Da La Repubblica del 02/10/2003
Originale su http://www.repubblica.it/2003/i/sezioni/politica/gasparri1/scudo/scudo...

Lo scudo del Cavaliere

di Curzio Maltese

ALL'UNA e mezzo, quando la maggioranza si è dissolta sull'emendamento che proibisce l'uso dei bambini negli spot, il Parlamento è esploso in un boato da stadio. Ma la festa è durata poco. A meno di improbabili rivoluzioni la legge Gasparri-Mediaset, specie di monumento equestre al conflitto d'interessi, è soltanto rinviata di uno o due mesi.

Sarà comunque approvata in tempo per scongiurare l'invio sul satellite di Emilio Fede e Retequattro, previsto dalla Corte Costituzionale per il 31 dicembre. Poi, certo, è sempre possibile che il presidente Ciampi, consultati i costituzionalisti e il proprio messaggio dell'anno scorso, decida di non firmarla. Ed è probabile che presto o tardi l'antitrust europeo, vista l'inutilità di quello italiano, intervenga per salvare uno straccio di pluralismo in Italia, nel nome del mercato se non della democrazia.

Al momento però i giochi sembrano fatti. A giudicare dalla giornata di ieri, sbaglia chi si illude che il governo Berlusconi possa cadere per litigi o nuovi ribaltoni. Bastava guardare il presunto frondista Fini fare il capomanipolo in Transatlantico, chiamando all'adunata i berluscones allo sbando. Oppure ammirare il ritrovato spirito di gruppo e un po' da caserma fra onorevoli padani e i "vecchi democristiani", pur responsabili per Bossi del fallimento del Paese.

Nel Parlamento del '94 una legge come questa, tagliata come un vestito sul corpo del re, avrebbe aperto voragini nella maggioranza. Qui c'è stata soltanto qualche piccola imboscata senza esito. L'unica riuscita, sui bimbi da spot, è parsa alla fine un dispetto da maggiordomi.

Nel manuale per la servitù in vigore nella cosiddetta Casa delle Libertà, è contemplata la facoltà minima di sputare ogni tanto nel piatto del padrone, alzare la voce, simulare una fronda giornalistica o politica, minacciare l'abbandono della poltrona e perfino avanzare qua e là un dubbio etico. Poi, all'ora di pranzo, tutti tornano alla tavola del padrone, ciascuno al suo posto.

Se il governo cadrà, non sarà per i contrasti interni ma per quelli con l'esterno, che cominciano a essere un po' troppi, dai sindacati agli industriali. La legge Gasparri è in tal senso un capolavoro alla rovescia. E' riuscita a scontentare tutti gli editori (eccetto Mediaset), compresi quelli di destra. Si aspettavano che Berlusconi, lungi dal fare gli interessi del popolo, avrebbe almeno fatto quelli dei colleghi. "Invece pensa soltanto a se stesso", commentava fuori Montecitorio un lobbista deluso.

Dal punto di vista etico e giuridico, la Gasparri è un passo oltre il condono. Qui l'abuso dell'etere compiuto da Mediaset (e già condannato dalla Consulta) non soltanto viene perdonato gratis. Ma addirittura premiato e incoraggiato, abolendo per il futuro ogni limite antitrust con il trucco di moltiplicare i pani e i pesci delle risorse calcolate. Da un punto di vista democratico, si tratta di una legge da regime, in un'epoca dove il pluralismo dei media e in particolare delle televisioni vale almeno quanto il pluralismo dei partiti.

Queste cose le sanno anche quelli che la legge Gasparri l'hanno votata. Non ne trovi uno che la difenda davvero. In compenso non si contano i "vecchi democristiani" che sputano veleno nel piatto del padrone e della legalizzazione forzata del conflitto d'interessi, unica vera missione dell'avventura politica di Berlusconi.

Leghisti che ricordano di quando Bossi voleva far incriminare Berlusconi per "ricostituzione del partito fascista attraverso le televisioni": quattro anni fa, non un secolo. Alleati nazionali che s'indignano per la performance del camerata Gasparri in veste di avvocato degli interessi televisivi del premier. In privato, naturalmente. Appena suona la tromba del messo reale, tutti si mettono sull'attenti.

Il patto segreto della maggioranza è che si può discutere e magari litigare sulle pensioni, la sanità, la scuola e la famiglia, l'Europa, la devolution e l'energia per poi decidere di non far nulla e tirare a campare. Quando però si tratta del corpo del re, di salvarlo dai processi e garantire le aziende televisive, allora la maggioranza si fa scudo stellare.

Perché tutti capiscono che questo governo non cadrà mai su una grande scelta strategica. Al massimo può andare in rovina il Paese. Mentre sui processi e sulle televisioni basta un attimo di distrazione e si va tutti a casa, con i loro portaborse, le auto blu, la pensione garantita, i valletti e le vallette.

Se soltanto ieri fosse passato un emendamento dell'opposizione sul calcolo dei tetti pubblicitari, invece di quello economicamente irrilevante sui bambini, oggi saremmo a discutere del dopo Berlusconi. È una maggioranza appesa al Sic, un modo bizzarro di passare alla storia. Il resto conta poco. L'Europa è sempre più lontana e anche l'America. Il sindaco di New York, Bloomberg, appena eletto si è sbarazzato della sua piccola televisione economica. Il premier italiano, padrone di mezza editoria, si sta sbarazzando dell'altra metà.

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