Da Corriere della Sera del 27/01/2004

Marte, Opportunity ha fatto centro. Immagini stupefacenti da un cratere

Dal suolo affiorano pietre luminose di color rosso cupo

di Giovanni Caprara

Gli scienziati della missione Opportunity sono deliziati dalle immagini che la sonda trasmette in grande quantità dalla grande pianura Meridiani Planum. Il robot ha centrato un piccolo cratere del diametro di una ventina di metri e quando le sue camere hanno aperto gli occhi hanno mostrato un ambiente incredibile, «mai visto e immaginato» ha notato Steve Squyres, il capo dei ricercatori della spedizione. «E’ stato un colpo di fortuna - ha aggiunto - cadervi dentro. Intorno abbiamo un suolo già scavato naturalmente in epoche remote, che ci mostra le caratteristiche dei primi strati geologici». Ci sono numerose pietre luminose che affiorano dal suolo di un rosso più cupo rispetto ad altre zone. Queste saranno il primo obiettivo delle indagini di Opportunity quando scenderà dalla sua culla, non prima di una settimana e forse anche di più, dicono al centro di controllo di Pasadena. Nel frattempo, come era accaduto con il gemello Spirit nel Gusev Crater a 10.600 di distanza, il robot sarà impegnato a mettere insieme una panoramica tridimensionale a 360 gradi della zona e poi una mappa del suolo con lo spettrometro all’infrarosso «MiniTes». Lo strumento è capace di distinguere 167 differenti colori e permetterà di determinare la composizione delle rocce scegliendo le più interessanti da studiare in modo approfondito. L’obiettivo primo di Opportunity è la ricerca dell’ematite grigia, una pietra quasi preziosa scoperta nella zona dalla sonda Mars Global Surveyor che ricoprirebbe, secondo la ricognizione, dal 15 al 20% della superficie vicina alla sbarco. A questo particolare ossido di ferro è legata la potenziale presenza dell’acqua in epoche remote, la cui ricerca costituisce lo scopo della missione.

Quando Opportunity avrà completato le indagini all’interno del piccolo cratere, scavalcherà in salita l’anello di materiale che lo circoscrive e si dirigerà verso un altro cratere più grande. «È distante circa un chilometro - precisa Andrew Johnson, analista delle immagini al Jpl - e lo abbiamo scoperto attraverso le fotografie che il robot ci ha trasmesso quando era in prossimità del suolo. Il suo diametro è di 150 metri e pensiamo di entrarci perché riteniamo che le sue pareti possano rivelare ancora meglio del piccolo cratere la stratificazione che le caratterizza, raccontando quindi la storia e la natura dell’immediato sottosuolo».

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