Da Corriere della Sera del 29/09/2003

Una notte tutti insieme come a New York

di Beppe Severgnini

Sarà che siamo fatalisti, e non ci stupiamo più di niente. Sarà che abbiamo conosciuto guai peggiori (terremoti, governi tellurici). Sarà che nelle emergenze diamo il meglio di noi (i problemi, semmai, li abbiamo con l'ordinaria amministrazione). Sarà quel che volete. Fatto sta che il blackout è stato accolto da quasi tutti gli italiani con una sorta di distacco filosofico. Certo: c'è chi ha sofferto e chi s'è arrabbiato, chi non ha capito (quasi tutti) e chi ha imprecato (parecchi). Ma pochi si sono lasciati prendere dal panico; molti si sono arrangiati con buon senso, alcuni con buonumore. La prima forma di «protezione civile» scatta sempre nella nostra testa, e la famosa battuta di Eduardo De Filippo mai come in quest'occasione s'è rivelata calzante: Adda passa' a nuttata , «deve passare la nottata». Poi, vediamo.

Guardate queste fotografie: la mamma che scalda il latte a lume di candela, il fornaio che impasta arrangiandosi come può, la gente tranquilla in fila davanti a una fontana. Sono le istantanee di un Paese che, ormai, ha imparato una cosa: protestare, in certe situazioni, è solo una perdita di tempo e uno spreco di fiato.

Già da oggi assisteremo al solito spettacolare scambio di accuse (se lo scaricabarile fosse una specialità olimpica, vinceremmo tutte le medaglie). Quella di ieri è stata però giornata d'irritazione composta. In alcune parti d'Italia, dove il blackout s'è ridotto a una radio-sveglia che lampeggiava e a una doccia che tossiva, non è accaduto neppure questo.

Non è rassegnazione, la nostra. E' un'accettazione del dato di fatto (gli italiani, come gli inglesi e i cinesi, sanno essere realisti). Un'atarassia mescolata al gusto per un happening quasi newyorkese. A Roma il blackout è stato, per molti, il contrappasso cromatico della «notte bianca» veltroniana. In molte parti d'Italia s'è rivelato un modo per ritrovarsi insieme e scoprire che, tutto sommato, ci sopportiamo.

L'interruzione della fornitura elettrica ha ricordato le giornate dell'eclisse, nell'agosto 1999, o la torrida estate appena trascorsa. La difficoltà si trasforma in rito collettivo: e in Italia non ne abbiamo molti. L'avvenimento insolito diventa argomento di conversazione. Qualcosa di cui tutti possono parlare con tutti, e un parere vale l'altro (come per il calcio e la televisione).

In una terra dove ognuno si fa gli affari propri (e quelli della sua famiglia, banda, gruppo, corporazione), il blackout diventa un'esperienza condivisa. Una nazione che alza gli occhi solo quando è esasperata e impotente, ieri l'ha fatto per controllare se i lampioni si riaccendevano. E' una novità, no?

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