Da Corriere della Sera del 17/07/2003

Il primo dossier diceva il contrario «Il caso non è di nostra competenza»

Le precedenti conclusioni dell’Ispettorato dopo l’esposto del deputato: decida il Tribunale

di Giovanni Bianconi

ROMA - La scorsa settimana la Cassazione ha dichiarato infondate anche le ultime ricusazioni del tribunale che l’ha condannato a 11 anni di carcere nel processo Imi-Sir, ma ieri l’imputato-deputato Cesare Previti ha avuto il suo riscatto: le parole scritte dagli 007 del ministro Castelli contro i pubblici ministeri Boccassini e Colombo - «lesione del prestigio dell’ordine giudiziario», «mancata collaborazione con organi istituzionali», «uso improprio di risorse» - sono quelle che l’ex-ministro s’aspettava di leggere. Prima delle righe finali, però, la relazione degli ispettori s’addentra in un groviglio di numeri e considerazioni tecnico-giuridiche che ad altri giudici e tra i membri del Consiglio superiore della magistratura fanno sorgere più di una perplessità. Il Csm potrebbe mettere sotto inchiesta proprio il lavoro degli ispettori ministeriali (magistrati anche loro) per verificare che non sia andato oltre il confine fissato dalle leggi. A supporto di questa ipotesi c’è un documento dell’Ispettorato, tenuto riservato, che sulla denuncia di Previti a proposito dei presunti misteri del fascicolo 9520/95 giungeva a tutt’altre conclusioni. O meglio, concludeva che non c’era niente da ispezionare, perché tutte le doglianze dell’imputato-deputato riguardavano questioni strettamente giurisdizionali, già al vaglio dei tribunali nei processi in corso e non di competenza amministrativa. Secondo gli ispettori Giacomo Paoloni e Matilde Camino si trattava di problemi attinenti all’interpretazione delle norme e dunque da lasciare al vaglio dei giudici; intervenire con un’indagine degli 007, inoltre, poteva comportare il rischio di un’interferenza sui procedimenti che si stavano celebrando.

Un parere che non è bastato a convincere il ministro Castelli, il quale ha affidato ad altri due ispettori il compito di «acquisire la documentazione» inutilmente rivendicata da Previti nelle aule di tribunale. Richiesta non esaudita per via del segreto istruttorio opposto da Boccassini e Colombo, al prezzo di una vera e propria «denuncia» disciplinare da parte degli 007 di via Arenula: quel segreto non si può invocare perché l’inchiesta è illegittima (mancherebbe la proroga del gip) e riguarda reati ormai prescritti.

Sul primo punto la replica è già pronta: la proroga c’è. E il secondo sarebbe, a sua volta, una questione interpretativa riservata ai giudici, non agli ispettori. Nella loro relazione, anche i nuovi inviati di Castelli (Monsurrò e Miller) ammettono che alcune delle questioni sollevate da Previti non sono di loro competenza proprio perché hanno a che fare con diverse possibili letture delle stesse leggi. Ma su proroga e prescrizione si addentrano nel merito e costruiscono l’accusa contro i due pm.

Secondo i difensori di Previti (e ora secondo gli ispettori) l’autorizzazione a proseguire le indagini concessa dal gip nel 1997 riguardava solo i fascicoli 3897/96 e 3899/96, a carico di ignoti, e non anche l’ormai famoso 9520/95 già contro noti ma rimasto aperto contro ignoti. Nell’ordinanza del gip Rossato del 1° settembre ’97, però, il magistrato scriveva nella premessa che «i due procedimenti 3897 e 3899 sono stati riuniti al procedimento 9520», e alla fine «autorizza il pm a proseguire le indagini preliminari nel procedimento indicato in premessa a carico di ignoti».

Per la Procura significava proroga per tutti i fascicoli citati nell’ordinanza (9520 compreso), ma oggi gli ispettori dicono di no. E aggiungono che in ogni caso i reati sarebbero prescritti. Ribattono molti addetti ai lavori che anche questa è una questione di stretta competenza giudiziaria, e non tocca agli 007 del ministero dirimerla. A parte il fatto che nell’inchiesta potevano emergere altri «concorrenti» nel reato di corruzione che non è prescritto, dev’essere un giudice a dire se per il reato ipotizzato si può ancora procedere oppure no.

E’ anche con queste dispute tecnico-giuridiche che si gioca la partita politico-giudiziaria dei processi milanesi. Grazie agli accertamenti voluti dal ministro della Giustizia del governo Berlusconi a dibattimento Sme ancora aperto, Previti ha potuto finalmente segnare un punto a suo favore. Al Csm, probabilmente, il verdetto si ribalterà a favore dei pubblici ministeri, anche se resta aperta l'ipotesi di un’azione disciplinare promossa dal ministro.

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