Da Corriere della Sera del 22/01/2004

Lo scenario

E dopo l’Iowa George W. cambia il discorso

L’amministrazione all’attacco sul terreno in cui è in vantaggio: la guerra. Ma agli elettori interessa l’economia

di Gianni Riotta

Nel discorso sullo stato dell'Unione di martedì sera, Bush ha ricordato i progressi nella lotta al terrorismo, i capi di Al Qaeda catturati, Saddam Hussein in galera e il disarmo unilaterale di Muammar Gheddafi in Libia. Ma quando ha citato i tagli fiscali, che hanno aperto il grave deficit, e ha chiesto al Congresso di renderli permanenti è stato accolto da «boooo» di disappunto, una contestazione che, a memoria recente, Washington non ricordava. La strategia di Bush è nitida: far pesare le vittorie contro l'Internazionale del caos più dei posti di lavoro che la ripresa economica non crea a sufficienza e dell'insicurezza che rode lavoratori e ceto medio. Anche i democratici hanno se stessi per nemico. Howard Dean, che troppi frettolosi davano per vincitore, affida adesso la sua sopravvivenza al voto di martedì in New Hampshire. Dean considera i leader di Washington «scarafaggi», ha insultato il presidente del suo partito McAuliffe e giurato di portare «la rabbia» al potere. Digrignando i denti e stringendo la cinta, unico ricordo del fratello ucciso dai guerriglieri del Patet Lao in Laos, Dean ha come bersaglio l'eredità moderata di Bill Clinton. Basta politiche di centro-sinistra, ritorno al populismo di Al Gore, sconfitto nel 2000 alle urne, ma vincente nel voto popolare. L'ala raziocinante del partito, il progressista kennediano John Kerry, e il clintoniano del Sud, John Edwards, s'è vendicata battendo Dean in Iowa. La guerra civile continua, ha urlato scomposto Dean, e i comici se ne fanno beffe. Per David Letterman «è arrabbiato perché s'è sposato con la pop star Britney Spears» (che ha mollato un marito pochi minuti dopo le nozze). Per il quotidiano popolare New York Post , «Dean deve andare dallo psicoanalista e prendere un calmante».

Bush contro Bush, i democratici contro i democratici, dunque. Chi si farà meno male, vincerà. Martedì è stata una giornata dura per Karl Rove, eminenza grigia del presidente. Aveva già scritto, e fatto leggere ai suoi alleati conservatori, un testo del discorso sullo stato dell'Unione che anticipava la vittoria di Dean, e s'è ritrovato Kerry vincitore. Gran pressare sul tasto «delete», cancella, dei computer alla Casa Bianca e i redattori hanno sfornato un nuovo discorso. Contro Dean era pronto un testo tutto sulla politica economica, per rassicurare gli elettori che il lavoro tornerà e i tagli fiscali non sono nefasti per il debito. Rove sa che sulla guerra al terrorismo Dean si elimina da solo, e infatti il suo declino, provano i sondaggi, coincide con la cattura di Saddam Hussein e la sua imbelle dichiarazione: «Mica l'America è adesso più sicura». Sarà anche vero, ma è tesi da dibattito al Council on Foreign Relations, non slogan per vincere le elezioni.

Contro Kerry, il machiavellico Karl Rove cambia spartito. Sa che le credenziali del senatore del Massachusetts sulla difesa sono impeccabili. Volontario in Vietnam, medaglia d'argento e di bronzo al valor militare, ha salvato con una coraggiosa manovra un Berretto Verde caduto in un fiume sotto il fuoco nemico e, personalmente, eliminato un cecchino che si apprestava a far strage del suo plotone con un lanciarazzi. E' decorato con tre Purple Heart, l'onorificenza di chi è ferito in battaglia, ma tornato a casa ha fondato il movimento dei veterani contro la guerra. Le foto più famose lo riprendono in corteo, mentre protesta contro il presidente Nixon e il suo consigliere Kissinger. Un eroe, dunque, ma poi pacifista, miliardario per avere sposato la vedova Teresa Heinz (erede della fortuna Heinz, la salsa ketchup di ogni tinello), ma costretto a fare un mutuo sulla casa per pagarsi le spese elettorali in proprio. Come senatore Kerry ha votato sì alla guerra in Iraq: perfino l'astuto Rove avrà difficoltà a dipingerlo come un imboscato.

Per difendere il terreno sui cui Bush è in vantaggio, ecco un discorso sullo stato dell'Unione di politica estera, con pochi paragrafi sulla tiepida situazione economica, e una bella spruzzata di valori morali, lotta al doping nello sport (Bush alla Zeman), fondi per i programmi che cercano di persuadere gli adolescenti alla castità, no ai matrimoni degli omosessuali, fino a evocare un emendamento alla Costituzione che li metta fuorilegge. La banca dati repubblicana «Cassaforte» spedirà il discorso a quattro milioni di cristiani tradizionalisti.

Bush e Rove hanno preso atto che il Paese è diviso a metà. Il discorso di martedì è piaciuto a tanti americani quanti se ne sono detti delusi. Inutile allora inseguire la rabbia di Dean, meglio ricordare il pericolo Al Qaeda. Rove fa catenaccio sulla guerra al terrorismo e la paura di nuovi 11 settembre. I democratici riscoprono invece il centrosinistra vincente con Clinton. «E' ancora l'economia, stupidi!» conferma il Wall Street Journal dopo il voto in Iowa, ma dovrebbe informare anche i propri editorialisti che, nella foga anti Dean, non si erano accorti di quel che succedeva.

Tre elettori su quattro, in Iowa, sono contrari alla guerra. Il candidato pacifista è Dean, mentre Kerry ha votato per sfrattare Saddam. Il voto premia però Kerry, perché la guerra non è il problema numero 1. Al primo posto lavoro ed economia, 33%; poi sanità e mutua, 28%; quindi l'Iraq, 14%, a parità con la pubblica istruzione. Una maggioranza schiacciante, tre quarti, ritiene che i temi socioeconomici siano più importanti del conflitto e sarà decisiva a novembre per scegliere il presidente. Bush resta avanti ma deve guardarsi da se stesso. E se dalla guerra civile democratica emergerà un candidato eleggibile, il derby Casa Bianca 2004 sarà di fuoco.

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