Da La Stampa del 16/12/2003
Originale su http://www.lastampa.it/redazione/news_high_tech/archivio/0312/digitale.asp
Digitale terrestre (DTT): ecco come sarà la nuova Tv
Già sul mercato i decoder per ricevere i nuovi programmi. Ma il segnale copre il 50% del territorio e mancano del tutto servizi e contenuti, a regime solo nel 2010
di Stefano Porro
Tutti pazzi per il digitale terrestre. Nonostante lo stop inflitto dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che ha rinviato alle Camere il decreto legge Gasparri, e complici l'aria di shopping natalizio e il finanziamento statale di 150 euro per incoraggiare i possibili acquirenti, i primi decoder Dtt comparsi sul mercato stanno andando a ruba. E non importa se c'è ancora poco o nulla da vedere. L'importante è possedere prima degli altri questa nuova tecnologia che, basata sullo stesso standard di compressione delle immagini dei Dvd (l'Mpeg-2, realizzato dal ricercatore italiano Leonardo Chiariglione), permette di trasportare sulla stessa ampiezza di banda di un canale analogico quattro o cinque canali digitali ad alta definizione.
Per ricevere il nuovo segnale, è sufficiente collegare al televisore di casa uno dei vari decoder in commercio, i cui prezzi variano dai 100 ai 480 euro, a seconda del livello di interattività consentito. Il miglior rapporto qualità-prezzo è fornito dai modelli realizzati secondo lo standard MHP (Multimedia Home Platform), che sono forse un po' più cari, ma già predisposti a supportare i servizi interattivi che costituiscono la più importante novità della tv digitale.
Collegando il decoder all'antenna di casa e al doppino telefonico, sarà possibile accedere a un televideo di nuova generazione, molto più particolareggiato e veloce, usufruire di una nuova serie di servizi informativi come le notizie sul traffico e le viabilità locali, gli orari di treni ed aerei, l'elenco dei numeri telefonici, fino a compiere vere e proprie operazioni bancarie. I modelli più avanzati supportano inoltre le smart card satellitari (quelle di Sky, per intendersi), si collegano senza fili (grazie al Bluetooth) ad altri elettrodomestici come stereo, portatile o telefoni e consentono di registrare su un apposito disco fisso i propri programmi preferiti.
Fin qui, i potenziali vantaggi, a cui corrispondono però altrettanti punti oscuri. Il digitale terrestre si trova in piena fase di sperimentazione e per questo presenta ancora parecchi problemi, primo tra tutti quello della diffusione del segnale, che tutt'oggi stenta a coprire il 50% del territorio italiano. Inoltre molte antenne casalinghe, in quanto obsolete o non correttamente installate, potrebbero non ricevere correttamente il segnale, rendendo necessario il costoso intervento di un tecnico specializzato. Ma anche chi riuscisse a collegarsi senza problemi, si troverebbe davanti al vuoto assoluto di contenuti.
Le uniche piattaforme funzionanti sono al momento quelle di Mediaset, Rai e Telecom, ciascuna delle quali occupa le frequenze ri-trasmettendo programmi già noti oppure acquistati all'estero, e la tanto declamata interattività appare ancora molto lontana. La legislazione vigente indica nel 2006 l'anno del definitivo passaggio dal segnale analogico a quello digitale, ma la maggior parte degli esperti ritiene che questo traguardo potrà essere raggiunto non prima del 2010. E nel frattempo che cosa accadrà? Difficile prevederlo. Senz'ombra di dubbio, lo strapotere del duopolio analogico continuerà ad imperversare, visti anche gli ingenti investimenti necessari per approntare una piattaforma di trasmissione digitale: 1,2 miliardi di euro per operatore televisivo. Una cifra non proprio a portata di tutti.
Da un punto di vista prettamente tecnologico, le prospettive aperte dal Dtt rimangono comunque interessanti. Grazie alla tv digitale il processo di alfabetizzazione verso le nuove tecnologie diventerà molto più incisivo e potrebbe finalmente realizzarsi quella convergenza di contenuti e servizi all'interno di un unico device (la televisione, e non il computer) di cui si parla da tempo. Ovviamente, non mancheranno le problematiche correlate alla diffusione di questa nuova tecnologia, specialmente quelle relative al trattamento della proprietà intellettuale.
Un esempio su tutti: una volta registrato un film tramite l'hard disk digitale del decoder, sarà possibile farne più copie dalla qualità perfetta e distribuirle in rete? E come saranno regolamentate queste nuove modalità di diffusione della conoscenza? Bisognerebbe chiederlo al ministro Gasparri, che molto probabilmente non ha ancora una risposta in tasca. Questo perché il suo decreto, caso quantomai singolare, regolamenta con largo anticipo e per tutt'altra motivazione politica una tecnologia che ancora, in pratica, non esiste.
Per ricevere il nuovo segnale, è sufficiente collegare al televisore di casa uno dei vari decoder in commercio, i cui prezzi variano dai 100 ai 480 euro, a seconda del livello di interattività consentito. Il miglior rapporto qualità-prezzo è fornito dai modelli realizzati secondo lo standard MHP (Multimedia Home Platform), che sono forse un po' più cari, ma già predisposti a supportare i servizi interattivi che costituiscono la più importante novità della tv digitale.
Collegando il decoder all'antenna di casa e al doppino telefonico, sarà possibile accedere a un televideo di nuova generazione, molto più particolareggiato e veloce, usufruire di una nuova serie di servizi informativi come le notizie sul traffico e le viabilità locali, gli orari di treni ed aerei, l'elenco dei numeri telefonici, fino a compiere vere e proprie operazioni bancarie. I modelli più avanzati supportano inoltre le smart card satellitari (quelle di Sky, per intendersi), si collegano senza fili (grazie al Bluetooth) ad altri elettrodomestici come stereo, portatile o telefoni e consentono di registrare su un apposito disco fisso i propri programmi preferiti.
Fin qui, i potenziali vantaggi, a cui corrispondono però altrettanti punti oscuri. Il digitale terrestre si trova in piena fase di sperimentazione e per questo presenta ancora parecchi problemi, primo tra tutti quello della diffusione del segnale, che tutt'oggi stenta a coprire il 50% del territorio italiano. Inoltre molte antenne casalinghe, in quanto obsolete o non correttamente installate, potrebbero non ricevere correttamente il segnale, rendendo necessario il costoso intervento di un tecnico specializzato. Ma anche chi riuscisse a collegarsi senza problemi, si troverebbe davanti al vuoto assoluto di contenuti.
Le uniche piattaforme funzionanti sono al momento quelle di Mediaset, Rai e Telecom, ciascuna delle quali occupa le frequenze ri-trasmettendo programmi già noti oppure acquistati all'estero, e la tanto declamata interattività appare ancora molto lontana. La legislazione vigente indica nel 2006 l'anno del definitivo passaggio dal segnale analogico a quello digitale, ma la maggior parte degli esperti ritiene che questo traguardo potrà essere raggiunto non prima del 2010. E nel frattempo che cosa accadrà? Difficile prevederlo. Senz'ombra di dubbio, lo strapotere del duopolio analogico continuerà ad imperversare, visti anche gli ingenti investimenti necessari per approntare una piattaforma di trasmissione digitale: 1,2 miliardi di euro per operatore televisivo. Una cifra non proprio a portata di tutti.
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