Da Corriere della Sera del 02/11/2003

E in Afghanistan si combattono tre guerre

di Marcella Emiliani

Ci vuole una manciata di morti americani per ricordare al mondo che esiste l'Afghanistan e in meno di una settimana di soldati Usa a quelle latitudini ne sono morti tre in combattimenti al centro sud e nel sud-ovest, provincia di Helmand. Abbattuto il regime dei Talebani, con Bin Laden probabilmente ancora nascosto tra i monti di Tora Bora a ridosso del Pakistan, il mondo non prova più interesse per un Paese che è ben lontano dall'essere pacificato.

Semmai, con la guerra promossa dagli Stati Uniti come risposta agli attentati dell'11 settembre 2001, la situazione si è ulteriormente complicata e di guerre in Afghanistan oggi se ne combattono addirittura tre: la prima è quella che oppone il governo Karzai e i circa 11.500 militari della Forza di peacekeeping internazionale (Isaf) - guidata ufficialmente dalla Nato ed effettivamente dagli Usa - a quanto resta dei Talebani, che lungi dall'essersi squagliati al sole, continuano la loro "resistenza" al fianco di Al Qaeda e alle milizie di una vecchia conoscenza della guerra civile afghana, alias Gulbaddin Heckmatyar. Heckmatyar - lo ricordiamo - agli inizi degli anni '90 fece precipitare nel caos il governo di Rabbani-Massoud insediatosi al potere all'indomani della partenza dell'Armata Rossa dall'Afghanistan e benedetto dall'Onu. Poi, durante il regno dei Talebani, l'irriducibile Gulbaddin trovò un comprensivo asilo in Iran, per risorgere ora e, naturalmente, parlare anche lui di santa jihad contro gli americani.

Il secondo fronte è quello che oppone i signori della guerra del nord del paese che fanno parte del governo Karzai, ma sembrano molto, molto più interessati a combattersi tra di loro per consolidare le proprie posizioni sul terreno, senza considerare che - in questo modo - non fanno che indebolire lo stesso fragilissimo esecutivo di cui fanno parte. Parliamo delle milizie dell'uzbeco Abdul Rashid Dostum e di quelle del tagico Atta Muhammad che, in base ad un patto garantito dallo stesso Karzai, avrebbero dovuto essere disarmate e invece si combattono da una decina di giorni con un numero imprecisato di morti. La ragione sta tutta nel fatto che il generale Dostom teme di perdere potere visto che la fazione dei tagiki all'interno del governo Karzai è molto influente e ovviamente appoggia Atta Muhammad contro la fazione uzbeca. Con quelle di Dostom e Muhammad tutte le milizie presenti in Afghanistan, circa 100.000 uomini, dovrebbero essere disarmate, ma l'Isaf controlla a mala pena l'area di Kabul e il compito è al di là delle sue forze. La Nato ha provveduto a creare dei Team per la ricostruzione delle province (detti Prt), ma fino ad oggi ne sono attivi solo quattro e di fronte al riaccendersi della guerra civile al nord, a Mazar al-Sharif, si sono dimostrati impotenti.

Il terzo fronte infine è quello che in tutto il paese viene creato dall'economia della droga. Come succede ormai da più di venti anni tutti i signori della guerra afghani si finanziano col traffico dell'oppio, pretendendo dai contadini che lo coltivano una tassa o una tangente, quando non sono loro stessi a controllare tutto il traffico di contrabbando e questo non contribuisce certo a stabilizzare il paese. Oggi l'Afghanistan produce il 77% dell'oppio di tutto il mondo e solo nell'ultimo anno la produzione ha segnato un aumento del 6%. In cifre si parla di 2, 3 miliardi di dollari.

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