Da La Repubblica del 28/11/2003
Originale su http://www.repubblica.it/2003/k/sezioni/spettacoli_e_cultura/domenicar...

Il comico invitato da Bonolis ma l'azienda mette il veto: il testo che avrebbe letto, sulla democrazia, è troppo forte

"Domenica In" censura Paolo Rossi che recita Pericle

La controproposta: intervenga pure, ma in modo "professionale"

di Curzio Maltese

ESISTE un altro episodio di satira censurata in Rai che illustra bene il clima italiano di questi tempi. Stavolta i protagonisti sono il comico Paolo Rossi, il programma Domenica in e Pericle, statista. Qualche settimana fa il comico riceve l'invito a partecipare a Domenica in da Paolo Bonolis, suo amico ed estimatore. Rossi non va in televisione da una vita, eppure è uno degli attori più amati dal pubblico.

Da un anno riempie i teatri di tutta Italia con uno splendido spettacolo sulla Costituzione. Bonolis è uno dei pochi personaggi intelligenti, ironici e non volgari sopravvissuti in video. L'incontro è fatale. Rossi è in tournée, quindi rinvia la partecipazione per quando sarà a Roma. Gli autori di Domenica in sembrano entusiasti. Il comico, che ha una certa esperienza di Rai, chiede: "Siete proprio sicuri?". "Sì! Vieni e fai quello che ti pare!".

La settimana scorsa lo spettacolo di Paolo Rossi arriva a Roma, all'Ambra Jovinelli. Nel frattempo è scoppiato il caso Raiot. Rossi richiama gli autori di Domenica in. "Siete sempre sicuri?". La risposta è ancora sì, senza più l'esclamativo. I funzionari vorrebbero però conoscere in anticipo il testo. Rossi non ha difficoltà a rivelarlo, si tratta di un brano del suo spettacolo. Tre giorni fa, in vista della puntata di domenica prossima cui avrebbe dovuto partecipare, ecco l'ultima telefonata fra il comico e la Rai. "Allora, siete sicuri?". "No". Il testo non è piaciuto ai funzionari, l'hanno trovato troppo forte. Paolo Rossi sarà il benvenuto a Domenica in a patto che si limiti a "una presenza professionale", come per esempio la partecipazione al quiz, due battute, un po' di pubblicità alla tournée, eccetera. L'attore declina.

Il bello della storia è che il testo che Paolo Rossi doveva leggere alle platee della domenica era nientemeno che un discorso di Pericle, il padre della democrazia. Questi i passaggi incriminati. "Qui ad Atene noi facciamo così. Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi per questo è detto democrazia. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private. Ma in nessun caso si occupa delle pubbliche faccende per risolvere le sue questioni private. Qui ad Atene noi facciamo così, ci è stato insegnato a rispettare i magistrati e c'è stato insegnato a rispettare le leggi, anche quelle leggi non scritte la cui sanzione risiede soltanto nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di buon senso. La nostra città è aperta ed è per questo che noi non cacciamo mai uno straniero. Qui ad Atene noi facciamo così" .

I censori, come si noterà, hanno avuto ancora ragione. Il testo è molto forte e poi non fa ridere. Si tratta, alla lettera, di un comizio politico. Pervaso da una profonda, velenosa e ossessiva intenzione polemica contro Silvio Berlusconi. La circostanza che sia stato scritto 2450 anni fa non può costituire un alibi. Una simile intemerata propagandistica poteva essere recitata sulla tivù pubblica soltanto in presenza di un contraddittorio, meglio più d'uno, per esempio davanti a Gasparri, Schifani e Calderoli.

Pericle era del resto una specie di comunista, uno che odiava i politici ricchi, per invidia naturalmente, tanto da chiamarli con disprezzo plutocrati. Responsabile anche d'aver promosso la politicizzazione del teatro, per favorire i suoi amici Eschilo e Sofocle: un vergognoso costume che gli intellettuali della Cdl stanno ora cercando di smantellare.

L'attacco diretto di Pericle al premier avrebbe oltretutto messo in imbarazzo gli autori di Domenica in, trasmissione già all'indice per il sondaggio noto come "basta con Berlusconi", trasformato subito in "basta dire basta".

In Italia i comici devono essere prudenti perché gli intellettuali sono assai severi con la satira, attenti alla virgola e alla minima caduta di gusto. D'altra parte il comico è un mestiere di grande responsabilità. A differenza del politico e del giornalista, si pretende che sia impeccabile.

C'è uno solo che può dire montagne di sciocchezze, rifiutare il contraddittorio anche in periodo elettorale, fare i complimenti ai corruttori e le corna ai ministri, raccontare barzellette sui malati di Aids e sull'olocausto, esaltare Mussolini e i massacri russi in Cecenia: nel totale silenzio dei nostri bravi bacchettoni. Questa però è concorrenza sleale.
Altrove ognuno ha il suo mestiere. In America la satira va in onda in prima serata e Michael Moore, nel ricevere l'Oscar, tiene un comizio satirico in mondovisione contro Bush.

Quanto a Pericle, il problema non è del tutto risolto. Il testo censurato dalla Rai rimane colpevolmente inserito in molte antologie scolastiche. Un altro effetto dell'egemonia culturale della sinistra. Storace sia coerente e ne chieda la sostituzione.

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