Da La Repubblica del 07/10/2003
Originale su http://www.repubblica.it/2003/j/sezioni/politica/giocobasta/tradito/tr...

Il commento

E' bastato un giochino della domenica per scatenare una valanga contro il padrone di casa. Peggio di

Il Cavaliere tradito dalla televisione

di Curzio Maltese

ALL'IMPROVVISO, una domenica pomeriggio, è crollato il muro televisivo.

Sarà stato pure un gioco, come si sono affrettati a dire tutti, eppure il plebiscito contro Berlusconi del pubblico di Domenica In ha qualcosa di terribilmente serio. Lo si capisce dalla reazione della corte del principe, impegnata a troncare, sopire, nascondere.

Nella logica del populismo moderno il girotondo delle casalinghe televisive è più preoccupante dei maldipancia della maggioranza in Parlamento, è peggio del silenzio del Quirinale e del gelo di Confindustria, del giudizio della Consulta sul Lodo Maccanico e perfino dello sciopero generale dei sindacati.

Tutti ostacoli prevedibili, che arrivano da fuori, dalle istituzioni. Non era pensabile invece che la ribellione si manifestasse nel cuore dell'impero, la Televisione. Quella con la maiuscola della domenica pomeriggio, il trionfo della teledipendenza all'italiana.

È successo che un paio di autori a corto d'idee s'inventassero il giochino popolare del "basta con..." per scatenare una valanga di e-mail contro il vero padrone di casa, rappresentato in studio dal direttore generale della Rai e dal direttore di Raiuno. Gli autori e il presentatore, che tengono famiglia e mai avrebbero immaginato, sono sbiancati. Berlusconi figurava in cima alle presenti sciagure dell'umanità, molto avanti alla "distruzione del pianeta".

Sarà un gioco ma è il rovesciamento perfetto di tutti i simboli del berlusconismo. Il capo fischiato nella sua piazza elettronica, quella dove aveva appena tenuto il comizio a reti unificate, dalla "sua" gente.

Quell'Italia un po' cinica e un po' ingenua che ha creduto allo slogan "ha fatto i suoi interessi, ora farà i nostri". L'Italia media contenta di telenovelas e veline, insaziabile di quiz e giochi, imbottita di spot, poco interessata alla politica. Quello che Berlusconi ha sempre considerato il paese reale o comunque quello che ti arricchisce e ti fa vincere o perdere le elezioni.

L'Italia che ha in mente quando parla in tv, inventa uno slogan, sceglie un manifesto, dice una fesseria sul fascismo o sulle segretarie o sul resto. L'Italia cui si è rivolto ieri con l'estatica autobiografia elettorale in tredici milioni di copie e con il contratto da Bruno Vespa, sulla quale incombe oggi la "lettera del presidente". In una formula da pubblicitari, l'Italia di Domenica In.

Dal giorno del messaggio della "discesa in campo", Berlusconi ha sempre saputo di poter portare questo esercito di spettatori dove voleva. Soltanto ora il pifferaio si volta e non vede più nessuno. È bastato aprire uno spiraglio per scatenare la rivolta dei pubblico nella blindatissima Raiuno, dove non passa uno spillo ai telegiornali, Biagi è un ricordo e perfino Sanremo è diventata provincia di Arcore. Certo i sondaggi sono già pessimi da tempo. Tanto da doverli nascondere nei cassetti. Mentre lo schiaffo della casalinga l'hanno visto tutti domenica pomeriggio, in diretta.

La gente televisiva lo ha abbandonato, almeno una buona parte. Sarà interessante vedere la reazione di Berlusconi. A differenza dei suoi consiglieri, affannati a minimizzare, il premier da grande comunicatore non può non cogliere l'importanza dei segnali. Può sfidare il Parlamento e il Quirinale, gli alleati e l'opposizione, i sindacati e la magistratura, ma se gli si rivolta il senso comune dell'Italia televisiva è la fine di tutto.

Finora il Cavaliere sembra deciso a giocarsi la partita sul terreno della comunicazione diretta al popolo, dove fino a ieri aveva sempre vinto, anche grazie al vantaggio proprietario. Se il messaggio sulle pensioni non ha funzionato, riproverà con la lettera agli italiani, cui i telegiornali daranno di una copertura di poco inferiore allo sbarco sulla luna. Per uscire dalla crisi occorre un colpo grosso come la "discesa in campo" e il "contratto con gli italiani". Bisogna riconquistare il pubblico di Domenica In, tornare a sedurre le casalinghe e i pensionati di Bonolis, la grande provincia. Presto per giunta, perché il miraggio della presidenza europea sta per svanire.

Altrimenti può essere fatale qualsiasi ostacolo, perfino un maldipancia di Storace, l'ennesimo sproloquio di Bossi, l'ultimo condono di Tremonti.

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