Da La Repubblica del 19/09/2003
Originale su http://www.repubblica.it/2003/i/sezioni/economia/finanziaria1/fantasie...

Fantasie contabili

di Massimo Riva

IL diabolico meccanismo della produzione di bugie a mezzo di bugie si stava surriscaldando da tempo: adesso si è rotto nelle mani dei suoi inventori. Infatti, ancora alta nell'aria l'eco delle spavalde dichiarazioni governative d'agosto sul pieno controllo dei conti pubblici, un sottosegretario ha presentato quasi di soppiatto al Parlamento la certificazione che nelle entrate tributarie del 2003 si è realizzato un buco di quasi dieci miliardi rispetto agli incassi stimati nel bilancio di previsione. L'annuncio è davvero sconvolgente se si tiene conto che nel budget di quest'anno era stato preventivato un gettito straordinario da condono di circa cinque miliardi che, invece a consuntivo, sono diventati addirittura tredici. Messe in fila queste cifre risulta che il calo delle entrate ordinarie va calcolato nell'ordine dei diciotto miliardi di euro: un paio di più del valore complessivo della manovra che il governo si accinge a definire per il 2004.

Per giustificare un simile sfondone di previsione il ministero dell'Economia ha tirato in ballo un fattore oggettivo - la netta frenata della crescita economica - che però chiama in causa una colpa o, forse meglio, un dolo soggettivi. L'enorme errore di stima sulle entrate si spiega, infatti, col particolare che il bilancio di previsione è stato costruito immaginando un aumento della ricchezza nazionale del 2,3 per cento che, viceversa, sarà forse dello 0,4. Per mantenere l'auspicato livello di gettito fiscale a dispetto di questo divario ci sarebbe voluto un miracolo. Ma questi li fanno solo i santi, cioè personaggi un po' diversi dai visionari che si ritrovano al tavolo del Consiglio dei ministri. E questo è il punto cruciale: quello di ipotizzare una crescita superiore al due per cento non è stato un serio calcolo economico, ma un puro esercizio di fantasia, concepito fuori da ogni riscontro con la realtà della congiuntura interna e internazionale. Il tutto, per giunta, al fine bassamente strumentale di far quadrare conti che non tornavano e che, quindi, avrebbero richiesto una terapia ben più seria e agguerrita.

In altre parole, al Paese si è voluto nascondere lo stato effettivo dei conti pubblici perché questa verità sarebbe stata difficile da gestire sul piano politico e avrebbe platealmente contraddetto le promesse di Bengodi diffuse, giorno dopo giorno, dal presidente del Consiglio con sorrisi a sessantaquattro denti.

Ora che la frittata è fatta ed è sotto gli occhi di tutti, c'è da chiedersi come mai il ministero dell'Economia si sia rassegnato a gettare la maschera soltanto adesso - in singolare concomitanza con il vertice di maggioranza sulla Finanziaria 2004 - mentre l'errore di previsione sulla crescita del Pil e quindi anche sul buco nelle entrate fiscali era ormai evidente da tempo.
Circola in proposito una spiegazione tutta interna alla logica dei difficili rapporti che agitano le acque della Casa delle libertà: il ministro Tremonti avrebbe scelto di scoprire (finalmente!) le carte sul pessimo andamento dei conti per arginare gli assalti alla diligenza dei partiti di governo. Difatti, la riunione di ieri si è risolta nella replica della solita sceneggiata: da una parte, gli esponenti di An che reclamano soldi per il Mezzogiorno, quelli dell'Udc che chiedono aiuti alle famiglie e alla scuola privata, quelli della Lega che difendono ad oltranza le pensioni d'anzianità; dall'altra parte, il ministro Tremonti che risfodera il classico "bambole, non c'è una lira" dei bei tempi dell'avanspettacolo. Spalleggiato, per l'occasione, da un Silvio Berlusconi d'improvviso vestito coi panni d'Arpagone.

Forse non è un caso che un autorevole esponente della maggioranza abbia sintetizzato il clima del vertice di ieri in modo lapidario: "Una tragedia".

Poi, certo, nei prossimi incontri una manovra verrà in qualche modo rabberciata, ciascun questuante riuscirà a spuntare un'elemosina per i suoi elettori, si troverà qualche briciola da distribuire nel Sud e qualche altra da offrire ai vecchi bisognosi o ai neonati. Ma, per esempio, c'è il fondato dubbio che i cinque o sei miliardi promessi come incentivi allo sviluppo economico, in pratica, non saranno altro che rifinanziamenti quasi obbligati di vecchie leggi di spesa: insomma, l'ennesimo tentativo di spacciare lucciole per lanterne.

Alla fine, in ogni caso, a chiudere la partita provvederà l'ottimo Tremonti nel modo che gli è diventato ormai congeniale: facendo salire a consuntivo quel disavanzo di bilancio che, in principio d'anno, ci si impegna solennemente a ridurre. Per il 2004 si era appena annunciato l'obiettivo dell'1,8 per cento sul Pil e già ora si fa sapere che si prevede un 2,1.

Quanto all'anno in corso nebbia ancora più fitta, nonostante si sia a quasi tre quarti dell'anno: si doveva stare attorno al due, mentre ora si ammette ufficiosamente il 2,6 per cento. Ma, alla luce del buco nelle entrate, appare assai probabile un avvicinamento a quella fatidica soglia del tre per cento oltre la quale scattano le sanzioni dell'Unione europea. Sanzioni che per un paese indebitato sopra il cento per cento del Pil scatterebbero senza l'indulgenza mostrata da
Bruxelles verso paesi, come Francia e Germania, in quanto hanno debiti ancora sulla linea fissata dalle regole europee.

Il vertice di maggioranza sulla Finanziaria sarà anche stato una tragedia per quei protagonisti, che hanno tardivamente scoperto l'amara realtà contabile nascosta dietro le fatue promesse dell'accoppiata Berlusconi-Tremonti. Ma il vero e più doloroso dramma è quello che ora incombe su un paese, dapprima illuso e poi disingannato, che vede gli autori della terribile beffa denunciare platealmente la propria incapacità a riconoscere gli errori commessi e, quindi, a porvi il necessario rimedio. Col serio pericolo che anche la Finanziaria 2004 sia l'ennesimo frutto di una fantasia contabile lontana dalla verità ovvero una manovra concepita solo per riparare e rimettere in moto l'abusato meccanismo della produzione di bugie a mezzo di bugie.

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