Da Corriere della Sera del 05/11/2003

Dibattito sulla struttura proposta dal governo nella Finanziaria. Iarocci (Infn) contrario: si favorisce la fuga dei cervelli

«Il Mit italiano integri i centri di ricerca senza spodestarli»

di Giovanni Caprara

Fa discutere la nascita dell’Istituto italiano di tecnologia previsto dalla legge finanziaria. Ma ad accendere ancor di più il confronto sembra aver contribuito il modo con il quale l’iniziativa è stata lanciata nel mondo dissestato della ricerca italiana. Il Nobel Carlo Rubbia nell’intervista concessa ieri al Corriere bocciava l’iniziativa, «se questa sottrarrà risorse agli altri enti esistenti come Cnr ed Enea che, invece, hanno bisogno di essere sostenuti». «Non conosco i contenuti del progetto - dice Adriano De Maio, commissario straordinario del Cnr - Ho soltanto un’idea generale e non mi sembra che si contrapponga al Cnr. Se si inquadrerà nel riordinamento complessivo della ricerca allora sarà positivo. Per il momento posso vedere il nuovo ente soltanto come un’indicazione di massima del governo rivelatrice di un’attenzione all’incremento della ricerca. Credo però che non possa essere un vero organismo dove si pratica una scienza di base. Siamo stati tutti al Mit, a Harvard o al Caltech e sappiamo che occorrono molti anni e tanta gradualità per far nascere le cose. Non esprimo dunque un giudizio, però se agirà in contrapposizione alle università l’idea è sbagliata. Se invece il suo compito sarà quello di integrare o aiutare a far crescere attività già in corso allora la sua esistenza potrebbe bene inserirsi nel panorama della nostra ricerca».

Guardando da oltreoceano Roberto Colella, illustre professore alla Purdue University (vicino a Chicago) di una fisica che fa da base alle nanotecnologie, vede favorevolmente il nascente istituto di tecnologia. «La mia prima reazione è positiva - commenta - perchè un ente del genere può essere utile allo sviluppo dell’economia. L’Italia ha ottimi studiosi, il problema è semmai quello di scegliere le persone giuste per la sua gestione e non sarà semplice. Così si garantirà anche un aumento complessivo delle risorse».

«La nascita di un’istituzione analoga al Mit l’aveva già lanciata Giuliano Amato quando era presidente del Consiglio - ricorda Alberto Sangiovanni-Vincentelli grande esperto di sistemi di comunicazione all’Università della California - L’importante però è che si integri alla ricerca anche un’attività scolastica ad alto livello, oltre ad avere regole efficienti come nei centri americani».

«Ma perché non ci hanno consultato prima - si chiede Bruno Coppi dal Mit, grande esperto di fusione nucleare - L’iniziativa potrebbe funzionare - aggiunge - se si creasse un piccolo gruppo come è accaduto al San Raffaele di Milano».

Decisamente a favore del progetto è Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri. «Dimostra un’inversione di tendenza nella politica della ricerca, un passo da accogliere con soddisfazione perché manca un organismo del genere. Semmai bisogna spronare il governo a fare di più. Da come è stato concepito mi sembra che si vogliano applicare regole di meritocrazia e di valorizzazione dei cervelli italiani e stranieri che saranno coinvolti. Quindi è un modo giusto di procedere. Se poi non risponderà alle aspettative allora si criticherà. Ma non ora».

Nettamente contrario all’operazione è invece Enzo Iarocci, presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare. «Non si può varare un organismo del genere - nota - quando bisognerebbe preoccupparsi del rilancio dei centri già esistenti. Inoltre trovo strano il suo nascere dal mondo dell’economia e della finanza e non da quello della ricerca. Lo trovo un terribile messaggio, scoraggiante per i giovani perché intanto si sono materializzate restrizioni sul personale dei ricercatori che stanno provocando danni irreversibili. Così non si attirano i cervelli ma si favorisce la loro fuga».

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