Da Avvenire del 26/01/2003
Il leader della Comunità di Sant’Egidio tra i “facilitatori” dei colloqui: «Va difesa l’esistenza delle entità statali africane»
Riccardi: il ruolo europeo è fondamentale. «Si è evitata in extremis la libanizzazione»
«Una crisi fermata in extremis. Con il rischio sempre più concreto di una “libanizzazione” della Costa d’Avorio e una frattura sempre più netta tra il nord e il sud».
Andrea Riccardi, tra i fondatori e leader della Comunità di Sant’Egidio, insieme ad altri membri dell’organizzazione romana è stato in questi giorni tra i "facilitatori" dei colloqui parigini. Il giudizio che esprime sull’accordo siglato venerdì, e rafforzato ieri dalla nomina del premier che guiderà il governo di unità nazionale, è di ottimismo. Anche se avverte che è sul campo che l’accordo va verificato».
Ma può bastare per disinnescare la crisi nata dal fallito golpe di settembre?
«L’intesa ha aspetti positivi fondamentali. Primo fra tutti l’impegno europeo e della Francia in prima persona che ha messo in campo tutto il suo peso politico. Come”facilitatori” possiamo inoltre affermare di aver riscontrato che la crisi — seppure nella sua gravità — nasce però in un tessuto sociale che si basa su un senso di identità nazionale molto forte. E la repentinità che ha segnato i colloqui ha evitato la disgregazione che avrebbe creato ulteriori incognite. Inoltre, la formazione di un governo forte è importante perla fase di “ricostruzione” che attende il Paese. Così come è importante che il presidente Gbagbo resti al suo posto: la sua cacciata sarebbe stata inconciliabile in un’intesa che ha ben presente la realtà della situazione ivoriana.»
Un’intesa dl pace forzata dalla Francia non riporta però ad un modello africano “vecchio”?
«Dobbiamo smetterla di pensare che la storia non passi. L’Intervento francese non è stato improntato con arroganza neo-coloniale,ma con responsabilità. La vecchia Africa è stata quella dei colpi di Stato, dei massacri, la vecchia Africa sopravvive dove si uccide ancora, dove non c’è la possibilità di lavorare. La vecchia Africa è quella che muore in Congo, in Liberia. E questo che va sconfitto, gli africani sono gli attori, ma questo non vuoi dire che dobbiamo lasciarti soli. Va difesa l’esistenza degli Stati africani, va preservata l’unità di territorio e amministrativa come servizio perla popolazione che vi abita. I Paesi poveri dell’Africa hanno bisogno dello Stato più di noi, senza un’entità di Stato vi è l’emigrazione e il risorgere delle conflittualità etniche.»
Anche la questione dell’«essere ivoriani» sembra sia stata sufficientemente sviscerata, questo è un altro lato positivo che può far ben sperare per l’intesa?
«In questi giorni abbiamo conosciuto i “ribelli”. Sono tutti giovani. Il lavoro che va fatto è quello della riconciliazione generazionale, del diialogo tra entità che hanno però ben presente il concetto di nazione. Un concetto troppo 1imitato dalla questione della cittadinanza. E’ stato affrontato proprio questo aspetto perché è paradossale l’esclusione dalla vita politica di persone che da 30 o quarant’anni vivono in Costa d’Avorio.»
In tutto questo l’Europa può quindi giocare un ruolo fondamentale?
«L’Unione europea deve avere un ruolo molto Forte. Sono stati lasciati soli per mesi e i risultati della crisi, anche in termini economici si sono sentiti. Questo è un Paese che ha grandi risorse umane. Riportare la sicurezza significa anche riportare Abidjan al suo ruolo di capitale della regione orientale francofona insieme a Dakar.»
Ma può bastare per disinnescare la crisi nata dal fallito golpe di settembre?
«L’intesa ha aspetti positivi fondamentali. Primo fra tutti l’impegno europeo e della Francia in prima persona che ha messo in campo tutto il suo peso politico. Come”facilitatori” possiamo inoltre affermare di aver riscontrato che la crisi — seppure nella sua gravità — nasce però in un tessuto sociale che si basa su un senso di identità nazionale molto forte. E la repentinità che ha segnato i colloqui ha evitato la disgregazione che avrebbe creato ulteriori incognite. Inoltre, la formazione di un governo forte è importante perla fase di “ricostruzione” che attende il Paese. Così come è importante che il presidente Gbagbo resti al suo posto: la sua cacciata sarebbe stata inconciliabile in un’intesa che ha ben presente la realtà della situazione ivoriana.»
Un’intesa dl pace forzata dalla Francia non riporta però ad un modello africano “vecchio”?
«Dobbiamo smetterla di pensare che la storia non passi. L’Intervento francese non è stato improntato con arroganza neo-coloniale,ma con responsabilità. La vecchia Africa è stata quella dei colpi di Stato, dei massacri, la vecchia Africa sopravvive dove si uccide ancora, dove non c’è la possibilità di lavorare. La vecchia Africa è quella che muore in Congo, in Liberia. E questo che va sconfitto, gli africani sono gli attori, ma questo non vuoi dire che dobbiamo lasciarti soli. Va difesa l’esistenza degli Stati africani, va preservata l’unità di territorio e amministrativa come servizio perla popolazione che vi abita. I Paesi poveri dell’Africa hanno bisogno dello Stato più di noi, senza un’entità di Stato vi è l’emigrazione e il risorgere delle conflittualità etniche.»
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