Da Il Messaggero del 10/06/2003
Inchiesta della procura di Palermo
Sicilia, appalti truccati: arrestato Fontana ex funzionario del Pci
di Lucio Galluzzo
PALERMO - Antonino Fontana, di 56 anni, ex vicesindaco Pci a Villabate, è stato arrestato dai carabinieri con altri 15 imprenditori edili per concorso in associazione mafiosa, finalizzata al controllo delle gare d'appalto. Gli arresti sono stati richiesti al gip Gioacchino Scaduto, dal procuratore aggiunto Sergio Lari, e dei sostituti della Dda, Gaetano Paci, Ambrogio Cartosio e Roberta Buzzolani. Questa pattuglia di affaristi, con metodi che ricadono nella legge antimafia, partecipava a gare per piccoli lavori (sotto i 10 milioni di euro) concordando preventivamente i ribassi, ottenendo una turnazione di appalti che garantiva tutti. L'arresto di Fontana provoca sconcerto ed imbarazzo nella sinistra. Beppe Lumia, e presidente dell'Antimafia, Ds, chiede che «si vada avanti e non si guardi in faccia nessuno, l'autonomia e l'indipendenza della magistratura sono per noi un valore anche in questa occasione». La Lega dell Cooperative invece sottolinea: «Non c’è nessun coinvolgimento delle cosiddette coop rosse nell’inchiesta»
Pio La Torre, il dirigente del Pci ucciso dalla mafia, 23 anni fa aveva individuato in dirigenti sindacali come Fontana, attenti più al mercato che alle lotte, una zona paludosa del partito, permeabile alla mafia e ne aveva chiesto il prosciugamento. In che misura fosse pericolosa emerge anche dalle carte processuali: Fontana e sua moglie, sottolinea l'accusa, sono soci nella ”Salpa” di Simone Castello, presunto mafioso di Bagheria, utilizzato come ”postino” da Bernardo Provenzano. Castello e Fontana erano in affari sin dal 1980, quando avevano acquistato terreni agricoli nel Ragusano. Ma non solo: la moglie di Fontana, Stella Capizzi, è stata a partire dal 1971 addetta alla segreteria del gruppo del Pci all'Ars, con le presidenze di Pancrazio De Pasquale, Michelangelo Russo ed Angelo Capodicasa. Se l'accusa verrà provata i boss avrebbero avuto forse un punto di ascolto nel partito che li ha combattuti. Venti anni fa tutti nel Pci si chiedevano con curiosità chi avesse fornito mezzi economici notevoli al compagno Fontana, avviato nel sindacato dal padre, povero ed onesto, capolega dei braccianti. L'ex deputato Nino Mannino, ricorda che La Torre convocò il sindacalista ed andò dritto al punto: «Viene tutto dall’eredità di uno zio», si giustificò Fontana. Per il Pci restò un sorvegliato speciale e «quando i coltivatori più vicini al Pci- spiega Mannino- fecero le coop, Fontana fu il leader del settore agrumi». Fontana è processato dal Pci, in segreto: «Non vi erano prove che le coop truffavano l'Aima ma il Pci - conclude Mannino - voleva chiarezza e Fontana fu estromesso».Dopo l'uccisione di La Torre il Pci raccolse ed analizzò nel proprio seno le accuse del suo segretario regionale. Fontana intanto era salito nella gerarchia imprenditoriale ”rossa”. Tra l'altro era stato amministratore della Tv fiancheggiatrice del Pci siciliano, ”Tele l’Ora”. Solo nel 1994 il partito prese le distanze.
Pio La Torre, il dirigente del Pci ucciso dalla mafia, 23 anni fa aveva individuato in dirigenti sindacali come Fontana, attenti più al mercato che alle lotte, una zona paludosa del partito, permeabile alla mafia e ne aveva chiesto il prosciugamento. In che misura fosse pericolosa emerge anche dalle carte processuali: Fontana e sua moglie, sottolinea l'accusa, sono soci nella ”Salpa” di Simone Castello, presunto mafioso di Bagheria, utilizzato come ”postino” da Bernardo Provenzano. Castello e Fontana erano in affari sin dal 1980, quando avevano acquistato terreni agricoli nel Ragusano. Ma non solo: la moglie di Fontana, Stella Capizzi, è stata a partire dal 1971 addetta alla segreteria del gruppo del Pci all'Ars, con le presidenze di Pancrazio De Pasquale, Michelangelo Russo ed Angelo Capodicasa. Se l'accusa verrà provata i boss avrebbero avuto forse un punto di ascolto nel partito che li ha combattuti. Venti anni fa tutti nel Pci si chiedevano con curiosità chi avesse fornito mezzi economici notevoli al compagno Fontana, avviato nel sindacato dal padre, povero ed onesto, capolega dei braccianti. L'ex deputato Nino Mannino, ricorda che La Torre convocò il sindacalista ed andò dritto al punto: «Viene tutto dall’eredità di uno zio», si giustificò Fontana. Per il Pci restò un sorvegliato speciale e «quando i coltivatori più vicini al Pci- spiega Mannino- fecero le coop, Fontana fu il leader del settore agrumi». Fontana è processato dal Pci, in segreto: «Non vi erano prove che le coop truffavano l'Aima ma il Pci - conclude Mannino - voleva chiarezza e Fontana fu estromesso».Dopo l'uccisione di La Torre il Pci raccolse ed analizzò nel proprio seno le accuse del suo segretario regionale. Fontana intanto era salito nella gerarchia imprenditoriale ”rossa”. Tra l'altro era stato amministratore della Tv fiancheggiatrice del Pci siciliano, ”Tele l’Ora”. Solo nel 1994 il partito prese le distanze.
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