Da Corriere della Sera del 25/09/2003

«Nessun margine per cambiare, voto a malincuore»

«I due problemi principali sono sul Sic e sulla privatizzazione della Rai, che è del tutto virtuale. Poi riconosco che questo testo rischia di sbilanciare ancora di più il rapporto tra tv e carta stampata»

di Dario Di Vico

ROMA - «Ci sono passaggi politici che si attraversano con spavalderia e altri con difficoltà, disagio e qualche volta con tormento. La legge Gasparri appartiene alla seconda categoria». Il segretario Marco Follini ha appena terminato la riunione dell'ufficio politico dell’Udc, dove è stato deciso di non presentare emendamenti e di votare il provvedimento così come è uscito dal Senato.

Disagio, tormento... voterete dunque una brutta legge?
«La legge ha i suoi pro e suoi contro. Si sforza di ragionare sulla convergenza tra i media e cerca di accompagnarla. Non è poco. In più ha tutti i requisiti di costituzionalità, non è una dichiarazione di guerra alla Corte né è una smentita al messaggio del presidente della Repubblica».

E i contro?
«Due sono i limiti più evidenti: il Sic, il sistema integrato della comunicazione e la privatizzazione della Rai. Il Sic è una torta troppo grande e con troppi ingredienti dentro. Avrebbe dovuto essere più piccola e confezionata con una ricetta diversa. Quanto alla Rai, il percorso che porta alla privatizzazione è del tutto virtuale».

E il digitale terrestre? Lei crede davvero che si aprano nuovi spazi di pluralismo?
«E' più un auspicio che una certezza, ma oggi siamo tutti aggrappati agli auspici».

Il professor Cassese ha sostenuto che maggiori certezze sul passaggio al digitale potrebbero evitare un ulteriore intervento della Consulta.
«Non vedo margini politici per cambiare il testo. Lo dico a malincuore, ma è così».

Il Sic è stato criticato da molti. Perché il governo non ha voluto prendere in considerazione questi rilievi?
«Siamo alla terza lettura. E nel corso delle precedenti battaglie parlamentari si sono formati due schieramenti "militari", ognuno con le proprie bandiere al vento. E' stato difficile ragionare sul merito. Lo si vede in questi giorni, la maggioranza affronta il voto a Montecitorio come se chiedesse la fiducia e la sinistra progetta girotondi attorno al ministro Gasparri».

Scorporare le telepromozioni dal tetto pubblicitario non sarebbe stato eversivo.
«Eversivo certo no. Ma nei fatti l'Udc si è trovata di fronte a un bivio: cercare di migliorare la legge in terza lettura o approvarla così com'è pagando un obolo per la stabilità del governo. Abbiamo preso la decisione politica più responsabile, anche sapendo che non era la più popolare. Persino un emendamento oggi farebbe slittare l'approvazione della legge, il calendario delle Camere da qui alla fine dell'anno è fitto».

Quando nacque il governo si parlò di lei come ministro delle Comunicazioni. La legge Follini come sarebbe stata?
«Ho avuto la singolare fortuna di non fare il ministro e da allora ho smesso di pensare a come avrei confezionato una legge sull’emittenza».

Passata la Gasparri, la carta stampata sarà più debole nei confronti della tv. Lo considera un problema?
«L’emendamento che ha protratto al 2008 la norma asimmetrica che vieta ai gruppi televisivi di acquistare nuovi giornali è stato voluto dall'Udc. Poi riconosco che in Italia il rapporto tra tv ed editoria è particolarmente sbilanciato e questa legge rischia di sbilanciarlo ancor di più. Aggiungo che ciò fa parte di quella categoria di problemi che esigono una soluzione».

In molti sono convinti che l'Udc abbia scambiato "la primogenitura" con un piatto di lenticchie Rai.
«Non sono così pirata da fare uno scambio tra una legge e un interesse di bottega, né così maldestro da scambiare una legge importante con un pugno di nomine irrilevanti».

I capiredattori regionali forse saranno irrilevanti, ma il nuovo Cda Rai...
«Se cambiano i criteri di nomina del Cda è evidente che cambino anche le persone. Sono stato nel Cda Rai per sette anni e so quanto pesino le presenze politiche in consiglio. La Rai ha una conformazione che risente un po' troppo del vento che tira nel Palazzo ma risente molto meno della presenza di un consigliere amico».

L'articolo 20 prevede che il presidente Rai debba essere votato anche dai parlamentari di centro-sinistra della commissione di Vigilanza. Così vi siete aperti la strada a un presidente di area Udc?
«Abbiamo aperto la strada a un presidente di garanzia. E sarà più facilmente terzista che centrista».

Vi siete assicurati il ricambio alla direzione generale Rai al posto di Cattaneo?
«Non sono un ghigliottinatore».

E' vero, però, che in vista delle Europee, vi lamentate di avere poco spazio sul video?
«Siamo visibili in Rai come tutti gli altri partiti, né di più né di meno del nostro peso elettorale. La presenza in tv è la conseguenza del consenso politico acquisito e non il presupposto. Non rovescerei il rapporto di causa ed effetto».

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