Da Corriere della Sera del 10/10/2003

Repubblicani e democratici si riposizionano in vista delle presidenziali del 2004

«Schwarzenegger fa scuola Ora tutti puntano al centro»

Il politologo Hess: «Ha vinto perché non è un neoconservatore»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Il giorno dopo l'elezione a governatore, Arnold Schwarzenegger, «Terminator» della vecchia politica in California, fa tre promesse: «Non aumenterò le tasse. Chiederò molti, molti favori al presidente Bush. Lavorerò con la maggioranza democratica al Parlamento». Il programma è erculeo, la stazza dell'attore e il pubblico consenso potrebbero non bastare. La California, quinta economia del mondo, ha un enorme deficit di bilancio, 20 miliardi di dollari. Come risanarlo, solo tagliando i pubblici servizi? Schwarzy sa di non poterlo fare, significherebbe esporsi a sua volta al recall, alla defenestrazione come il predecessore Gray Davis. Punta perciò sull'amicizia di Bush per compiere il miracolo: «Ci sono molti soldi da prendere dal governo federale». Il presidente non dovrebbe restare sordo al suo appello: senza Arnold, alle elezioni 2004 perderebbe la California, come la perdette a quelle del 2000. Per affrontare l’impresa Schwarzy ha nominato un «team di transizione»: quasi 70 persone - dall’ex segretario di Stato George Shultz al regista Ivan Reitman, dal sindaco di San Francisco Willie Brown alla presidente della Hewlett-Packard Corp. Carly Fiorina - che nei prossimi mesi lavoreranno con lui.
Secondo l'esperto elettorale e storico dei presidenti Stephen Hess, consigliere alla Casa Bianca per il repubblicano Nixon e il democratico Carter, «l'esperimento Schwarzenegger» sarà cruciale per i partiti Usa. Hess, oggi consulente del Congresso e docente al Brookings Institute, ritiene che il successo dell'attore alle urne spingerà sia i repubblicani sia i democratici a condurre campagne più centriste, e che sue eventuali misure potranno servire da modello a molti governanti. «Si è prudentemente circondato di vecchi uomini di Bush padre - rileva Hess - da George Shultz, l'ex segretario di Stato, all'economista Michael Boskin, tutti repubblicani moderati».

Schwarzy ha vinto perché non è neoconservatore?
«In un certo senso sì. C'era anche un neoconservatore, Tom McClintock, ma è giunto terzo. Sulle questioni sociali Schwarzy è a sinistra di Bush, è per l'aborto, per i gay, contro le armi. L'elettorato californiano, in prevalenza democratico, ha visto in lui un centrista in questi campi. E' una lezione per i candidati del suo partito».

E per i candidati democratici?
«Lo è pure per loro, perché l'altra faccia dell'attore è quella del risanamento dei bilanci, della riduzione delle tasse e della dura politica di sicurezza e di difesa, i tre pilastri dei neoconservatori. Qui i democratici dovranno allinearsi a destra. Resta da vedere se Schwarzenegger farà bene o farà male da governatore. Penso che molto dipenderà dall'andamento dell'economia».

Ma l'attore non deve l'elezione alla rivolta popolare contro i governanti in carica?
«Lo scontento per la situazione economica in cui versa l'America, per l'incubo del terrorismo, la guerra dell'Iraq sarà di certo un fattore importante alle elezioni del 2004. Ma non raggiungerà il parossismo della California, dove sono entrati in gioco anche fattori locali, Hollywood, parecchi referendum, l'antipatia suscitata da Davis».

Ci sarebbe posto per Schwarzenegger nel governo Bush?
«Ne dubito, lui e Bush sono amici ma non sono in piena sintonia. Potrebbe fare il ministro dell'Ambiente perché è vicino ai verdi. Ma restiamo ai fatti: l'attore cercherà di spostare la California dalla parte di Bush nel 2004 e di farsi rieleggere governatore nel 2006».

Nel 2004 Bush si ispirerà alla sua campagna?
«No. Bush è legato ai neoconservatori, sono il suo punto di riferimento. Teme di venire sconfitto se li lascia, come accadde a suo padre nel '92. Inoltre, sono convinto che l'economia determinerà il suo fiasco o il suo successo. Se l'economia si riprenderà, Bush verrà rieletto trionfalmente».

Non conterà anche l'Iraq?
«Non molto, a meno che capiti qualcosa di terribile. Gli americani votano quasi sempre con le tasche. Se ne scordano solo in circostanze eccezionali, come il Vietnam».

Chi sarà il candidato democratico alla Casa Bianca?
«Tre mesi fa non mi sarei esposto, ma oggi dico Howard Dean. Se l'ex governatore del Vermont, che è in testa e ha più fondi, vincerà le prime due o tre primarie, nessuno lo fermerà, neppure il generale Wesley Clark».

Muscoli a parte, Clark non è lo Schwarzy democratico?
«Scherziamo? L'attore ha condotto una campagna perfetta, il generale fa troppi errori, non riesce a copiarlo».

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