas nervino, sarin e iprite», oltre che di avanzati stadi di costruzione di bombe atomiche, e di numerosissime flotte aeree e di velivoli radiocomandati. Basta leggere il florilegio che pubblichiamo qui sotto, per misurare l'immensità dell'inganno a cui è stato sottoposto il mondo intero. Il premier inglese Tony Blair sostenne che l'Iraq poteva colpire l'Inghilterra in 45 minuti. Bush brandiva la minaccia di «alcune delle armi più letali mai concepite». Vi ricordate l'infiammato discorso di 75 minuti che Colin Powell tenne al consiglio di sicurezza il 5 febbraio, con tanto di fotografie satellitari e intercettazioni telefoniche ? L'Iraq era pronto a colpire e costituiva una minaccia micidiale per gli Stati uniti.

Ebbene, secondo il Guardian del 30 maggio, in un incontro tenutosi al Waldorf Hotel di New York prima della riunione del consiglio di sicurezza Onu, il ministro degli esteri inglese Jack Straw e Colin Powell, sua controparte americana, «espressero privatamente seri dubbi sulla qualità delle informazioni sul programma iracheno di armi vietate». Nei circoli Nato, scrive il quotidiano inglese, da tempo circolano le trascrizioni del colloquio tra Straw e Powell. Dieci minuti di conversazione riguardano le armi di distruzione di massa (Adm). Straw era preoccupato perché temeva che le affermazioni di Bush e Blair non potevano essere dimostrate. «Il problema, diceva Straw, era la mancanza di prove corroboranti per sostenere le affermazioni. Molte informazioni erano assunzioni e affermazioni non sostenute da fatti o verificate da altre fonti». Dal canto suo Powell raccontava delle sue riunioni con lo spionaggio Usa per preparare il suo discorso all'Onu, ma diceva a Straw di essere uscito «preoccupato» (apprehensive) da quegli incontri per quella che chiamava, nella migliore delle ipotesi, «prova circostanziale, fortemente piegata a favore di tesi, piuttosto che basata su informazioni vere e proprie». «Powell - disse al ministro inglese - sperava che i fatti, quando fossero venuti alla luce, "non ci esploderanno in faccia"».

Pochi giorni dopo il discorso di Colin Powell, la presidenza del consiglio inglese doveva ammettere che il tanto strombazzato rapporto dei servizi segreti inglesi sulle Adm irachene era in realtà copiato fedelmente (errori di battitura compresi) da una tesi di dottorato di uno studente americano, basata su dati di 12 anni prima.

Il 29 maggio la Bbc rivelava poi che, nel dossier preparato dagli inglesi a settembre, era stato inserita solo su precise su istruzioni di Downing Street (sede del premier inglese) l'affermazione che l'Iraq fosse in grado di lanciare un attacco chimico e biologico in 45 minuti. Il ministro delle forze armate, Adam Ingram ha ammesso che questa pretesa «era basata su una singola fonte, non corroborata».

Domenica scorsa il Sunday Telegraph ha rincarato la dose e ha rivelato che già a febbraio Alastair Campbell, direttore delle comunicazioni del premier Tony Blair, aveva dovuto scrivere una lettera di scuse a Sir Richard Dearlove, direttore del Secret Intelligence Service, noto come MI6. La lettera di scuse è stata confermata da un portavoce di Downing Street. In questa lettera Campbell diceva ai capi dei servizi che il trattamento delle informazioni sarebbe stato controllato maggiormente e che «sarebbe stata posta maggior cura nel trattare qualunque argomento che possa avere un impatto sulla reputazione o sul lavoro dei servizi». Campbell si riferiva al rapporto «Iraq: la sua infrastruttura di dissimulazione, inganno e intimidazione» fornito dagli inglesi a Colin Powell e basato su una tesi scaricata da Internet. Se la tesi di Campell è vera, e cioè che la falsità del rapporto era solo una questione di negligenza, allora ha ragione il decano dei laburisti inglesi a dire che «le implicazioni di quel che scrive Campbell è che la Gran Bretagna ha dichiarato guerra all'Iraq in base a una sciatteria».

La lettera di Campbell mostra il livello di scontro tra i servizi inglesi e il governo, tanto che quest'ultimo aveva lasciato circolare la voce, sabato smentita, che le fughe di notizie fossero dovute a «elementi deviati» dei servizi che vogliono screditare il premier laburista. Ma in questi casi le smentite non fanno che confermare, come è avvenuto per un'altra smentita, quella che riguarda la minaccia di dimissioni da parte di Sir Richard Dearlove e di Eliza Manningham-Buller, la sua controparte all'MI5 (alla sua figura si ispira la nuova direttrice di James Bond negli ultimi film).

Sempre domenica, sul programma «Politics Show» della Bbc, il ministro degli interni David Blunkett ha dichiarato: «Penso che sarebbe stato meglio se non avessimo pubblicato quel rapporto, perché trattava dei dati di fondo (background) della situazione irachena, e non riguardava l'identificazione di armi di distruzioni di massa».

Nell'amministrazione Bush l'imbarazzo sulle Adm cresce di giorno in giorno, a più di 80 giorni dall'invasione dell'Iraq. Persino i laboratori mobili di cui su è tanto parlato sono un buco nell'acqua. Ora i capi di Al Qaida detenuti dicono di non aver mai collaborato con l'Iraq. Il ministro della difesa Donald Rumsfeld ha dovuto ventilare l'ipotesi che le armi ci fossero, ma siano state distrutte, come a confermare che non le troveranno. Bisogna lodare la sincerità di Paul Wolfowith che ha avuto il coraggio di rivelare il segreto di Pulcinella, e cioè che le Adm erano solo una scusa per invadere l'Iraq e poter chiudere le basi in Arabia saudita. La verità ha però ora la voce di un generale dei marines (vedi accanto) che dice: «Credetemi, non è che non ci abbiamo provato. Siamo andati praticamente in ogni deposito di munizioni tra il confine kuwaitiano e Baghdad, ma semplicemente non c'erano».

A stupire allora non è tanto il mare di bugie dell'amministrazione Bush, quanto la totale incapacità dei democratici ad attaccare i repubblicani su queste menzogne. L'unica spiegazione è che la mancanza di fibra dei democratici d'oltre oceano è paragonabile solo a quella dei democratici di sinistra nostrani.

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