Da Famiglia cristiana del 20/07/2003
Il paese stretto nella morsa dei ribelli, nella capitale profughi e saccheggi
Sotto assedio
Oltre un milione di persone sono intrappolate a Monrovia. il presidente Taylor si dice pronto all'esilio, ma è ancora là. E intanto la gente soffre.
di Luciano Scalettari
La capitale Monrovia è ridotta a uno sterminato campo profughi. Migliaia di persone si accampano ovunque: un albero, una tettoia, un marciapiede, qualsiasi riparo è buono. Per le strade corrono all'impazzata solo i fuoristrada carichi di miliziani col kalashnikov in mano. I saccheggi non si contano, tutto ciò che poteva essere portato via è stato razziato, sia dai militari governativi – fedeli al presidente Charles Taylor –, sia dai ribelli del Lurd.
Le testimonianze che provengono dalla Liberia sono agghiaccianti. Più di un milione di persone sono intrappolate nella capitale, molti sono stremati dalla fame e dall'assenza di qualsiasi aiuto umanitario. Manca il cibo, l'acqua scarseggia, gli ospedali sono stracolmi.
Migliaia di sfollati si aggirano per la città in condizioni disperate. La martoriata Liberia, che da 13 anni subisce una feroce guerra civile (oltre 200.000 vittime), vive l'ennesimo drammatico capitolo della sua storia.
É probabilmente l'epilogo di questa guerra civile, che sì trascina a fasi alterne fin dal 1990. Fu allora che i signori della guerra (tra cui l'attuale presidente Taylor) spodestarono il feroce dittatore Samuel Doe che governava da 10 anni.
Da allora la Liberia non ha più avuto pace. Tra crisi belliche e tentativi di pacificazione la guerra si è trascinata fino al 1997, quando un fragile accordo di pace tra le fazioni consentì la celebrazione delle elezioni politiche. Vinse Taylor, che divenne presidente.
UN REGIME DI TERRORE
La pace durò solo due anni. Mentre nel Paese i pretoriani dì Taylor instauravano un vero regime del terrore, nel 1999 iniziava a operare nel Nordest il Lurd, un nuovo movimento di guerriglia. Ancora guerra civile, seppure "a bassa intensità". Nell'intricata realtà dell'Africa occidentale, mentre si difendeva dal Lurd, Taylor sosteneva il movimento di ribellione della confinante Sierra Leone, fornendo armi e logistica in cambio di ricche partite di diamanti (che hanno fruttato non poco alla leadership liberiana: secondo i dati diffusi dalla Banca nazionale svizzera, il patrimonio depositato nei conti elvetici ammonta a 1.300 milioni di curo).
Non a caso, il declino del regime di Taylor è cominciato con la pacificazione della Sierra Leone. Negli ultimi due anni i guerriglieri del Lurd hanno conquistato aree sempre più vaste della Liberia, mentre nel Sud prendeva vita un secondo gruppo di ribelli, il Model. L'esercito di Taylor si è trovato preso tra due fuochi, e negli ultimi mesi ha collassato. Il piccolo Paese africano (circa un terzo dell'Italia, tre milioni di abitanti) ormai è tutto nelle mani dei guerriglieri del Lurd e del Model.
Da più di un mese si combatte alle porte della capitale, e in un paio di occasioni i ribelli sono stati sul punto di conquistarla. È proprio l'assedio a Monrovia che ha fatto precipitare la situazione umanitaria. Ai residenti si sono aggiunti via via le decine di migliaia di sfollati che hanno cercato scampo sotto l'incalzare dei combattimenti. E ora un milione di persone è intrappolato in città.
Dal 27 giugno regge un precario "cessate il fuoco" deciso unilateralmente dai ribelli del Lurd. In città non si spara, ma, a quanto riferiscono i pochi missionari e operatori umanitari presenti, i saccheggi continuano. Intanto è diventato febbrile il lavoro della diplomazia internazionale. Sono in corso trattative ad Accra, in Ghana, per un accordo di pace e la formazione di un Governo di transizione. Nel frattempo, la Cedeao (la Comunità degli Stati dell'Africa occidentale) ha deciso l'invio di una forza multinazionale di 3.000 soldati, e il segretario generale dell'Onu Kofi Annan insiste perché vi si aggiunga un contingente americano (sul quale per ora George Bush non si è pronunciato).
L'APPELLO DELL'ARCIVESCOVO
La soluzione non è semplice: le pressioni su Taylor perché abbandoni il Paese lo hanno convinto ad accettare l'esilio in Nigeria. Ma sulla testa del presidente liberiano pende un mandato di cattura emesso dal Tribunale che si occupa dei crimini commessi in Sierra Leone, e la Corte ha già annunciato che non accetterà alcuna proposta di immunità a favore del presidente liberiano.
La trattativa rischia lo stallo: Taylor intende restare a Monrovia fino all'arrivo della forza d'interposizione; il presidente americano insiste sulla sua partenza immediata; le fazioni ribelli sono pronte a firmare la pace, ma a condizione che Taylor abbandoni il campo.
In questa complessa partita a scacchi l'unica a perdere è la popolazione liberiana, che continua a morire. In questi giorni è nuovamente intervenuto l'arcivescovo di Monrovia, Michael Francis: ha lanciato un appello perché si faccia presto a inviare i caschi blu. Per scongiurare la catastrofe.
Le testimonianze che provengono dalla Liberia sono agghiaccianti. Più di un milione di persone sono intrappolate nella capitale, molti sono stremati dalla fame e dall'assenza di qualsiasi aiuto umanitario. Manca il cibo, l'acqua scarseggia, gli ospedali sono stracolmi.
Migliaia di sfollati si aggirano per la città in condizioni disperate. La martoriata Liberia, che da 13 anni subisce una feroce guerra civile (oltre 200.000 vittime), vive l'ennesimo drammatico capitolo della sua storia.
É probabilmente l'epilogo di questa guerra civile, che sì trascina a fasi alterne fin dal 1990. Fu allora che i signori della guerra (tra cui l'attuale presidente Taylor) spodestarono il feroce dittatore Samuel Doe che governava da 10 anni.
Da allora la Liberia non ha più avuto pace. Tra crisi belliche e tentativi di pacificazione la guerra si è trascinata fino al 1997, quando un fragile accordo di pace tra le fazioni consentì la celebrazione delle elezioni politiche. Vinse Taylor, che divenne presidente.
UN REGIME DI TERRORE
La pace durò solo due anni. Mentre nel Paese i pretoriani dì Taylor instauravano un vero regime del terrore, nel 1999 iniziava a operare nel Nordest il Lurd, un nuovo movimento di guerriglia. Ancora guerra civile, seppure "a bassa intensità". Nell'intricata realtà dell'Africa occidentale, mentre si difendeva dal Lurd, Taylor sosteneva il movimento di ribellione della confinante Sierra Leone, fornendo armi e logistica in cambio di ricche partite di diamanti (che hanno fruttato non poco alla leadership liberiana: secondo i dati diffusi dalla Banca nazionale svizzera, il patrimonio depositato nei conti elvetici ammonta a 1.300 milioni di curo).
Non a caso, il declino del regime di Taylor è cominciato con la pacificazione della Sierra Leone. Negli ultimi due anni i guerriglieri del Lurd hanno conquistato aree sempre più vaste della Liberia, mentre nel Sud prendeva vita un secondo gruppo di ribelli, il Model. L'esercito di Taylor si è trovato preso tra due fuochi, e negli ultimi mesi ha collassato. Il piccolo Paese africano (circa un terzo dell'Italia, tre milioni di abitanti) ormai è tutto nelle mani dei guerriglieri del Lurd e del Model.
Da più di un mese si combatte alle porte della capitale, e in un paio di occasioni i ribelli sono stati sul punto di conquistarla. È proprio l'assedio a Monrovia che ha fatto precipitare la situazione umanitaria. Ai residenti si sono aggiunti via via le decine di migliaia di sfollati che hanno cercato scampo sotto l'incalzare dei combattimenti. E ora un milione di persone è intrappolato in città.
Dal 27 giugno regge un precario "cessate il fuoco" deciso unilateralmente dai ribelli del Lurd. In città non si spara, ma, a quanto riferiscono i pochi missionari e operatori umanitari presenti, i saccheggi continuano. Intanto è diventato febbrile il lavoro della diplomazia internazionale. Sono in corso trattative ad Accra, in Ghana, per un accordo di pace e la formazione di un Governo di transizione. Nel frattempo, la Cedeao (la Comunità degli Stati dell'Africa occidentale) ha deciso l'invio di una forza multinazionale di 3.000 soldati, e il segretario generale dell'Onu Kofi Annan insiste perché vi si aggiunga un contingente americano (sul quale per ora George Bush non si è pronunciato).
L'APPELLO DELL'ARCIVESCOVO
La soluzione non è semplice: le pressioni su Taylor perché abbandoni il Paese lo hanno convinto ad accettare l'esilio in Nigeria. Ma sulla testa del presidente liberiano pende un mandato di cattura emesso dal Tribunale che si occupa dei crimini commessi in Sierra Leone, e la Corte ha già annunciato che non accetterà alcuna proposta di immunità a favore del presidente liberiano.
La trattativa rischia lo stallo: Taylor intende restare a Monrovia fino all'arrivo della forza d'interposizione; il presidente americano insiste sulla sua partenza immediata; le fazioni ribelli sono pronte a firmare la pace, ma a condizione che Taylor abbandoni il campo.
In questa complessa partita a scacchi l'unica a perdere è la popolazione liberiana, che continua a morire. In questi giorni è nuovamente intervenuto l'arcivescovo di Monrovia, Michael Francis: ha lanciato un appello perché si faccia presto a inviare i caschi blu. Per scongiurare la catastrofe.
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