Da Il Sole 24 Ore del 18/07/2003

«La storia dirà che la guerra era giusta»

di Mario Platero

WASHINGTON - George W. Bush e il primo ministro britannico Tony Blair hanno presentato ieri un solido fronte unito sulla vicenda dell'uranio del Niger destinato all'Irak, affermando che la questione è assolutamente minore nel contesto generale che ha portato alla decisione di fare la guerra contro Saddam Hussein. Non solo. «Crediamo che l'intelligence britannica in nostro possesso sia genuina», ha ribadito Blair nella conferenza stampa congiunta, confermando anche che in passato Saddam cercò uranio in Africa. E Bush, dal canto suo, non ha risposto in modo diretto quando gli è stato chiesto se si assumesse la responsabilità per le famose parole sull'uranio pronunciate nel discorso sull'unione: «Mi prendo la responsabilità - ha detto Bush - di aver deciso di mandare le truppe in Irak e di aver così rimosso un pericolo». Saddam, ha aggiunto, stava cercando di ricostituire un programma nucleare. L'intelligence americana sulle armi di distruzione di massa dell'Irak, ha ribadito Bush, era corretta: «Saddam Hussein era una minacca grave». I due leader infine sono stati uniti nell'affermare che la guerra al terrorismo in cui sono stretti alleati verrà vinta. «La ricostruzione dell'Irak sarà un compito difficile - ha ammesso Blair - ma è essenziale». Anche per riportare la pace in Medio Oriente. Insieme i due leader hanno discusso dei pericoli che si aprono davanti al mondo che ha appena cominciato la guerra contro il terrorismo globale che «proviene non dai Paesi maturi, ma da Paesi relegati nell'ombra dell'oscurità, dove non c'è libertà - ha detto Blair davanti al Congresso - dobbiamo essere pronti a combattere insieme nuove battaglie. Dobbiamo sapere che il pericolo di un connubio tra terrorismo e armi per la distruzione di massa è un pericolo reale. Se non sarà stato vero avremo liberato un popolo da un dittatore. La storia dirà che la guerra era giusta». Dopo gli attacchi feroci di cui il primo ministro britannico è stato oggetto nel Parlamento britannico, e dopo gli attacchi di cui è stato oggetto George W. Bush, i due leader hanno dunque puntato al rilancio della loro causa. Blair ha offerto una prestazione d'eccezione in Congresso. Ha aperto ricordando che la stessa medaglia che ha ricevuto ieri era stata data per primo a George Washington «per aver liberato l'America degli inglesi» e ha offerto un paio di altri classici esempi di humor britannico, ma sempre tornando al punto centrale del suo intervento, la sfida storica che attende America e Europa «che dovranno combattere insieme», ha detto. Blair ha anche parlato di Europa, si è impegnato a "cambiarla", ha ricordato che ci saranno nuovi Paesi membri l'anno prossimo con «cicatrici fresche della privazione della libertà», ha raccomandato al Congresso di «non abbandonare l'Europa» perché, ha promesso, «cambierà». Blair ha chiesto di vincere la pace in Irak dopo aver vinto la guerra e ha implorato il Congresso di non abbandonare la causa finale: «Finire la guerra non significa aver finito il lavoro. Abbiamo promesso all'Irak un governo democratico. Glielo daremo». Ma il punto centrale dell'intervento resta il riconoscimento di un ruolo centrale americano: «Il destino ha messo l'America davanti a una sfida storica. E noi dovremo essere al vostro fianco perché la battaglia è una battaglia per la libertà degli esseri umani». Blair ha ricordato che il nemico non dispone di potenti eserciti ma che ha un'arma importante, il caos: «Vogliono provocare reazioni, divisioni, crisi economiche, conflitti. Il rischio che il terrorismo si impossessi di armi di distruzione di massa è solo questione di prezzo». La sfida deve essere chiara contro i profeti dell'oscurità «che tradiscono i principi dell'Islam. Qualcuno dice che certa gente è felice di vivere in una dittatura. Credete davvero che una donna afghana sia felice di vivere sotto il giogo dei talebani? La mia risposta è no».

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