Da Il Sole 24 Ore del 23/09/2003

Bush e Chirac cercano un'intesa

di Mario Platero

NEW YORK - Si dice che le Nazioni Unite contino poco nel nuovo ordine mondiale gestito dalla superpotenza americana. Ma oggi, nella coreografia dell'Assemblea Generale, il ruolo centrale per una ricucitura transatlantica e per una soluzione al problema iracheno passa per il Palazzo di Vetro. Sarà oggi che il presidente degli Stati Uniti George W. Bush confermerà al mondo che la sua decisione di attaccare l'Irak e defenestrare Saddam Hussein era assolutamente corretta e legittima. Sarà dallo stesso podio che, poco dopo, il presidente francese Jacques Chirac affermerà esattamente il contrario, e cioè che il regime di Saddam Hussein avrebbe dovuto essere rimosso soltanto attraverso l'intervento legittimo dell'autorità multilaterale delle Nazioni Unite, intervento respinto dagli Usa. E sarà qui a New York, subito dopo i discorsi, che Jacques Chirac e George W. Bush si incontreranno a quattr'occhi per discutere della nuova risoluzione sull'Irak proposta in Consiglio di Sicurezza dagli Stati Uniti. E per cercare di ricostruire un rapporto di alleanza che proprio sui banchi delle Nazioni Unite si è andato sgretolando negli ultimi mesi, fino a creare una vera e propria crisi transatlantica e una spaccatura in Europa. Non è detto che riusciranno a cogliere entrambi, o addirittura uno soltanto degli obiettivi. Il problema centrale resta quello dei tempi necessari a gestire il trasferimento dei poteri dagli Stati Uniti a un legittimo governo iracheno. Chirac, in un'intervista concessa al «New York Times», ha anticipato di essere venuto agli incontri del Palazzo di Vetro con le migliori intenzioni. E ha sottolineato che «a meno di una provocazione» la Francia non ricorrerà al diritto di veto per bloccare la proposta americana. Il presidente francese tuttavia ha anche detto che così come è formulata, la risoluzione non riscuote l'approvazione francese e che dunque i suoi rappresentanti alle Nazioni Unite potrebbero astenersi. Chirac è stato chiaro nelle sue richieste: vuole un passaggio immediato dei poteri all'Irak e in particolare al Governo provvisorio. Il presidente francese accetta che in una prima fase questo trasferimento possa essere puramente simbolico, ma chiede garanzie e scadenze precise, fra i sei e gli otto mesi, per la scrittura di una costituzione e per una chiamata alle urne del popolo iracheno. Bush, in un'intervista concessa alla rete «Fox», ha risposto che i tempi previsti dai francesi potrebbero essere troppo stretti, e ha comunque escluso che il governatore americano in Irak, Paul Bremer, possa accettare una erosione dei suoi poteri o che le Nazioni Unite possano assumere un ruolo di leadership operativa. Le posizioni dunque restano distanti. Il pericolo è di chiudere lo spiraglio aperto dal segretario di Stato Colin Powell. Powell aveva formulato una risoluzione che sul piano della sostanza allargava il ruolo dell'Onu in materia di supervisione elettorale e di impostazione della nuova costituzione irachena, ma su quello del diritto manteneva invariato il ruolo di controllo amministrativo e militare affidato a Bremer. L'augurio era che la Francia la Russia e la Germania accettassero il compromesso in nome di un recupero dell'unità all'intero del Consiglio di Sicurezza. Non è detto che questo, alla fine, non accada. Se Bush e Chirac si incontrano è proprio per discutere di un compromesso. Forse il presidente americano accetterà di introdurre scadenze, magari flessibili, per una restituzione dell'Irak agli iracheni e forse Chirac accetterà di chiudere un occhio sulla mancata rinuncia americana a cedere i poteri all'Onu. Ma lo scenario più probabile è che, alla fine, l'America riuscirà a ottenere l'approvazione della risoluzione con una semplice maggioranza di nove voti invece che all'unanimità. Soprattutto, cercherà di conquistare il voto russo, per dare maggiore credibilità all'iniziativa e rompere il fronte organizzato dai francesi.

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