Da Corriere della Sera del 13/01/2004

Al vertice di Monterrey in Messico il presidente presenta un programma corteggiando il voto degli ispanici

Bush alla riconquista dell’America Latina

Ma sull’economia è scontro con Brasile e Argentina. Chávez: «Gli Usa vogliono farmi fuori»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - I democratici protestano sostenendo che la politica estera di Bush è plasmata da Karl Rove, il suo stratega elettorale. Potrebbero avere torto, ma non sull'America Latina. Il programma che Bush ha presentato ieri al vertice Panamericano (il quinto dal '94) che si tiene a Monterrey in Messico è diretto ad assicurargli il voto ispanico alle elezioni di novembre. Al vertice, che riunisce 34 dei 35 capi di Stato e di governo dell'emisfero occidentale (come sempre, manca Fidel Castro) e si conclude oggi, Bush ha proposto il lancio dell'Alca, il Trattato del libero commercio delle Americhe, a partire dal 1° gennaio del 2005; un coordinamento ferreo nelle guerre al terrorismo e al narcotraffico; l’espulsione dei «Paesi corrotti» dall'Osa, l'Organizzazione degli Stati americani; e soprattutto la legalizzazione a tempo determinato degli immigrati clandestini negli Usa (tre anni rinnovabili). Su questa ultima misura Bush in conferenza stampa si è difeso dalle accuse «elettoralistiche»: legalizzare gli immigrati «è la cosa giusta da fare».

Dalle prime battute sembra però che questa volta Karl Rove mancherà il bersaglio. E’ vero che a Monterrey c’è stata la riconciliazione con il presidente messicano Vicente Fox, uno dei leader castigati da Bush per essersi opposti alla guerra all’Iraq: Fox, che vorrebbe frontiere aperte con gli Usa e il Canada, ha definito la proposta dell'ospite sull'immigrazione «un buon inizio». E ha accettato l’invito di Bush a recarsi in visita nel ranch texano di Crawford a marzo.

Ma su altri punti si profila uno scontro con la troika che forma un polo alternativo agli Usa: il Brasile, il Venezuela e l'Argentina, i tre big del Sud America. La troika rimprovera aspramente alla Superpotenza di sacrificare le più urgenti riforme economiche sociali e politiche dei Paesi latino-americani alla propria sicurezza e ai profitti delle multinazionali. Chiede un rinvio dell'Alca, a cui Bush estenderebbe i regolamenti del Nafta, l'Associazione di libero scambio degli Usa, del Messico e del Canada, che ha compiuto dieci anni; e vuole - ma non lo otterrà - un fondo di assistenza ai poveri, 200 milioni di persone, la metà degli abitanti del continente.

Bush è arrivato ieri a Monterrey, metropoli considerata una succursale del Texas, in un clima incandescente. Dalla notte prima, gruppi di no global e di pacifisti tenevano dimostrazioni di protesta contro gli Usa. Qua e là si scorgevano i poster di Fidel Castro, che due anni orsono si era presentato al vertice per abbandonarlo all'arrivo del nemico americano. Fox è andato ad accogliere l'ospite all'aeroporto, e dopo un colloquio di un'ora ha parlato con lui ai giornalisti. Più tardi Bush ha incontrato separatamente il presidente del cile Ricardo Lagos e quello del Brasile Lula da Silva. Oggi Bush vedrà il presidente argentino Néstor Kirchner e il nuovo premier canadese Paul Martin. Ma non rivolgerà la parola al presidente venezuelano Hugo Chávez.

E' certo che la Dichiarazione che chiuderà il vertice maschererà i contrasti e nella forma - non nella sostanza - consentirà a Bush di non tornare a Washington a mani vuote: non è nell'interesse di alcuno dei 34 leader a Monterrey umiliare il presidente americano. Ma Arturo Valenzuela, un ex membro del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha osservato che «mai in America Latina l'ostilità alla Superpotenza è stata così diffusa e forte». Non solo Bush non le ha prestato l'attenzione promessa due anni fa; ha anche adottato misure che l’hanno offesa, come il prelievo delle impronte digitali di chi entra negli Usa (in un gesto distensivo, il Brasile ha ieri smesso di fare altrettanto con i visitatori statunitensi). Secondo i critici, inoltre, Bush interferisce nella politica venezuelana nella speranza di fare cadere Chávez: vedrebbe in lui un alleato di Castro che complotterebbe contro i governi amici in Uruguay, Ecuador e Bolivia. Bush ha premuto per il referendum su Chávez che si terrà probabilmente a maggio.

Chávez ieri ha accusato Bush di meditare il golpe o il suo assassinio. L’amministrazione Bush ha rimproverato all’argentino Kirchner di aver riallacciato i rapporti con Fidel, minacciando Buenos Aires di chiudere il rubinetto degli aiuti finanziari.

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