Da Il Sole 24 Ore del 16/07/2003

Il piano Tremonti diventa europeo

di Adriana Cerretelli

BRUXELLES - Il piano Tremonti per rilanciare l'economia europea ha fatto centro ieri a Bruxelles raccogliendo il consenso generale dei ministri finanziari dell'Ecofin, con la sola eccezione della Danimarca, che vi ha posto una riserva. E così l'iniziativa, per dirla con il ministro dell'Economia, «ha cessato di essere italiana per diventare europea perché o è europea o non è». In concreto i 15 hanno deciso di dare mandato alla Commissione europea e alla Bei (Banca europea degli investimenti) di preparare entro ottobre uno studio preliminare di fattibilità che sarà seguito in novembre dal rapporto finale il quale dovrà poi ottenere l'imprimatur del vertice europeo di dicembre. Da definire - ha spiegato Giulio Tremonti al debutto come presidente dell'Ecofin - «ci sono gli equilibri finanziari del piano, il suo impatto sui bilanci nazionali e europeo nonché quello sulla crescita economica». Philippe Maystadt, il presidente della Bei che ha partecipato alla riunione, ha cominciato a fare qualche cifra su quanto la sua banca può investire in termini di strumenti tradizionali; «È realista e compatibile con le risorse di bilancio della Bei destinare da qui al 2010 50 miliardi di euro di prestiti a lungo termine per la costruzione di infrastrutture di trasporto e altri 50 miliardi nelle infrastrutture immateriali come ricerca e innovazione». Somme non irrilevanti che però restano lontane dal ritmo di investimenti ipotizzato dal piano Tremonti: 50 miliardi di euro sì ma all'anno e per i prossimi sette anni. «Quell'ordine di grandezza ci sembra ragionevole, compatibile e necessaria tenendo conto delle risorse reperibili sui mercati finanziari. Molto dipenderà dall'esito dello studio tecnico che arriverà in ottobre, da quali infrastrutture classiche e immateriali, da quali priorità saranno indicate per mantenere gli investimenti in Europa in linea con quelli americani». Prestiti a parte, Maystadt ha riconosciuto che il grosso delle risorse potrà essere messo in campo «utilizzando la leva della Bei sui mercati, una leva che è in grado di raccogliere capitali ingenti anche con modesti input iniziali». In quest'ottica la Banca europea è pronta a discutere forme di garanzia per favorire gli investimenti privati, a studiare e utilizzare strumenti finanziari innovativi, tra i quali quello delle cartolarizzazioni. Il tutto però senza dimenticare che «se si vogliono attirare i capitali privati, bisogna migliorare la redditività economica degli investimenti in infrastrutture di trasporto che devono essere in grado di offrire un ritorno economico a chi ci mette i propri capitali». E senza nemmeno dimenticare - hanno sottolineato tanto Maystadt quanto Pedro Solbes, il commissario Ue agli Affari economici e monetari - che sulla sua strada il piano d'azione per la crescita «non incontra tanto un problema finanziario quanto ostacoli che derivano dalla complessità di procedure amministrative che devono essere semplificate tanto a livello europeo quanto a livello nazionale». Solbes d'altra parte ieri ha sottolineato che «l'ingrediente essenziale della crescita, tanto a lungo quanto a breve termine, non è la capacità di investimento, che esiste in Europa, quanto la fiducia. Ed elemento chiave per ripristinarla sono le riforme strutturali». Secondo Tremonti, invece, «le riforme sono necessarie ma insufficienti per uscire da un ciclo che non è solo banalmente negativo ma è più profondo». Quindi riforme sì ma affiancate da un adeguato piano di investimenti pubblici e privati. Nel pieno rispetto, s'intende, del Patto di stabilità. Su quest'ultimo punto però i Paesi "virtuosi", Danimarca in testa ma anche Spagna, Olanda e Austria, hanno insistito sul fatto che il piano non deve in nessun modo comportare un allentamento dei vincoli del Patto. Non a caso ieri il comunicato finale dell'Ecofin sottolineava che il Comitato economico e finanziario dovrà alla fine «valutare la compatibilità del piano con la stabilità macroeconomica e delle finanze pubbliche, compreso il Patto di stabilità e crescita». Non a caso ieri Solbes ha ricordato che «la Commissione applicherà le regole del Patto ai Paesi (Francia e Germania, ndr) che nel 2004 superassero per la terza volta consecutiva la soglia invalicabile del 3% di deficit».

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