Da Corriere della Sera del 20/12/2003
Con Lula e Kirchner i due Paesi sono sempre più vicini. Sulla linea dell’orgoglio continentale
Brasile-Argentina, un seggio per due
Intesa sul coordinamento delle decisioni in Consiglio di sicurezza dell’Onu
di Rocco Cotroneo
RIO DE JANEIRO - La ritrovata armonia sudamericana sbarca all'Onu, dove Brasile e Argentina siglano una alleanza inedita il cui obiettivo è dividersi - in senso lato - un seggio nel Consiglio di sicurezza. I due maggiori Paesi del continente annunciano un ampia cooperazione in politica estera, che potrebbe sfociare in decisioni e posizioni congiunte nell'ambito delle Nazioni Unite. Per cominciare, un rappresentante argentino siederà nella delegazione brasiliana a partire dal primo gennaio prossimo, quando il Paese di Lula entrerà a far parte del Consiglio di sicurezza, per due anni. Lo stesso dovrebbe avvenire nel biennio 2005-2006, quando sarà il turno dell'Argentina: un rappresentante del Brasile parteciperà alle riunioni insieme ai diplomatici del governo di Buenos Aires. L'intesa era stata definita in un incontro tra i due presidenti, Luiz Inacio Lula da Silva e Néstor Kirchner, ma è stata affinata e quindi rivelata solo mercoledì scorso. Le cancellerie hanno parlato di accordo «storico», che rappresenta solo «un primo passo» verso un'azione diplomatica comune. Alcuni osservatori esterni, soprattutto in Argentina, hanno espresso invece qualche dubbio.
I due Paesi non si sono impegnati a votare insieme su tutte le risoluzioni, né sarebbe facile prendere una decisione del genere a priori. Gli sviluppi futuri sono ancora nebulosi. Il modello però suscita interesse ed è un passo che stempera vecchie tensioni, sia in campo diplomatico che economico-commerciale.
L'elezione quasi contemporanea di due leader carismatici come Lula e Kirchner ha fatto ripartire da zero i rapporti tra i due Paesi, che erano stati assai tesi negli ultimi anni. Entrambi i leader sono stati eletti su una piattaforma di orgoglio continentale: nessun allineamento automatico agli Stati Uniti, più grinta nelle richieste commerciali e, come primo obiettivo, il rilancio del Mercosur, l'unione economica che era sul punto di sfasciarsi.
Qualche effetto si è già visto. La riunione della Wto a Cancún ha rivelato l'unità e l'intransigenza sudamericana sulle richieste di apertura ai prodotti agricoli della regione. Tra i due Paesi le scaramucce commerciali si sono attenuate, grazie soprattutto alla svalutazione del peso che ha riportato la competitività argentina a livello di quella brasiliana.
Buenos Aires ha poi abbandonato l'allineamento assoluto agli Stati Uniti degli anni Novanta (le cosiddette «relazioni carnali» che furono il fulcro della politica di Carlos Menem) per unirsi al Brasile su molte questioni, tra cui il ripudio dell'unilateralismo di Bush, in Medio Oriente e altrove.
Contrariamente alle attese, poi, non è stato il socialista Lula - molto temuto alla vigilia del voto - ad affrontare a muso duro la comunità finanziaria sul tema del debito estero, ma l'Argentina del peronista e moderato Kirchner. La misera offerta di rimborso presentata ai creditori rimasti incastrati nel default, tra cui migliaia di italiani, è stata la punta di un atteggiamento nuovo.
Che è poi proseguito con il «no» al Fondo monetario alla richiesta di un maggior rigore sui conti pubblici per accelerare il pagamento delle vecchie pendenze. Néstor Kirchner sta portando a casa i frutti di questa politica e sfoggia oggi indici di popolarità interni vicini al 90 per cento, mentre l'economia si sta gradualmente riprendendo.
Nell'ultima riunione dei leader del Mercosur, lo scorso weekend a Montevideo, il presidente argentino ha denunciato nuove pressioni sul suo governo da parte della comunità finanziaria e chiesto l'appoggio incondizionato del Brasile. Il quale, Paese modello nei rapporti con l'Fmi in questa fase, ha evitato però di sbilanciarsi. Ieri di nuovo Kirchner ha lanciato dure accuse all’organismo di Washington: «Dopo aver prestato una montagna di soldi ai governi argentini precedenti, proprio adesso che stiamo per uscire dalla crisi ci vogliono affogare».
Tornando all'Onu, l'accordo di cooperazione appena annunciato fa tornare di attualità una vecchia questione. Il Brasile rivendica da anni una poltrona tra i membri permanenti del Consiglio di sicurezza.
Come Paese che da solo «vale» metà Sudamerica, ritiene di dover rappresentare il continente il giorno che i Cinque grandi (Usa, Francia, Gran Bretagna, Russia e Cina) decideranno di accettare l'allargamento del club con diritto di veto. L'Argentina non ha mai accettato la candidatura unica brasiliana, contrastata anche dal Messico e ritiene che anche la poltrona di membro permanente dovrebbe essere assegnata al continente nel suo complesso, con la successiva rotazione. La collaborazione che inizierà il primo gennaio con il Brasile potrebbe spianare la strada a un accordo in questo senso.
I due Paesi non si sono impegnati a votare insieme su tutte le risoluzioni, né sarebbe facile prendere una decisione del genere a priori. Gli sviluppi futuri sono ancora nebulosi. Il modello però suscita interesse ed è un passo che stempera vecchie tensioni, sia in campo diplomatico che economico-commerciale.
L'elezione quasi contemporanea di due leader carismatici come Lula e Kirchner ha fatto ripartire da zero i rapporti tra i due Paesi, che erano stati assai tesi negli ultimi anni. Entrambi i leader sono stati eletti su una piattaforma di orgoglio continentale: nessun allineamento automatico agli Stati Uniti, più grinta nelle richieste commerciali e, come primo obiettivo, il rilancio del Mercosur, l'unione economica che era sul punto di sfasciarsi.
Qualche effetto si è già visto. La riunione della Wto a Cancún ha rivelato l'unità e l'intransigenza sudamericana sulle richieste di apertura ai prodotti agricoli della regione. Tra i due Paesi le scaramucce commerciali si sono attenuate, grazie soprattutto alla svalutazione del peso che ha riportato la competitività argentina a livello di quella brasiliana.
Buenos Aires ha poi abbandonato l'allineamento assoluto agli Stati Uniti degli anni Novanta (le cosiddette «relazioni carnali» che furono il fulcro della politica di Carlos Menem) per unirsi al Brasile su molte questioni, tra cui il ripudio dell'unilateralismo di Bush, in Medio Oriente e altrove.
Contrariamente alle attese, poi, non è stato il socialista Lula - molto temuto alla vigilia del voto - ad affrontare a muso duro la comunità finanziaria sul tema del debito estero, ma l'Argentina del peronista e moderato Kirchner. La misera offerta di rimborso presentata ai creditori rimasti incastrati nel default, tra cui migliaia di italiani, è stata la punta di un atteggiamento nuovo.
Che è poi proseguito con il «no» al Fondo monetario alla richiesta di un maggior rigore sui conti pubblici per accelerare il pagamento delle vecchie pendenze. Néstor Kirchner sta portando a casa i frutti di questa politica e sfoggia oggi indici di popolarità interni vicini al 90 per cento, mentre l'economia si sta gradualmente riprendendo.
Nell'ultima riunione dei leader del Mercosur, lo scorso weekend a Montevideo, il presidente argentino ha denunciato nuove pressioni sul suo governo da parte della comunità finanziaria e chiesto l'appoggio incondizionato del Brasile. Il quale, Paese modello nei rapporti con l'Fmi in questa fase, ha evitato però di sbilanciarsi. Ieri di nuovo Kirchner ha lanciato dure accuse all’organismo di Washington: «Dopo aver prestato una montagna di soldi ai governi argentini precedenti, proprio adesso che stiamo per uscire dalla crisi ci vogliono affogare».
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