Da La Stampa del 23/12/2003
Originale su http://www.lastampa.it/_web/_INTERNET/copyfight/archivio/copyfight0312...
Carbone e mp3 sotto l’albero dei discografici
Fioccano le sentenze che tutelano la privacy e il fair use degli utenti di Internet. La RIAA non potrà più inviare denunce servendosi dei dati in possesso dei provider
di Stefano Porro
Sarà un Natale triste per la RIAA, l’associazione statunitense che tutela gli interessi delle più importanti major musicali del mondo. La corte d’appello di Washington ha infatti stabilito che le case discografiche non possono obbligare gli Internet Service Provider a consegnare i nominativi dei loro utenti che si scambiano file mp3 attraverso le reti peer to peer, giudicando addirittura “ridicole” alcune tesi sostenute dagli industriali della musica.
La sentenza, che conclude definitivamente la controversia tra la RIAA e il provider Verizon, non concede alcun margine di manovra ai discografici, i quali pretendevano di risalire ai dati sensibili degli scambisti più incalliti semplicemente inviando una subpoena (un atto di segreteria vidimato dal Tribunale) agli ISP attraverso cui transitavano i file incriminati. Secondo Douglas Ginsburg, il magistrato che ha condotto l’appello, “l’attuale legge americana sul diritto d’autore (il Digital Millennium Copyright Atc, ndr) è stata usata in modo scorretto, dal momento che i provider sono solo uno strumento di trasmissione di dati e non possono quindi avere responsabilità sulle informazioni inviate da altri”.
Una doccia fredda per le big corporate della musica, che si troveranno costrette a rinunciare alla massiccia repressione legale avviata lo scorso settembre contro gli scambisti di file mp3, difficilmente rintracciabili senza la documentazione fornita dagli ISP. Anche se Cary Sherman, il presidente della RIAA, non si scoraggia affatto: “Questa sentenza non segue l’impostazione del Congresso. Pertanto, ci riteniamo in dovere di continuare a denunciare chi commette illeciti penali piratando la musica sulla rete”.
Buone notizie per gli appassionati dei programmi di file sharing arrivano anche dall’Europa, dove la Corte Suprema olandese ha stabilito che i creatori del celeberrimo Kazaa non possono essere considerati responsabili se il loro software viene usato per condividere file protetti. Una sentenza non più appellabile, probabilmente ispirata alla vicenda di altri due software simili, Morpheus e Grokstar, assolti alcuni mesi fa da una corte statunitense che aveva addotto le medesime motivazioni.
Ma non sono solo gli appassionati di mp3 a gioire: la corte d’appello norvegese ha confermato una volta per tutte l’assoluzione di “Dvd Jon”, il giovane hacker diventato famoso in tutto il mondo per aver eluso le protezioni anticopia dei Dvd creando un applicativo noto come deCSS, a causa del quale le case cinematografiche di Hollywood lo avevano querelato per varie migliaia di euro, giungendo a chiederne persino l’arresto. Secondo il tribunale, Jon Johansen (questo il suo vero nome), aveva pieno diritto di realizzare un programma che gli consentisse di vedere sul suo computer Linux i Dvd che aveva acquistato.
Un fine anno singolare, questo 2003, per la giurisprudenza informatica. Se da un lato le major dell’industria culturale e del software dichiarano di intensificare le loro strategie repressive contro l’uso illecito della proprietà intellettuale, annunciando l’estensione di querele e richieste di risarcimento anche agli utenti europei nei primi mesi del 2004, dall’altro i tribunali di mezzo mondo emettono sentenze volte a salvaguardare la privacy e il fair use delle persone.
E’ indubbio che la diffuzione massiccia delle nuove tecnologie abbia innescato la necessità di rivedere completamente la legislazione sulla proprietà intellettuale. Ma finché le due parti in causa, industriali e acquirenti, continueranno a farsi la guerra adottando politiche neoprotezioniste e piratando musica, non si creeranno mai le premesse per una seria risoluzione del problema che sfrutti il potenziale economico della rete, senza necessariamente imbrigliarla. Non resta che sperare in un 2004 migliore.
La sentenza, che conclude definitivamente la controversia tra la RIAA e il provider Verizon, non concede alcun margine di manovra ai discografici, i quali pretendevano di risalire ai dati sensibili degli scambisti più incalliti semplicemente inviando una subpoena (un atto di segreteria vidimato dal Tribunale) agli ISP attraverso cui transitavano i file incriminati. Secondo Douglas Ginsburg, il magistrato che ha condotto l’appello, “l’attuale legge americana sul diritto d’autore (il Digital Millennium Copyright Atc, ndr) è stata usata in modo scorretto, dal momento che i provider sono solo uno strumento di trasmissione di dati e non possono quindi avere responsabilità sulle informazioni inviate da altri”.
Una doccia fredda per le big corporate della musica, che si troveranno costrette a rinunciare alla massiccia repressione legale avviata lo scorso settembre contro gli scambisti di file mp3, difficilmente rintracciabili senza la documentazione fornita dagli ISP. Anche se Cary Sherman, il presidente della RIAA, non si scoraggia affatto: “Questa sentenza non segue l’impostazione del Congresso. Pertanto, ci riteniamo in dovere di continuare a denunciare chi commette illeciti penali piratando la musica sulla rete”.
Buone notizie per gli appassionati dei programmi di file sharing arrivano anche dall’Europa, dove la Corte Suprema olandese ha stabilito che i creatori del celeberrimo Kazaa non possono essere considerati responsabili se il loro software viene usato per condividere file protetti. Una sentenza non più appellabile, probabilmente ispirata alla vicenda di altri due software simili, Morpheus e Grokstar, assolti alcuni mesi fa da una corte statunitense che aveva addotto le medesime motivazioni.
Ma non sono solo gli appassionati di mp3 a gioire: la corte d’appello norvegese ha confermato una volta per tutte l’assoluzione di “Dvd Jon”, il giovane hacker diventato famoso in tutto il mondo per aver eluso le protezioni anticopia dei Dvd creando un applicativo noto come deCSS, a causa del quale le case cinematografiche di Hollywood lo avevano querelato per varie migliaia di euro, giungendo a chiederne persino l’arresto. Secondo il tribunale, Jon Johansen (questo il suo vero nome), aveva pieno diritto di realizzare un programma che gli consentisse di vedere sul suo computer Linux i Dvd che aveva acquistato.
Un fine anno singolare, questo 2003, per la giurisprudenza informatica. Se da un lato le major dell’industria culturale e del software dichiarano di intensificare le loro strategie repressive contro l’uso illecito della proprietà intellettuale, annunciando l’estensione di querele e richieste di risarcimento anche agli utenti europei nei primi mesi del 2004, dall’altro i tribunali di mezzo mondo emettono sentenze volte a salvaguardare la privacy e il fair use delle persone.
E’ indubbio che la diffuzione massiccia delle nuove tecnologie abbia innescato la necessità di rivedere completamente la legislazione sulla proprietà intellettuale. Ma finché le due parti in causa, industriali e acquirenti, continueranno a farsi la guerra adottando politiche neoprotezioniste e piratando musica, non si creeranno mai le premesse per una seria risoluzione del problema che sfrutti il potenziale economico della rete, senza necessariamente imbrigliarla. Non resta che sperare in un 2004 migliore.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
di Sara Arrigone su La Stampa del 18/12/2006
di Sara Arrigone su La Stampa del 15/12/2006
di Anna Masera su La Stampa del 08/11/2006
News in archivio
su Punto Informatico del 03/11/2006
su APCom del 22/09/2006
Aids: Roche condivide il suo sapere con l'Africa
Il gigante farmaceutico svizzero Roche trasferisce a tre compagnie africane i mezzi di fabbricare localmente un farmaco generico contro l'AIDS. Altre imprese seguiranno.
Il gigante farmaceutico svizzero Roche trasferisce a tre compagnie africane i mezzi di fabbricare localmente un farmaco generico contro l'AIDS. Altre imprese seguiranno.
su SwissInfo del 22/09/2006
In biblioteca
di Lawrence Lessig
Feltrinelli Editore, 2006
Feltrinelli Editore, 2006