Da Famiglia cristiana del 06/07/2003
L'Esortazione apostolica "Ecclesia in Europa" di Giovanni Paolo II
Col Vangelo l'Europa può fecondare il mondo
di Andrea Riccardi
Il dibattito sull'identità dell'Europa è davvero decisivo. C'è bisogno di dire a noi europei chi siamo e qual è la nostra identità, al di là delle rispettive appartenenze nazionali.
C'è bisogno di dire al mondo che cos'è l'Europa. Lo si è visto a proposito della recente crisi irachena, nel confronto con gli Stati Uniti. Per questo, l'Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II, “Ecclesia in Europa”, si inserisce in un dibattito importante.
La Chiesa sente di avere parecchio da dire sull'Europa. Tanti sono i temi toccati dal documento del Papa. L'Europa unita si misura con la divisione dei cristiani (nata anche in questo continente): l'ecumenismo resta quindi un impegno prioritario.
Veniamo da giorni in cui si è discusso se esplicitare il cristianesimo nel Preambolo della Costituzione europea. L'ipotesi non è stata accolta, anche se le Chiese sono state riconosciute come soggetti di dialogo in Europa.
Giovanni Paolo II ribadisce nel nuovo documento che il cristianesimo è una radice fondamentale del continente. Fin dall'inizio del suo pontificato, ha parlato di una grande e unica Europa. Sembrava un'utopia durante la guerra fredda, ma oggi è una realtà, attraverso l'Unione.
Certo l'Unione è distinta dalla grande Europa che comprende i Balcani, la Bulgaria, la Romania, l'ex Unione sovietica (tra cui la Russia). La Chiesa, in questo documento, guarda alla grande Europa, anche se considera l'Unione un'acquisizione decisiva.
L'Esortazione apostolica “Ecclesia in Europa” si riferisce al secondo sinodo sull'Europa, convocato dal Papa nel 1999: parla della missione dei cristiani nel continente e della funzione di questo nel mondo.
Da sempre Giovanni Paolo II pensa che l'Europa abbia il compito di essere promotrice di valori universali in tutto il mondo: l'Europa, dice, «deve essere un continente aperto e accogliente, continuando a realizzare forme di cooperazione non solo economica, ma anche sociale e culturale».
L'Europa non può chiudersi su sé stessa: il Papa sogna che il continente si faccia «parte attiva nel promuovere e realizzare una globalizzazione nella solidarietà». II lavoro per la pace è il primo appuntamento in questo senso.
L'Europa, dopo una storia di presenza nel inondo specialmente attraverso il colonialismo, si è ritirata su sé stessa nella seconda metà del Novecento. Ha perso parte della sua potenza, ma è divenuta – dopo il '45 e l'89 – un continente tutto democratico, composto da popoli liberi e (in misura diversa) prosperi. Questa è una grande opportunità per rilanciare la sua presenza sugli scenari del confuso e conflittuale mondo della globalizzazione. Ma in questa prospettiva ci si muove poco, con poca generosità e in modo confuso. E questo è un grave errore storico.
Non si può, soprattutto, dimenticare l'Africa che si fa vicina, non fosse altro, con l'immigrazione. Dietro agli sbarchi degli emigrati sulle nostre coste sta un corteo dolente che parte da tanti Paesi africani e che passa per i deserti.
Questa è una grande domanda di solidarietà, più grande di quella striminzita offerta dai nostri Paesi. L'Europa deve lavorare di più per la rinascita dell'Africa, perché non ha un diverso destino da quel continente.
La missione e la vita stessa dell'Europa – secondo il pensiero di Giovanni Paolo II – devono essere abitate dalla presenza viva dei cristiani con la comunicazione del Vangelo. Il Papa coglie nel cuore degli europei una grande domanda di speranza, nascosta nella rassegnazione. Il Vangelo – afferma Giovanni Paolo II – è il libro dell'Europa: «Chiesa d'Europa, entra nel nuovo millennio con il Libro del Vangelo», egli dice.
Nel vecchio continente libertà, democrazia, fede, promozione di valori universali formano un impasto ricco e complesso che può fecondare il futuro del mondo intero.
C'è bisogno di dire al mondo che cos'è l'Europa. Lo si è visto a proposito della recente crisi irachena, nel confronto con gli Stati Uniti. Per questo, l'Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II, “Ecclesia in Europa”, si inserisce in un dibattito importante.
La Chiesa sente di avere parecchio da dire sull'Europa. Tanti sono i temi toccati dal documento del Papa. L'Europa unita si misura con la divisione dei cristiani (nata anche in questo continente): l'ecumenismo resta quindi un impegno prioritario.
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Certo l'Unione è distinta dalla grande Europa che comprende i Balcani, la Bulgaria, la Romania, l'ex Unione sovietica (tra cui la Russia). La Chiesa, in questo documento, guarda alla grande Europa, anche se considera l'Unione un'acquisizione decisiva.
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L'Europa non può chiudersi su sé stessa: il Papa sogna che il continente si faccia «parte attiva nel promuovere e realizzare una globalizzazione nella solidarietà». II lavoro per la pace è il primo appuntamento in questo senso.
L'Europa, dopo una storia di presenza nel inondo specialmente attraverso il colonialismo, si è ritirata su sé stessa nella seconda metà del Novecento. Ha perso parte della sua potenza, ma è divenuta – dopo il '45 e l'89 – un continente tutto democratico, composto da popoli liberi e (in misura diversa) prosperi. Questa è una grande opportunità per rilanciare la sua presenza sugli scenari del confuso e conflittuale mondo della globalizzazione. Ma in questa prospettiva ci si muove poco, con poca generosità e in modo confuso. E questo è un grave errore storico.
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