Da Corriere della Sera del 30/07/2003
Energia dall’acqua, la grande scommessa
di Giovanni Caprara
Che il futuro energetico del pianeta sia nascosto prima di tutto nell’impiego dell’idrogeno, pochi ormai lo contestano. Una volta padroneggiata la tecnologia avremo automobili, frigoriferi, computer portatili o cellulari funzionanti con la nuova risorsa che non ha limiti di esaurimento come il petrolio. In teoria, da ogni goccia d’acqua potremmo ricavare energia. Arrivare all’ambito risultato è tuttavia una grande sfida perché anche se le conoscenze scientifiche di base esistono è necessario sviluppare una serie di tecnologie pratiche, sicure ed economiche oggi inesistenti. Tutto ciò è noto, ma finora i governi hanno fatto finta di niente. La logica del petrolio (o dei petrolieri) ha avuto il sopravvento. E forse non si è colto con la necessaria attenzione il fatto che a raccogliere la grande sfida sono stati per primi gli Stati Uniti. Nel gennaio scorso il presidente americano Bush ha annunciato una sorta di Progetto Manhattan per l’idrogeno «perché un bambino nato oggi - ha detto il presidente - possa salire su un’auto a idrogeno quando prenderà la patente». E alle parole sono seguiti i fatti; cioè l’investimento 1,7 miliardi di dollari in ricerche finalizzate allo sviluppo di un veicolo pulito.
Per sfruttare l’idrogeno è necessario realizzare delle celle a combustibile già impiegate da circa quarant’anni in diversi settori. Si tratta dunque di far evolvere una tecnologia esistente. L’Unione Europa, consapevole della sfida americana, ha approvato in giugno un piano che si proietta sino al 2030 immaginando, in una prima fase, il ricorso all’idrogeno prelevato da combustibili fossili. Ma purtroppo il sostegno economico garantito alla ricerca è ben inferiore a quello statunitense (da 300 a 600 milioni di euro) al quale le industrie europee possono attingere se intenzionate a lavorare nel campo. Inoltre l’Unione ha stipulato un accordo con gli Usa per studiare insieme alcune tecnologie specifiche.
Ma al di là di questo progetto quadro, nel Vecchio Continente si procede in ordine sparso, con scarso entusiasmo e poche risorse. L’auto pulita, lo sfruttamento dell’idrogeno e il conseguente rispetto degli accordi ambientali di Kyoto sono raggiungibili. Non con le parole, però, ma con veri investimenti.
Per sfruttare l’idrogeno è necessario realizzare delle celle a combustibile già impiegate da circa quarant’anni in diversi settori. Si tratta dunque di far evolvere una tecnologia esistente. L’Unione Europa, consapevole della sfida americana, ha approvato in giugno un piano che si proietta sino al 2030 immaginando, in una prima fase, il ricorso all’idrogeno prelevato da combustibili fossili. Ma purtroppo il sostegno economico garantito alla ricerca è ben inferiore a quello statunitense (da 300 a 600 milioni di euro) al quale le industrie europee possono attingere se intenzionate a lavorare nel campo. Inoltre l’Unione ha stipulato un accordo con gli Usa per studiare insieme alcune tecnologie specifiche.
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