Da Famiglia cristiana del 29/06/2003

Ormai siamo alla paralisi e 1.400 progetti sono a rischio

E i paesi poveri si aiutino da soli

Da tempo le 164 Ong impegnate nel terzo mondo non ricevono fondi. Mentre il governo ha già stornato parte degli aiuti promessi per il 2003 ai militari impegnati in Irak.

di Alberto Chiara, Luciano Scalettari

La nostra Cooperazione allo sviluppo è un malato terminale «che rischia di soccombere a causa di un'improvvisa crisi cardiaca». Ricorre a una metafora medica, Sergio Marelli, presidente dell'Associazione delle Ong italiane, un "cartello" che raggruppa 164 organismi non governativi.
La lunga malattia è la paralisi che affligge da qualche anno la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del ministero degli Esteri, e che ora sta aggravandosi in modo irreparabile: nel 2003 la Farnesina non ha preso nemmeno in considerazione i 250 progetti presentati dalle Ong italiane.
Quanto alla crisi cardiaca, si tratta della decisione del Governo di "stornare" 308 milioni di euro dal bilancio della cooperazione per finanziare la missione militare italiana in Irak. Una cifra che dimezzerebbe il già magrissimo bilancio dell'aiuto italiano ai Paesi poveri. Questa decisione ha provocato una vera sollevazione nel mondo del volontariato e della società civile. Nei giorni scorsi, le Ong italiane hanno presentate un documento durissimo per denunciare la pesante situazione, e hanno rivolto un appello al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi perché non controfirmi il decreto che svuoterebbe le casse della Cooperazione italiana.
«Rappresento un mondo», spiega Marelli, «che, oggi, conta 1.400 progetti avviati un po' in tutto il mondo, 3.400 connazionali al lavoro in Italia e all'estero, 30.000 stranieri impiegati in Africa, America Latina, Asia ed Europa dell'Est grazie alle nostre iniziative di sviluppo». Ebbene, a questo esercito di operatori di pace, il Governo quest'anno ha più che dimezzato i finanziamenti. Non solo. Il documento delle Ong denuncia che siamo il fanalino di coda tra i Paesi ricchi nell'aiuto allo sviluppo, destinandovi solo lo 0,19 per cento del Prodotto interno lordo (Pil), mentre, su stimolo dell'Onu, ci siamo impegnati a raggiungere lo 0,7 per cento.
«Così non va», insiste Marelli. «Da un lato registriamo impegnative dichiarazioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il quale in diversi summit internazionali ha promesso che presto l'Italia destinerà addirittura l'1 per cento del Pil alla cooperazione, dall'altro facciamo i conti con una disarmante realtà».
«Le casse erano già praticamente vuote», prosegue Marelli, «e noi avevamo già chiesto un incontro urgente con il ministro degli Esteri Franco Frattini (senza per altro ricevere risposta) quando s'è appreso che il ministro dell'Economia Tremonti aveva deciso di "prendere" 308 milioni di euro (sui 617 destinati, nel 2003, all'aiuto allo sviluppo) per pagare la missione militare italiana in Irak».

I FONDI DEGLI AIUTI AI MILITARI?
«Una decisione che contrasta con il dettato della legge, giacché si vieta tassativamente di usare quei fondi per finanziare azioni direttamente o indirettamente collegate a iniziative militari», dice Marelli.
Insomma, quella dell'Irak è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. «Si era già alla catastrofe gestionale dell'aiuto allo sviluppo», dice Eduardo Missoni, per 16 anni esperto della Direzione generale della cooperazione e oggi docente universitario di Cooperazione allo sviluppo. «Il collasso era iniziato nel 2000, nell'ultima fase della scorsa legislatura. Questo esecutivo sta solo dando il colpo di grazia. Da tre amni regna il più totale disinteresse per l'aiuto allo sviluppo e si umiliano quotidianamente le professionalità esistenti, anche dentro la stessa Direzione generale. É uno dei motivi per cui l'anno scorso me ne sono andato».
Occorre sapere che il tempo medio tra la presentazione di un progetto e l'ottenimento di un contributo governativo supera i due anni. Inoltre, molte Ong attendono l'erogazione di fondi per attività realizzate nel 1997, alcune addirittura nel 1991. «Pur di non abbandonare a sé stessi i poveri del Terzo Mondo, ci si indebita con le banche e si fanno collette», dice Marelli. «Siamo ormai esposti per oltre 30 milioni di euro. Alcune Ong tra un po' rischiano di chiudere i battenti».
Gli organismi non governativi contestano anche la percentuale di fondi che il Governo sostiene di aver destinato alla cooperazione, cioè lo 0,19. Per raggiungere tale soglia, dicono, sono stati operati alcuni "artifizi contabili", conteggiando anche i contributi dati al Fondo globale dell'Onu contro malaria e Aids, nonché le somme derivate dalla cancellazione di alcune quote di debito estero dei Paesi poveri. Denaro che, con la cooperazione, non c'entra nulla. «Insomma», conclude Marelli, «c'è chi bluffa. È ora di finirla».

II GIALLO DEL MINISTERO DEGLI ESTERI
La reazione delle Ong e i dati forniti, tuttavia, hanno avuto un esito imprevisto. Ne sta nascendo un giallo. Infatti, nelle stesse ore in cui – il 19 giugno – le Ong denunciavano la sottrazione dei fondi, il ministro Franco Frattini scriveva a Sergio Marelli, assicurandogli il rapido sblocco dei progetti giacenti e la conferma dello stanziamento previsto nella Finanziaria. «Sono certo», scriveva il ministro Frattini, «che, con iniziative immediate di organi amministrativi del ministero dell'Economia, tali risorse saranno rese effettivamente e totalmente disponibili».
Il giallo sta nel fatto che lo storno dei fondi è già avvenuto, come provano i documenti che Famiglia Cristiana pubblica in queste pagine. Il 29 maggio 2003 il ministero dell'Economia e delle Finanze scrive alla Direzione generale per la cooperazione, precisando le nuove cifre a disposizione. I "tagli" sono stati decisi alla luce dell'«atto di indirizzo del 18 aprile 2003» (voluto del presidente del Consiglio per razionalizzare l'intera spesa pubblica), nonché in relazione al «decreto legge in corso di pubblicazione riguardante interventi a favore dell'Irak». Qualche soldo viene lasciato. Tempo un giorno e dal ministero retto da Tremonti parte un'altra lettera: i capitoli 2.182 (Cooperazione bilaterale) e 2.183 (Iniziative umanitarie d'emergenza) sono letteralmente azzerati.
«Nei prossimi giorni il giallo dovrà essere in qualche modo risolto», insiste Marelli. «Farà fede la decisione ufficiale e definitiva del Consiglio dei ministri. Nella stessa maggioranza c'è chi non intende lasciar correre. Il senatore della Lega Fiorello Provera, presidente della commissione Esteri del Senato, parla chiaro: «Ho già espresso profondo disappunto per questa iniziativa del ministro dell'Economia».

AIUTARE I PAESI POVERI CONVIENE
«Tremonti fa il suo lavoro, ma noi dobbiamo fare il nostro. II ministro deve capire che una buona e onesta politica di aiuto allo sviluppo è importante anche per essere credibili sul piano internazionale. Chi non vuol fare cooperazione col cuore, cioè per le più alte ragioni etiche e di giustizia, la faccia almeno col cervello: consideri che ridurre il divario tra i Paesi ricchi e quelli poveri dà un beneficio non solo a chi riceve, ma anche a chi dà».
«In ogni caso», conclude Provera, «Frattini mi ha assicurato personalmente che quei fondi della cooperazione non si toccano. Non solo. Si è detto favorevole a ragionare di nuovo di riforma della legge sulla cooperazione, che già doveva essere varata a fine della scorsa legislatura e che fu invece affossata. Ho pronto un disegno di legge che presenterò a giorni. La cooperazione, come si vede, è in agonia. Una nuova legge che la rilanci è quanto mai urgente».

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