Da La Repubblica del 28/07/2003

Saddam sfugge ai marines

Era nascosto a Tikrit, gli americani arrivano in ritardo

di Attilio Bolzoni

BAGDAD — Era lì fino a poche ore prima. Era solo con le sue due o tre guardie del corpo più fedeli, protetto dal silenzio dei capi tribù tra quei villaggi e quelle piantagioni di datteri che da Tikrit scendono sino a Samarra. Era nascosto sul fiume, Saddam Hussein, in un tratto tortuoso del Tigri che è diventato ormai il suo ultimo rifugio. È braccato, gli americani fiutano il suo odore. Giorno dopo giorno sta cedendo anche quel muro di omertà che per quattro lunghissimi mesi ha coperto la sua latitanza. Il covo dove i marines sono piombati all’alba di domenica era ancora “caldo”, il raìs l’aveva abbandonato la mattina prima o addirittura la stessa notte. Insieme a quei pretoriani disposti a morire per lui e con lui. Una “spiata”, fatta arrivare all’intelligence Usa, stava portando le forze speciali della Quarta Divisione alla cattura del dittatore. Ammettono che «è sfuggito per un soffio». Ma Saddam non può essere andato molto lontano. È sempre lì, sulla costa sinistra del Tigri. In un’area lunga una settantina di chilometri e larga dieci nella provincia irachena di Salah Al Din. Gli americani non lasciano però cadere nessuna “soffiata” e cosi ieri hanno scatenato una nuova caccia nel quartiere di Al Mansour, a Bagdad. Anche lì era stato segnalato Saddam. Ci sono stati scontri e cinque iracheni uccisi. In mattinata era stato invece ucciso il quinto soldato americano in 24 ore, in un attacco compiuto una trentina di chilometri a sud della capitale.

Erano le cinque di ieri mattina, gli elicotteri d’attacco Apache sorvolavano a bassa quotale campagne e i blindati circondavano tre fattorie. Tre croci su una mappa, erano le casupole indicate da un misterioso informatore”. Da due giorni gli ufficiali del servizio segreto americano sapevano che Saddam era tra quei palmeti, poi hanno ricevuto l’ultima imbeccata: «Lo nascondono in una di queste case...». Nelle vicinanze giovedì e venerdì avevano arrestato una decina di feddayn, reparti speciali con il compito di garantire la sicurezza del raìs. Forse qualcuno di loro ha “parlato”. Certo è che i marines sono arrivati alle tre fattorie sul fiume a colpo sicuro. Si può fidare sempre di meno di chi gli sta accanto Saddam Hussein, gli americani stanno facendo il vuoto intorno. Non si sa ancora cosa. abbiano trovato dentro quelle case di campagna le forze speciali, le notizie che filtrano parlano soltanto di un raid fallito per una manciata di ore. I marines – come ha rivelato alle agenzie di stampa americane il colonnello Steve Russeil che guidava il commando del blitz – hanno fatto irruzione con un giorno di ritardo. C’era lui in una fattoria. E anche il capo delle sue guardie.

È sempre così per Saddam. C’è e non c’è. Lo faceva anche prima quando non era ricercato dagli americani, non diceva mai dove andava e soprattutto non restava mai nello stesso luogo più di qualche ora. Gli uomini che lo conoscono bene immaginano ogni mossa del raìs. Come fa Wafik Al Samarrai, che un tempo era il capo della polizia segreta militare e poi da oppositore del regime è riparato all’estero. In un’intervista a Le Figaro l’ex capo delle spie di Saddam spiega: «Si sposta al massimo con due o tre uomini, non usa telefoni satellitari per non farsi intercettare, gli ordini che deve mandare ai suoi fedelissimi li invia attraverso messaggeri che si muovono da una parte all’altra tra Tikrit e Samarra».

Secondo Waflk ancora oggi il raìs può far conto su un piccolo esercito, feddayn, personaggi del partito Baath, qualche ufficiale, i suoi gorilla e gente della sua tribù, in tutto una truppa scelta dagli 8 ai 15 mila uomini. Tutti sparpagliati nella provincia (il Salah Al Din, piccole formazioni di quattro o sei unità, cellule mai in contatto una con l’altra. Ben armati. Ancora ben riforniti di denaro, Ma in realtà, si ha l’impressione che Saddam non abbia accanto più tanti amici. E sulla sua vita da clandestino nell’Iraq che ha avuto in pugno per trentacinque anni, fioriscono leggende. Si racconta che vada in giro con una folta barba, lunga fin sotto il mento. Che indossi sempre il dishdasha, il tradizionale abito arabo dei beduini e nasconda il suo viso con la kefiah. Qualcuno azzarda pure che si sia già sottoposto a un’operazione chirurgica, una plastica facciale per far sparire quel volto che tutti avevano sempre davanti. Ma qualsiasi cosa abbia fatto Saddam per diventare invisibile, come ogni capo tribù di questo mondo arcaico è sempre nel suo territorio di origine che va a cercare rifugio. solo in quelle piantagioni dove è cresciuto che può avere una chance di sopravvivere. Ed è lì che sta adesso. Tra Tikrit e Samarra dove il Tigri scende a zig zag sfiorando i palmeti. Ed è lì che gli americani gli danno la caccia.

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