Da Corriere della Sera del 30/07/2003
Auto ecologiche ma non solo
L’idrogeno unica chiave del futuro
di Carlo Rubbia
L'idrogeno gode oggi di un crescente supporto e popolarità, negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone soprattutto per gli autoveicoli a celle a combustibile, mossi direttamente dall'idrogeno. L'introduzione su vasta scala di un mezzo così innovativo di trasporto è un'avventura difficile e perigliosa, in quanto richiede simultaneamente sia lo sviluppo di un nuovo sistema di distribuzione sia di nuovi veicoli, ovviamente compatibili.
Sostanziali progressi tecnologici sono necessari per raggiungere gli standard attualmente offerti, in termini della disponibilità di rifornimenti, della distanza percorribile e così via.
L'idrogeno, così come l'elettricità, è solamente un "portatore" di energia: non disponibile in natura in quantità adeguate, deve essere prodotto a partire da altre fonti energetiche primarie. Esso è oggi estratto e utilizzato dall'industria chimica e petrolifera su larga scala (30 milioni di tonnellate all'anno nei Paesi industrializzati dell’area Ocse, sufficienti per alimentare ben 80 milioni di vetture), a partire dal gas naturale e a basso costo: alla produzione, esso costa meno della benzina, a parità di valori energetici. Nei Paesi Ocse la sua produzione assorbe oggi il 2% di tutta l'energia primaria, confrontato ad esempio col 7% del nucleare.
Ma perché tanto entusiasmo per l'idrogeno? La spiegazione è in tre vantaggi che gli conferiscono un grande valore "politico": 1) la sua combustione non produce emissioni, in quanto il prodotto finale è semplicemente acqua; 2) non produce anidride carbonica (CO2), almeno quando lo si utilizza; 3) può essere prodotto da svariate fonti energetiche e quindi riduce la dipendenza energetica estera, soprattutto dal petrolio. Tuttavia il problema delle emissioni nocive - in particolare ossidi di azoto, anidride solforica e particolato - associate al trasporto e alla produzione di elettricità, è sulla via di essere progressivamente risolto grazie ai vincoli normativi sempre più stretti e al costante progresso delle tecnologie.
Tali emissioni, a mio parere, non giustificherebbero, da sole, in termini economici, una rivoluzione come quella rappresentata dal progressivo passaggio all'idrogeno.
La principale motivazione è a mio parere da identificarsi con il problema del cambiamento climatico. Nel futuro le emissioni globali di CO2 dovranno declinare fortemente - ben più di quanto richiesto dal protocollo di Kyoto - al fine di stabilizzare il cambiamento climatico. A tale fine sono necessarie tecnologie radicalmente innovative. Quindi l' idrogeno va considerato principalmente come una valida soluzione a lungo termine per l'eliminazione dell’anidride carbonica. Ad esempio, un'automobile in media emette ogni anno una quantità di CO2 pari a ben quattro volte il suo peso. Non è questa una quantità straordinaria? Analisi correnti mostrano come una riduzione delle emissioni globali di CO2 del 30% (quanto dovuto all'intero settore dei trasporti), a partire dal 2040, porterebbero ancora la CO2 ad un livello pari a ben due volte la concentrazione pre-industriale, con un aumento del 300% degli effetti climatici da noi oggi sofferti.
Quindi, l'introduzione dell'idrogeno, per essere efficace, dovrà essere estesa anche alle applicazioni energetiche diverse dai trasporti, che assorbono i 2/3 dell'energia primaria. E' necessario puntare ad una vasta visione di un' «economia basata sull'idrogeno».
Che ciò sia lontano dall'essere un'utopia e cha sia invece effettivamente possibile è confermato dall'esempio dell'Islanda. Il governo islandese ha preso nel 1999 l'importante decisione di puntare progressivamente sulla graduale sostituzione dei combustibili fossili importati con l'idrogeno, prodotto localmente a partire dalla geotermia, con l'obiettivo di creare, a termine, un sistema paese energeticamente autosufficiente, integralmente basato sull' idrogeno e sull'elettricità. L'idrogeno, prodotto a partire dall'elettrolisi dell'acqua, sostituirà progressivamente l' importazione di combustibili fossili per i trasporti, la pesca e l’industria. Tale transizione, peraltro già iniziata, richiederà tuttavia tempi considerevoli per essere completata.
Grazie alla presenza della geotermia, l'Islanda ha caratteristiche uniche e favorevoli, non facilmente ripetibili altrove. Ciononostante è possibile proiettare l'esempio dell' Islanda sul nostro Paese, utilizzando opportunamente fonti rinnovabili. Non dimentichiamo che esistono, soprattutto nel Mezzogiorno, ampie risorse di energia rinnovabile associate al solare, che ci permetterebbero di puntare, specialmente sulle nostre isole, alla progressiva indipendenza energetica dai combustibili fossili, preservando al massimo le ricchezze ambientali sia dal punto di vista della qualità della vita sia da quello delle esigenze di un turismo di alto livello.
Le molteplici e coraggiose iniziative italiane che indicano la presenza di grandi potenzialità di ricerca andrebbero, seguendo l'esempio dell'Islanda, convogliate verso un vasto progetto diretto a realizzare un'«isola» basata sull'idrogeno in tutti i suoi impieghi.
Sostanziali progressi tecnologici sono necessari per raggiungere gli standard attualmente offerti, in termini della disponibilità di rifornimenti, della distanza percorribile e così via.
L'idrogeno, così come l'elettricità, è solamente un "portatore" di energia: non disponibile in natura in quantità adeguate, deve essere prodotto a partire da altre fonti energetiche primarie. Esso è oggi estratto e utilizzato dall'industria chimica e petrolifera su larga scala (30 milioni di tonnellate all'anno nei Paesi industrializzati dell’area Ocse, sufficienti per alimentare ben 80 milioni di vetture), a partire dal gas naturale e a basso costo: alla produzione, esso costa meno della benzina, a parità di valori energetici. Nei Paesi Ocse la sua produzione assorbe oggi il 2% di tutta l'energia primaria, confrontato ad esempio col 7% del nucleare.
Ma perché tanto entusiasmo per l'idrogeno? La spiegazione è in tre vantaggi che gli conferiscono un grande valore "politico": 1) la sua combustione non produce emissioni, in quanto il prodotto finale è semplicemente acqua; 2) non produce anidride carbonica (CO2), almeno quando lo si utilizza; 3) può essere prodotto da svariate fonti energetiche e quindi riduce la dipendenza energetica estera, soprattutto dal petrolio. Tuttavia il problema delle emissioni nocive - in particolare ossidi di azoto, anidride solforica e particolato - associate al trasporto e alla produzione di elettricità, è sulla via di essere progressivamente risolto grazie ai vincoli normativi sempre più stretti e al costante progresso delle tecnologie.
Tali emissioni, a mio parere, non giustificherebbero, da sole, in termini economici, una rivoluzione come quella rappresentata dal progressivo passaggio all'idrogeno.
La principale motivazione è a mio parere da identificarsi con il problema del cambiamento climatico. Nel futuro le emissioni globali di CO2 dovranno declinare fortemente - ben più di quanto richiesto dal protocollo di Kyoto - al fine di stabilizzare il cambiamento climatico. A tale fine sono necessarie tecnologie radicalmente innovative. Quindi l' idrogeno va considerato principalmente come una valida soluzione a lungo termine per l'eliminazione dell’anidride carbonica. Ad esempio, un'automobile in media emette ogni anno una quantità di CO2 pari a ben quattro volte il suo peso. Non è questa una quantità straordinaria? Analisi correnti mostrano come una riduzione delle emissioni globali di CO2 del 30% (quanto dovuto all'intero settore dei trasporti), a partire dal 2040, porterebbero ancora la CO2 ad un livello pari a ben due volte la concentrazione pre-industriale, con un aumento del 300% degli effetti climatici da noi oggi sofferti.
Quindi, l'introduzione dell'idrogeno, per essere efficace, dovrà essere estesa anche alle applicazioni energetiche diverse dai trasporti, che assorbono i 2/3 dell'energia primaria. E' necessario puntare ad una vasta visione di un' «economia basata sull'idrogeno».
Che ciò sia lontano dall'essere un'utopia e cha sia invece effettivamente possibile è confermato dall'esempio dell'Islanda. Il governo islandese ha preso nel 1999 l'importante decisione di puntare progressivamente sulla graduale sostituzione dei combustibili fossili importati con l'idrogeno, prodotto localmente a partire dalla geotermia, con l'obiettivo di creare, a termine, un sistema paese energeticamente autosufficiente, integralmente basato sull' idrogeno e sull'elettricità. L'idrogeno, prodotto a partire dall'elettrolisi dell'acqua, sostituirà progressivamente l' importazione di combustibili fossili per i trasporti, la pesca e l’industria. Tale transizione, peraltro già iniziata, richiederà tuttavia tempi considerevoli per essere completata.
Grazie alla presenza della geotermia, l'Islanda ha caratteristiche uniche e favorevoli, non facilmente ripetibili altrove. Ciononostante è possibile proiettare l'esempio dell' Islanda sul nostro Paese, utilizzando opportunamente fonti rinnovabili. Non dimentichiamo che esistono, soprattutto nel Mezzogiorno, ampie risorse di energia rinnovabile associate al solare, che ci permetterebbero di puntare, specialmente sulle nostre isole, alla progressiva indipendenza energetica dai combustibili fossili, preservando al massimo le ricchezze ambientali sia dal punto di vista della qualità della vita sia da quello delle esigenze di un turismo di alto livello.
Le molteplici e coraggiose iniziative italiane che indicano la presenza di grandi potenzialità di ricerca andrebbero, seguendo l'esempio dell'Islanda, convogliate verso un vasto progetto diretto a realizzare un'«isola» basata sull'idrogeno in tutti i suoi impieghi.
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