Da La Stampa del 03/12/2003

Lo strano caso della legge futurista

di Luigi La Spina

La vena creativa degli italiani ha dato, ieri sera, un’ulteriore prova di straordinaria invenzione: il Parlamento ha approvato la prima legge futurista della nostra storia. Un destino curioso, infatti, sembra accanirsi sulle riforme che riguardano il sistema televisivo e, in generale, quello delle comunicazioni. La precedente legge Maccanico ratificò, in sostanza, l’assetto che il passato aveva determinato nel settore. Questa, presentata dal ministro Gasparri, si preoccupa di regolamentare il futuro, quando il segnale digitale avrà definitivamente sconfitto l’attuale, l’analogico. Peccato che non sia mai possibile, in questo campo, occuparsi del presente o, magari, del futuro prossimo e che, nel frattempo, le conseguenze per il pluralismo dell’informazione e per le garanzie di equilibrio democratico, in un settore così delicato, siano tutt’altro che rassicuranti.

Il perdurante conflitto d’interessi del presidente del Consiglio avrebbe dovuto suggerire la massima attenzione della maggioranza alle critiche non solo delle opposizioni, ma soprattutto di tre autorità garanti: il Presidente della Repubblica, innanzi tutto, che, un anno e mezzo fa, proprio su questo argomento, inviò alle Camere un solenne messaggio fondato sull’importanza dell’imparzialità e del pluralismo dell’informazione. La Corte Costituzionale che non ha ammesso proroghe della legge Maccanico, in attesa del futuro eldorado delle frequenze permesso dal digitale. Il presidente dell’Antitrust che ha espresso gravi dubbi su uno dei punti più controversi del testo, il cosiddetto Sic, cioè il sistema integrato delle comunicazioni. Un ampliamento eterogeneo del settore che rafforzerà le posizioni già dominanti e aggraverà l’attuale sproporzione delle risorse pubblicitarie tra le fonti informative degli italiani.

L’approvazione definitiva della riforma Gasparri, varata ieri sera da un centrodestra assolutamente compatto, moltiplicherà, nei prossimi giorni, pronostici e pressioni sul Quirinale che ha il compito o di firmare il testo per promulgare la legge o di rinviarla alle Camere con un messaggio motivato. Poiché Ciampi ha un mese di tempo per decidere, si almanacca addirittura sulle date per scongiurare o per augurarsi un ritardo che costringerebbe Retequattro a trasferirsi sul satellite. Con tutta la considerazione per Fede e per il suo telegiornale, i problemi della ratifica quirinalizia sono così delicati e di portata così ampia che dovrebbero consigliare il più assoluto ossequio e, quindi, il più assoluto riserbo su previsioni non solo per i tempi, ma soprattutto per il merito delle scelte del Presidente. Siamo sicuri, infatti, che qualsiasi considerazione di opportunità politica sarà totalmente esclusa dalle sue valutazioni, tese solo all’osservanza delle prerogative che la Costituzione gli affida. Il sistema italiano prevede il rispetto delle leggi approvate da una maggioranza legittima in Parlamento. Ma anche il controllo, da parte delle autorità di garanzia, dal Quirinale alla Consulta, che esse non ledano i diritti democratici dei cittadini, anche quelli rappresentati dalla minoranza. L’opposizione abbia un po’ di pazienza prima di gridare all’attentato alla Carta costituzionale. La maggioranza abbia un po’ di prudenza prima di proclamare di averla salvata.

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