Da Corriere della Sera del 03/10/2003

Il piano del congresso

Rientro dei capitali, anche Bush apre lo «scudo» Tasse ridotte al 5% su profitti per 400 miliardi

La misura va a vantaggio delle multinazionali americane, ma suscita aspre polemiche

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Se la commissione Finanze del Senato l'avrà vinta, per sei mesi le multinazionali Usa potranno riportare in patria i capitali guadagnati all'estero e mai tassati, pagando un'imposta minima, il 5,25%. La somma in gioco è enorme: 400 miliardi di dollari di profitti finora esentasse. Secondo Donald Carlson, lobbista di una coalizione formata da colossi industriali come Hp, Merck, Intel, Eli Lilly: «E' un'occasione unica per promuovere investimenti che altrimenti andrebbero ad altri Paesi e per creare nuovi posti di lavoro da noi, come vuole il presidente Bush».

La proposta della commissione del Senato, che fa parte di un progetto di riforma fiscale delle multinazionali, ha suscitato aspre polemiche. A cominciare dall’Europa, che proprio sull’esenzione fiscale concessa alle aziende ha già ottenuto una condanna degli Usa da parte della Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio.

Attualmente, infatti, se una compagnia americana lascia i suoi guadagni all'estero, il fisco non può tassarli: può tassarli solo al loro rientro in America. Normalmente, per una compagnia americana che opera solo in patria il prelievo arriva fino al 35%. Una quota «punitiva», l’ha definita Carlson, secondo il quale un prelievo una tantum del 5,25% con una «finestra» disponibile di soli sei mesi, sarebbe uno straordinario incentivo per le multinazionali «a fare il loro dovere patriottico». A contestare la proposta sono i democratici al Congresso e alcuni eminenti economisti, che accusano la Commissione di «corporate welfare», assistenza statale alle corporation anziché ai cittadini bisognosi.

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