Da Corriere della Sera del 19/01/2004

GLI SFIDANTI E LA CARTA DI GULLIVER / In Iowa il via alle presidenziali. Domani il discorso «sull’Unione»

Bush guarda dall’alto (per ora) la corsa dei democratici

di Ennio Caretto

Rove ha anche fatto sì che Bush tenga il discorso programmatico d'inizio anno al Congresso (il Messaggio sullo stato dell’Unione) domani, 24 ore dopo il risultato del «caucus» dell’Iowa, distogliendo così l'attenzione del pubblico e dei media dai democratici. Il blitz preventivo di Rove ha due obiettivi. Il primo è di conferire a Bush la statura di un Gulliver tra i lillipuziani fino dalle prime avvisaglie elettorali. Rove intende contrapporre il sogno alla realtà, trasformare un presidente contestato in un leader di grandi visioni, come fu John Kennedy. Nel rafforzamento della famiglia, l’integrazione degli immigrati, l’esplorazione spaziale, la democrazia e la «Pax americana» nel mondo, egli vede le ali su cui Bush dovrebbe alzarsi al di sopra della mischia. Ma l'eccidio di Bagdad, non a caso compiuto alla vigilia dell’odierno vertice all'Onu tra il segretario Kofi Annan e il proconsole americano Paul Bremer, potrebbe impedire al presidente di spiccare il volo: molto dipende anche dalla reazione del popolo iracheno, ora bersaglio del terrorismo.

La Casa Bianca sottolinea che domani il presidente rivolgerà un appello ispirato alla nazione, dirà che è sempre guerra, che la sicurezza interna e mondiale non sono ancora garantite, ma ricorderà anche che Saddam Hussein è stato catturato, e rinnoverà l'impegno alla vittoria sulle forze del male e la salvaguardia dell'Iraq.

Il secondo obbiettivo di Rove è di presentare Bush, uno dei presidenti più conservatori della storia americana, come un moderato. In politica estera, il consigliere cita appunto l'apertura del presidente ai critici sull'Iraq; il ricorso alla diplomazia nel confronto con l'Iran, la Libia e la Corea del Nord; la ripresa del dialogo transatlantico. E in politica interna cita il suo nuovo piano di esentare dalle tasse i risparmi familiari destinati all'istruzione dei figli e alle pensioni; lo sforzo di creare posti di lavoro; la mobilitazione delle Chiese in campo sociale. Per Rove, il Messaggio sullo stato dell’Unione, in cui Bush rivendicherà il merito di avere salvato il Paese e il mondo dal terrorismo e averne aumentato la prosperità coi tagli fiscali, deve essere un manifesto elettorale. Nella sua strategia, più radicali saranno le posizioni dei candidati democratici, e più il presidente si sposterà verso il centro, una ripetizione della campagna del 2000. Essi si troveranno di fronte non il leader che polarizza la nazione, ma il suo unificatore, come accadde dopo le stragi del 2001.

Indubbiamente, se l'America votasse oggi, Rove vincerebbe la partita e Bush verrebbe rieletto. Grazie anche al suo consigliere, il presidente continua a spiazzare Howard Dean, John Kerry, Wesley Clark e compagni, e i sondaggi gli attribuiscono un vantaggio di oltre 10 punti percentuali sui rivali. Ma le sorti di Bush rischiano di dipendere dall'Iraq, dove egli ha un nuovo nemico, l'ayatollah Ali Sistani, che forse sogna di fargli fare la stessa fine - la sconfitta elettorale - che l'ayatollah Khomeini fece fare al presidente Carter nell'80.

E dalle tensioni interne Usa, che si vengono accentuando, come testimoniano due libri di denuncia: Due Americhe di Stan Greenberg, già consulente elettorale di Rutelli in Italia, sulla spaccatura del Paese fifty fifty , e Una dinastia americana di Kevin Phillips, un repubblicano storico, sui legami della famiglia Bush con i grandi interessi finanziari. Secondo Greenberg e Phillips, che dal '72 partecipano alle elezioni su sponde opposte, è troppo presto per dichiarare sconfitti i democratici. Rove deve sperare che la crisi irachena si risolva, e convincere gli elettori indecisi e quelli indipendenti che c'è un cambiamento in Bush, e che questo cambiamento non è strumentale.

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