Da La Repubblica del 21/07/2003

La guerra delle parole

di Bernardo Valli

CHIUNQUE pratichi, o abbia praticato, questo mestiere, il giornalismo, ha un debole per la Bbc. Nell’era pre-informatica, prima dell’avvento del computer e del telefono satellitare, ovunque tu ti trovassi nel mondo, se riuscivi a infilarti nella giusta lunghezza d’onda la radio ti raccontava con chiarezza e semplicità quel che stava accadendo nei cinque continenti. Le notizie della Bbc erano (quasi) garantite: e se si rivelavano infondate era la stessa Bbc a informartene. Anche di recente, a Bagdad, durante la guerra, quelle rare volte in cui capitava di vedere un telegiornale occidentale, saltava agli occhi la superiorità della Bbc rispetto alle altre tv. Nelle sue trasmissioni c’era più sostanza e meno spettacolo. Erano più aderenti alla realtà che avevi sotto gli occhi. Erano più attendibili.

Adesso la Bbc è sotto accusa. I laburisti amici di Tony Blair, ed anche i suoi avversari conservatori, che non sopportano la tendenza progressista di Greg Dykes e Gavin Davies, direttore generale e presidente di quella che gli inglesi chiamano “zietta” (Auntie), scaricano, sulla televisione pubblicala responsabilità della morte di David Kelly. Il quale, non sopportando le pressioni e i sospetti sorti attorno alla sua persona, si è tolta la vita. La Bbc sarebbe colpevole di avere coinvolto il bravo, onesto scienziato, in qualità di informatore confidenziale, nelle trasmissioni che hanno denunciato le bugie del governo britannico sulle supposte armi di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein. Non solo di averlo usato, ma di averne poi nascosto l’identità quando sono esplose le polemiche sui particolari inventati dai collaboratori di Blair per rendere più piccante la pericolosità del regime iracheno, e quindi più urgente la guerra.

Ad esempio i famosi quarantacinque minuti” che sarebbero stati sufficienti a Saddam per usare le terribili armi, di cui non si è ancora riusciti a trovare le tracce.
Soltanto ieri, dopo la morte di Kelly, e in seguito alla prova che si era trattato di un suicidio, la Bbc ha deciso di rivelare che si, lo scienziato era la vera “talpa”, che era lui l’uomo che aveva fornito le informazioni agli autori dei servizi giornalistici sulle bugie del governo.
L’ammissione dei responsabili della televisione pubblica inglese è stata accolta come un colpo di scena. Come la confessione di una colpa. Perché non averlo detto prima, se lo stesso Kelly l’aveva sostanzialmente riconosciuto?
E il ministero della difesa, da cui Kelly dipendeva, l’aveva rivelato? E se lui, Kelly, era il solo informatore, a chi devono essere attribuiti i dettagli rivelati nelle trasmissioni, che Kelly ha negato di avere fornito? La televisione pubblica non deve cercare la conferma delle informazioni che diffonde, basandosi su almeno due testimonianze? E se ce ne sono, quali sono le altre fonti?

Gli interrogativi piovono sulla Bbc in queste ore. E la vendetta dei politici, che pensano di avere trovato una breccia nella sua credibilità. All’improvviso gli accusati si sono trasformati in accusatori. Le arringhe sono diventate requisitorie. L’ammissione della Bbc, giudicata tardiva, quindi colpevole, ha riportato il sorriso sulle labbra di Tony Blair. Come sei capi di imputazione si fossero alleggeriti, anzi si fossero rivolti contro gli autori.

Con la loro televisione pubblica, i cittadini britannici sono senza dubbio più esigenti degli europei continentali, e in particolare di quelli mediterranei. Hanno ragione. Loro se lo possono permettere. Ne é la prova la qualità della Bbc, la sua netta superiorità rispetto a quelle nostre, nazionali, pubbliche e private. E anche in questa drammatica occasione la Bbc è stata fedele alla sua tradizione.

Ha infatti avuto l’onestà di denunciare le menzogne del governo, anche se i suoi massimi dirigenti sono ritenuti vicini ai laburisti; e ha protetto fin che ha potuto l’identità dei suoi informatori (come è dovere di ogni giornalista), rendendola pubblica soltanto dopo la morte di Kelly e con l’autorizzazione dei famigliari.

Non è escluso che gli autori dei servizi giornalistici in discussione abbiano usato qualche parola di troppo e si siano dimostrati troppo generosi nel fornire dettagli sulle falsità elargite all’opinione pubblica britannica e internazionale da Tony Blair e dai suoi collaboratori. Ma non risulta finora che Blair e i suoi abbiano provato che le armi di distruzione di massa, da loro più volte denunciate e illustrate per giustificare la guerra, siano state trovate. Quindi le bugie restano. E a noi sembra che David Kelly, scienziato scrupoloso e uomo non assuefatto alla violenza delle polemiche politiche, sia stata vittima di quel grande bluff. Non una vittima della Bbc. Una commissione d’inchiesta, presieduta da un giudice Lord, proclamerà i vinti e i vincitori del conflitto che oppone il governo Blair e la Bbc. Una guerra di parole, che però conta già un morto, e che è un appendice non tanto insignificante della vera guerra ancora un corso in Iraq.

L’inchiesta deve stabilire ufficialmente le circostanze della morte di Kelly.
Come l’onesto scienziato sia stato spinto, dalle pressioni e dai sospetti, al suicidio. Chi è il responsabile della tragedia? Ma la risposta a questo interrogativo potrebbe stabilire di riflesso anche se Blair e i suoi hanno truccato le loro dichiarazioni per giustificare l’invasione dell’Iraq, o se invece sia stata la Bbc a truccare i suoi servizi giornalistici. Il verdetto del giudice Lord potrebbe insomma avere un peso politico determinante.

Potrebbe implicare le dimissioni dei dirigenti della Bbc. E in caso contrario, se la Bbc non dovesse risultare colpevole? Una televisione pubblica coraggiosa può provocare le dimissioni di un primo ministro? A noi, italiani, questo interrogativo appare irreale.

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