Da Corriere della Sera del 10/12/2003

DOCUMENTO / Il «Corriere» anticipa i contenuti del testo su «Dialogo interreligioso e coesione sociale» che sarà firmato venerdì dai responsabili Ue di Giustizia e Interni

Dichiarazione sulle religioni: no agli estremismi, generano violenza

«L’Europa non deve temere ma accogliere la diversità»

di Magdi Allam

E’ il passaggio centrale della «Dichiarazione sul dialogo interreligioso e la coesione sociale» che, con tutta probabilità, verrà approvato venerdì prossimo dai capi di Stato e di governo dell’Unione Europea riuniti a Bruxelles. Le riserve avanzate da Svezia e Danimarca sono state superate. Il Corriere è in grado di anticipare i contenuti del documento voluto fortemente dal nostro ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu. L’iniziativa comunitaria si propone fondamentalmente di affrontare non tanto i sintomi, quanto le cause ideologiche e culturali che alimentano la piaga del nostro secolo, il terrorismo globalizzato. Che pur avendo il suo fulcro nel fanatismo islamico, è in grado di coalizzare le più variegate forme di estremismo attratte dall’antiamericanismo e dall’antiebraismo. Non è un caso che nelle due cartelle della Dichiarazione la parola «terrorismo» compaia una sola volta. L’approccio non è di natura repressiva bensì preventiva. La Dichiarazione era stata evocata nel corso della riunione dei ministri dell’Interno europei svoltasi a Roma gli scorsi 30 e 31 ottobre, culminata in un incontro in Vaticano con il Papa.

Nel lungo preambolo si esalta «la pluralità e la diversità di lingue, di culture, di concezioni filosofiche e di religioni», considerate «parte del grande retaggio e dell’identità storica dell’Europa, nazione dai cento volti». E a proposito della diversità si sottolinea che «l’Europa, attenta al rispetto della dignità della persona umana e terra di accoglienza di culture diverse, non deve temere la diversità ma accoglierla in uno spirito di rispetto reciproco».

Particolare attenzione viene riposta al dialogo interreligioso perché «aiuta a superare estremismi filosofici e religiosi, stereotipi e pregiudizi, ignoranza e indifferenza, intolleranza e ostilità che anche nel recente passato hanno causato in Europa tragici conflitti e spargimenti di sangue». E’ da rilevare come l’Europa prima ancora di puntare il dito accusatorio nei confronti degli «altri», decida di fare i conti con il proprio passato, di fare chiarezza con la propria storia. Anche se non viene espressamente evocato, è evidente il riferimento autocritico per la responsabilità dell’Europa nei confronti dell’antiebraismo che ha avuto nei campi di sterminio nazisti la sua manifestazione più aberrante. Che ciononostante a tutt’oggi è un male non del tutto estinto.

Soltanto dopo si passa alla cruciale questione del rapporto con l’Islam, mai espressamente nominato. I ministri europei si dicono «convinti che il dialogo tra persone di differenti convinzioni filosofiche e religiose e di diversa formazione culturale possa dare un contributo essenziale alla pacificazione e allo sviluppo della comune area del Mediterraneo e in tutto il mondo». Va sottolineato al riguardo che proprio negli scorsi giorni, al vertice detto «5 » 5» svoltosi a Tunisi, che riunisce i Paesi mediterranei delle sponde settentrionale e meridionale, il presidente del Consiglio Berlusconi ha proposto ai leader arabi di far propria la Dichiarazione sul dialogo interreligioso che sarà adottata dall’Europa. Qualora ciò dovesse verificarsi, consentirà di avere una piattaforma comune sulla delicata questione del confronto tra le religioni e le civiltà. Rappresenterà un importante passo in avanti nell’azione volta a isolare e contenere il pensiero estremista che spesso degenera nel terrorismo.

In questa logica le risoluzioni presenti nella Dichiarazione si ispirano al «duplice impegno a promuovere la tolleranza, superando gli estremismi filosofici e religiosi, e a proseguire la lotta contro ogni forma di razzismo e di xenofobia». Sempre al riguardo si afferma la volontà di «assecondare il dialogo come strumento di pace e di coesione sociale in Europa e ai suoi confini», nella convinzione che «il dialogo possa aiutare le nuove generazioni europee a evitare gli errori del passato». Anche qui il riferimento all’antiebraismo è chiaro. La lettura attenta della Dichiarazione evidenzia un’Europa matura che rifugge dalle guerre di religioni, è attenta a debellare anzitutto il male che si annida al suo interno. Ma al tempo stesso è un’Europa che è pronta ad assumersi la responsabilità nella lotta al terrorismo e al fanatismo promossi dai nemici del dialogo e della convivenza.

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