Da Corriere della Sera del 19/07/2003

Una giornalista di Panorama : «Non le pubblicammo perché la storia ci parve fasulla»

«Così ho dato agli americani quelle carte sull’uranio»

«Il materiale sul Niger mi era arrivato da una mia fonte estranea al servizio segreto militare»

di Fiorenza Sarzanini

ROMA - E’ una giornalista del settimanale Panorama la «fonte privata» che consegnò all’ambasciata americana a Roma il falso dossier sull’uranio. Lo fece su indicazioni del direttore Carlo Rossella che le aveva organizzato un incontro con funzionari della sede diplomatica, per verificare l’attendibilità del carteggio. Si chiama Elisabetta Burba e da anni si occupa di vicende internazionali. In questi giorni è in vacanza e spiega che mai avrebbe immaginato di trovarsi al centro di una vicenda che sta mettendo in grave difficoltà l’amministrazione Bush. «Questa storia - racconta - risale all’ottobre del 2002. Una mia fonte, che in passato si era rivelata attendibile, mi diede alcuni documenti sull’acquisto da parte dell’Iraq di una partita di uranio in Niger. Mi resi conto che poteva essere uno scoop mondiale, ma proprio per questo ero molto preoccupata. Se si trattava di una bufala e io l’avessi pubblicata avrei finito la carriera. Ne parlai con la direzione del giornale e cominciai ad effettuare tutte le verifiche possibili. C’erano diversi particolari che non mi convincevano e per questo decisi di andare in Niger».
Le circostanze quantomeno dubbie erano numerose. «Innanzitutto - spiega la giornalista - la quantità di uranio indicata nei documenti mi sembrava spropositata. Si trattava di oltre 500 tonnellate che dovevano partire da Niamey e arrivare sull’Atlantico, dove sarebbero state imbarcate su alcune navi. Non c’erano ulteriori indicazioni sui mezzi di trasporto, né sugli accordi per la consegna finale. Tornai dal Niger e spiegai al direttore che la storia mi sembrava fasulla. Decidemmo di lavorare ancora per cercare conferme e Rossella mi organizzò un incontro con alcune persone dell’ambasciata. Andai da sola e diedi loro il dossier. Nessuno mi disse più nulla e comunque la decisione di non pubblicare era già stata presa: non essendoci alcuna ulteriore possibilità di verificare l’attendibilità delle carte scegliemmo di non rischiare. Informai la mia fonte che non avrei scritto alcun articolo e quella vicenda per me finì nel dimenticatoio».
Mai avrebbe immaginato Burba che quel carteggio potesse finire tra le «prove» elencate da Bush nel suo discorso sullo Stato dell’Unione del 28 gennaio 2003, né tantomeno che sarebbe diventato la pietra dello scandalo che si sta abbattendo sulla Cia. In ogni caso esclude categoricamente che in tutta questa vicenda abbia avuto un ruolo il Sismi: «Non ho mai parlato con alcuno 007 e, pur non rivelando la sua identità, posso escludere che la mia fonte fosse un agente del servizio segreto militare. Con loro non ho avuto alcun contatto. Nessuno mi ha mai avvicinata e nessuno mi ha mai detto che quelle carte provenissero da Forte Braschi. Per quel che mi riguarda, posso assicurare che il Sismi non c’entra nulla. Adesso sono all’estero, ma nel prossimo numero di Panorama racconterò tutti i dettagli della vicenda».
A scagionare la nostra intelligence aveva già provveduto due giorni fa il Dipartimento di Stato americano negando che il dossier provenisse dai servizi segreti italiani e spiegando che a consegnarlo all’ambasciata era stata una «fonte privata». Un comunicato secco per chiudere una vicenda che nei giorni scorsi ha provocato infuocate polemiche tanto da convincere palazzo Chigi a smentire con una nota ufficiale che il Sismi avesse mai trasmesso documenti ad altri Paesi, essendosi limitato a «condividere con i Servizi alleati le informazioni acquisite sulla possibilità che l’Iraq avesse acquistato uranio in Niger».

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